mercoledì, novembre 17, 2004

il coccodrillo come fa?

Un annetto fa, ai tempi in cui andai a vedere Magdalen, già sui mezzi di comunicazione si vociferava maliziosamente che Pedro Almodovar (aia!) stava girando un duro film di denuncia (mamma!!) contro i preti pedofili(Aiuto!!!) .

Il senso era: voi clero-e clericali annessi- che vi stracciate le vesti adesso -ah!ah! Ah!risata- tremate!Che quando arriva Almodovar “so cazzi!” (e non solo metaforicamente).

Io –che se lo dice un giornalista ne avrà ben donde!- mi ero quindi già preparato al peggio, poi ad Agosto ho conosciuto Ignacio In uno stabilimento balneare ho visto un animatore spelacchiato che dovendo, con la sua pianola, rallegrare il pranzo delle allegre vecchiette, spesso si portava dietro, a dargli man forte, i due figlioletti (5 e 14 anni) già ampiamente inseriti nel mondo dello spettacolo!
Il figlio maggiore, ad inizio carriera, partecipò e vinse lo Zecchino d’Oro, con un pezzo che rimane uno tra le più gloriose canzoni della musica contemporanea. Adesso lui fa il doppiatore, e soprattutto di cartoni animati.

Io -infondo, anche a me stà a cuore il futuro della specie- gli ho espresso tutto il mio compiacimento per la ricchezza, la vivacità di quel bagaglio d’ esperienze che sta acquisendo, in questa età nella quale si schiudono le potenzialità; bagaglio che avrà comunque un indubbio valore formativo della sua strutturazione personale. Ovviamente non glielo ho detto con questo lessico: io non molesto i bambini!

Parlottando vengo a sapere che ha appena finito di doppiare La Mala Education; ed io mi ritrovo a pensare ad una fredda sera d’autunno dell’anno prima, mentre esco dal cinema.

-E tu quale personaggio hai doppiato?

-Ignacio.

Io ignoravo che ruolo avesse esattamente Ignacio nella trama ma lo potevo intuire…
Avrei tanto voluto delle anteprime da rivendermi con aria saccente, poi, agli amici, nell’imminenza dell’uscita del film nelle sale, ma trattandosi di minorenne, ho avuto lo scrupolo di aspettare che la natura facesse il suo corso, e il doppiatore cambiasse timbro di voce.

Ripensandoci, poi mi son detto che lo scrupolo di metterlo a disagio -chidendogli di narrare la trama del film- era forse eccessivo. Dopo essere costretto dal genitore, alla veneranda età di 14anni, a subire l’onta di continuare a cantare una canzoncina per bambini,davanti a delle vecchie plaudenti, per lui, doppiare un abuso sessuale, non poteva essere stato troppo imbarazzante.



E dopo quasi un mese di programmazione, sono andato a vedere questo pruriginoso melò. Ho scoperto che “melò” è un modo elegante per definire una commediola patinata che si ispira all’umorismo della serie dei film di Pierino: per la delusione di quelli che diplomaticamente hanno declinato la proposta di una serata al cinema.

Un polverone per nulla (per poco)! Quelli che si sono scandalizzati, non hanno mai visto i b-moves fine anni ’70 con Alvaro Vitali, Bombolo o Renzo Montagnani: “Dove vai se il vizietto non ce l’hai” . L’accostamento non sembri peregrino, visto che La Mala Educacion è ambientata alla fine degli anni settanta, ed accanto ad un travestito Garcia Gael, non avrebbero sfigurato un Lino Banfi e un Alvaro Vitali vestiti da donna, come nella migliore tradizione dell’umorismo boccaccesco italico d’annata.

Pretenzioso assai parlare di “manifesto della morte dell’Occidente”.Il film di Almodovar segna la crisi della cultura occidentale non più di Alvaro Vitali nella magistrale interpretazione di Paolo Roberto Cotechigno; anche se, me ne rendo conto, la sfumatura omosex, può aver messo a disagio gli spettatori che, come me, sono affetti da una, seppur vaga tendenza all’eterosessualità.



Azzeccato l’ingranaggio-su cui Almodovar lavorava da un decennio-, ma quando si scopre dove sta il trucco, la storia si trascina per (pochi) fastidiosi, prosaici minuti: non c’è più ritmo, forse perché non c’è più finzione.

La filosofia di fondo è che ogni uomo è mendacia, i rapporti tra gli uomini nascono da una volontà di sfruttare l’altro, ed in questo, aimè, “l’ingenuo” Ignacio non è da meno del “cattivo”padre Manolo:
"Penso che perdo la fede in questo momento e, non avendo fede, non credo né in Dio né nell'inferno. Se non credo nell'inferno, io non ho paura. E se non ho paura, sono capace di qualsiasi cosa".
Una lucida fenomenologia dell’abbrutimento umano; alla fine quello che ne esce meglio è proprio padre Manolo: non lo scialbo spretato ma quello del film dentro il film, credibile perché frutto di una sceneggiatura, per l'immaginario dello spettatore era perfetto nel ruolo proprio perché era falso.
Per Almodovar, nessuno ha sincere lacrime per il proprio abbrutimento.

Quizaz, quizaz, quizaz...

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