sabato, dicembre 31, 2005



Non avendo avuto molti riscontri polemici dai miei peregrini lettori, tenterò una breve (non imparziale) classifica di dodici mesi di miei inutili post.

Innanizi tutto debbo ringraziare la gentilissima Edi che durante la Sede Vacante mi ha eletto a suo vaticanista di fiducia.
Al 5° posto metto dunque i miei post dell'aprile 2005 fra i quali simbolicamente "ritira il premio" questa lettera aperta all'allora Cardinal Decano.

Spesso ho avuto gusto a postare solo immagini con un titolo lapidario a commento. Non so, invero, quanto i miei parchi lettori li possano apprezzare (o magari li capisco solo io).
Eleggo perciò 4° classificato questo post della suddetta specie.

3° classificato, a furor di popolo, questo - a mio insindacabile giudizio- ignobile post che nelle mie intenzioni avrebbe dovuto sprizzare ilarità ed invece è stato preso e diffuso quasi fosse un manifesto xenofobo.

questo post a lode e gloria di Simone Cristicchi.

Col senno di poi, mi congratulo con me stesso per aver scritto, in tempi non sospetti, questo post sul tramonto del pontificato wojtyliano, e lo giudico degno della medaglia d'oro.

legenda 3

Trovo che ci sia un'allarmante mancanza di senso del ridicolo tra i componenti di un'intelighenzia, sedicente laica, la quale dall'alto delle colonne dei loro quotidiani, quasi stiliti postmoderni, si scaglia con zelo demolitore, contro "Le cronache di Narnia".
Film che viene accusato dalle menti illumimate di voler corrompere le candide ed innocenti anime dei pargoletti del XXI secolo con il deleterio veleno dei valori cristiani.

Un giorno sulla prospettiva Nevskij non v’incontrai Igor Stravinsky (Perché-è-morto!)

Ovvero: "Tutti i battiti del mio cuore"
per le "Bambole russe"



Cioè: la grande incompiuta.

Il lungo testo di questo post era stato ideato (e scritto) a fine ottobre 2005 ma a causa della prematuira morte del mio computer (i più ipotizzano si sia trattato di suicidio!), ho risparmiato all'universo Mondo la puntuale narrazione del perchè e del per come sono accorso a vedere il sequel dell' Appartamento spagnolo, nello stesso cinema, e nella stessa sala, e,per quanto possibile, dalla stessa poltrona.
Perchè, dovete sapere che, ci sono film che si và a vedere per "devozione", cioè per un senso di riconoscenza verso quel regista e quegli attori che ti regalarono tante risate all'epoca delle scorribande barcellonesi di Xavier e dei suoi colleghi di Erasmus.
Meglio sarebbe dire che è dolce il ricordo di com'eri tu, di quello che provavi e sognavi tu quando ti divertiva tanto la spensierata trama de "l'appartamento spagnolo".

Uno dei film più belli da me visti nel 2005 è sicuramente un'altro film francese "Tutti i battiti del mio cuore" anch'esso con protagonista il bravo Romain Duris. Film in cui l'attore francese molto meglio che in "Bambole russe" tratteggia il prosaico epilogo del grande sogno di una giovinezza.

E che Iddio abbia pietà di noi.

venerdì, dicembre 30, 2005

a sagra famìlia

Ovvero:
"Kakà, il cristiano di San Paolo rigorosamente sposato e griffato


Venerdì 23 dicembre nella Chiesa evangelica “nata a nuova vita in Cristo” del quartiere Cambuci di San Paolo il signor Ricardo Izecson do Santos Leite ha sposato la signora Caroline Celico, figlia della signora Rosangela Lyra, amministratore delegato della filiale brasiliana di Christian Dior.
“I giornali di cronaca rosa”, ha tenuto a precisare il signor Diogo Kotscho, addetto stampa dello sposo, “avevano creato la falsa aspettativa di nozze da mille e una notte. Invece, c’era sì tanta gente, ma tutto si è svolto all’insegna della massima semplicità, della Bibbia e del gospel”.
Non a caso Ricardo, convinto assertore della verginità preconiugale, aveva detto di aver scelto la sposa “perché è una persona che piacerebbe anche a Gesù”.
“Se Deus è brasileiro, o Papa è carioca”, disse scherzando Giovanni Paolo II a un’assemblea festante durante la sua visicorrenteta in Brasile. E se il calcio è, assieme al cristianesimo nelle più svariate forme, il collante che tiene unita una nazione grande come un continente, Dio deve necessariamente amare il pallone, guardare dal cielo le partite, se non tutte, almeno i big match e nel profondo tifare per il Ricardo.
In Italia lo amano per le magie da extraterrestre del pallone, in Brasile lo venerano come extraterrestre perennemente in bilico fra le serpentine terrene e quelle del cielo.

Il signor Ricardo, che a 17 anni aveva rischiato di rompersi l’osso del collo cadendo a testa in giù sul fondo di una piscina, è una delle icone dell’universo pentecostale che ruota attorno al cattolicesimo brasiliano.
Un’icona trasversale, che sovrasta le diatribe delle frammentazioni settarie, nonostante abbia, come tutti, un suo specifico, ovvero i modelli di vita e di fede propagandati dalla Igreja Renascer em Cristo, una corrente ecclesiale, che si ispira alla tradizione e al rigore più assoluti.
Un’icona perfetta, con quella faccia da bravo ragazzo cosmopolita e il pedigree borghese. Un’icona, di cui non esistono fotografie, mentre bambino a torso nudo palleggia davanti alla propria favela, come è avvenuto per Ronaldinho, ma che è nata a Brasilia e ha conosciuto la Bibbia nel più bel quartiere di San Paolo, Perdizes, prima di trasferirsi in quello esclusivo per eccellenza di Morumbi.
Narrano le cronache che il signor Ricardo Izecson do Santos Leite indossasse un abito grigio di Armani, della cui linea Jeans è testimonial.
Il padre Bosco, ingegnere civile, era in blu come il fratello minore Rodrigo, anch’egli a tempo perso calciatore. La madre Simone, insegnante di matematica, aveva scelto un lungo in satin d’oro.

La sposa, che appena maggiorenne faceva nell’occasione il suo ingresso ufficiale in società,era fasciata in un abito bianco, che le lasciava
scoperte le spalle. “Era meravigliosa”, ha detto un ospite all’agenzia Reuters.
C’erano l’allenatore della nazionale brasiliana Carlos Alberto Parreira, i colleghi calciatori Seedorf, Dida, Cafu, Serginho, Ronaldo, Robinho, Julio Baptista, Roberto Carlos, il direttore generale del Milan Ariedo Braida, il talent scout Leonardo. C’era persino il prefetto di San Paolo. Tutti a cantare e lodare il Signore.

In aggiunta ai testi sacri, il coro ha intonato una canzone scritta da Ricardo per la moglie. I coniugi si sono poi trasferiti in elicottero all’Hotel Hyatt, dove si è tenuta la festa. Assolutamente off limits per fotografi, giornalisti e cineoperatori.
Il matrimonio è sacro per tutti. Figuriamoci per gli adepti della Igreja Renascer em Cristo.
Gesù non l’avrebbe perdonata al Ricardo.
Il signor Ricardo ci tiene molto al suo nome, ma è più noto come Kakà."

(Il Foglio , martedì 27 dicembre 2005)

legenda 2

Vorrei segnalare ai miei parchi lettori le cronache malefiche della "strega bianca" Natalia Aspesi sconfitta dal sapientissimo piccolo "Leone" Zaccheo.

giovedì, dicembre 29, 2005

Lettere dogmatiche (bis)

"...nel sinodo dello scorso ottobre, l’arcivescovo di Agana, nell’isola di Guam, Anthony Sablan Apuron, presidente della conferenza episcopale del Pacifico, ha chiesto che si estenda l’uso di far la comunione seduti, perché “se l’eucaristia è un banchetto, questa è la postura più adatta”.

Gli ha fatto eco il vescovo polacco Zbigniew Kiernikowski, di Siedice, secondo cui, per evidenziare che la messa è un banchetto, “il pane dovrebbe avere l’aspetto di un cibo” e “il calice dovrebbe essere dato per berne”.

Entrambi questi vescovi hanno portato come esempio da seguire il modo di celebrare la messa in uso tra i neocatecumenali.
...

Ebbene, su tutto questo Benedetto XVI ha scritto la parola fine.

A metà dicembre i fondatori e dirigenti del Cammino Neocatecumenale – gli spagnoli Kiko Argüello e Carmen Hernandez e il sacerdote italiano Mario Pezzi – hanno ricevuto una lettera di due pagine dal cardinale Francis Arinze, prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, con un elenco di “decisioni del Santo Padre” alle quali dovranno ubbidire.
"

Parola del"divinus" Magister che pubblica il testo della lettera "riservata".

mercoledì, dicembre 28, 2005

about a boy /11



Dopo una settimana, in cui ho pressantemente supplicato alcune anime buone di voler condividere con me la visione delle Cronache di Narnia, mi sono arreso e ci sono andato da solo.

Quanto mi sono dovertito! Ho pianto dall'inizio alla fine.

La guerra dei miti


Ovvero:
"Metti Narnia, King Kong ed Harry Potter dentro e fuoti i sensi della vita. Vedere per credere

... In tempi di guerre dell’immaginario cultural religioso basta sbagliare a infilare la porta di un armadio a Oxford e ti trovi a Narnia, tra streghe e leoni che sembrano Gesù. Nei territori del fantasy religioso a elevato quoziente letterario ideato da C. S. Lewis per rispondere da par suo al novecentesco tempo “degli dei falsi e bugiardi”, l’ateismo e la scienza, in cui si trovò a vivere.
Basta invece infilare la porta del produttore sbagliato sulla Broadway degli anni Trenta, come capita a un bocconcino “just wanna have fun” ante litteram come Naomi Watts per ritrovarsi nel mondo perduto di King Kong e dei dinosauri, tra effetti speciali che sono un incubo grande come tutti gli incubi americani di ieri e di oggi. E senza bisogno di essere l’allegoria dantesca di nessuno.
Ora, al di là del fatto, già di per se stesso piuttosto fantastico, di aver trasformato la Nuova Zelanda in un set privilegiato – lì è girato il “Signore degli anelli” del neozelandese Peter Jackson, che ora firma “King Kong”, e in Nuovaù Zelanda è girato pure “Le cronache di Narnia” di Andrew Adamson – è evidente che ci siano due mondi fantastici in competizione. Dal supermercato delle religioni si è passati direttamente al supermercato del fantasy e delle sue differenti mitologie. King Kong in fondo è un mito figlio del cinematografo e degli anni Trenta; ma reca con sé un’ascendenza culturale laico-scientista (...). Invece Narnia affonda i suoi algidi artigli in un neogotico da professori oxfordiani e in una nozione forte di Tradizione che fa riferimento alla simbologia cristiana nascosta sotto “il velame delli versi strani”. Ce n’è abbastanza per il famoso
dibattito.
In America sono stati lanciati appelli affinché lo si faccia vedere nelle parrocchie, come un catechismo figurale. Mentre sul Guardian l’ineffabile Polly Toynbee si è scatenata in un’invettiva degna probabilmente di miglior causa: il film è un irricevibile atto di propaganda religiosa, ma grazie al cielo lo potranno capire
soltanto i bambini che hanno genitori born again christian e che vanno già al catechismo. Tutti gli altri, tutte le altre immacolate anime agnostiche dell’occidente, si annoieranno e basta.


Binario in fuga

Intanto però c’è ormai un’intera generazione di ragazzini che più globalizzati non si
può che hanno infilato un’altra porta ancora.
Basta prendere il treno al binario sbagliato,
e salire sul binario 9 e 3/4 di King’s Cross per ritrovarsi tra le guglie e gli alambicchi di Hogwarts, territorio incontaminato della fantasia di Harry Potter, di cui il 6 gennaio uscirà la traduzione italiana del sesto e penultimo libro, “Harry Potter e il principe mezzosangue”, quello che lanciato in contemporanea mondiale, mentre il Big Ben suonava la mezzanotte, ha venduto in 24 ore cinque milioni di copie.
E per quanto sia dubbio che il cardinale Ratzinger abbia perso il suo tempo ad anatemizzare il Maghetto, è pur vero che molte associazioni cristiane, le stesse che oggi ringraziano la Disney per Narnia, cercarono di metterlo all’indice come maligna icona di paganesimo irrazionalista. Mentre il simpatico Harry, in tanta deriva fantasy, è un teenager che ha invece un’indubbia e sana nozione della realtà, del bene e del male..."


(Il Foglio martedì 27 dicembre 2005)

Le pseudo cronache di Narnia (di William Ward)


Narnia, peana fiabesco all’eroico Leone Blair in Europa


Da mesi i guerrieri culturali stanno affilando i coltelli sulla disputa di Natale, che riguarda “Le Cronache di Narnia – Il Leone, la Strega e l’Armadio”, film ispirato al romanzo di C.S. Lewis.
E’ o no un’elaborata metafora del cristianesimo romantico ma “muscoloso” anglicano con il Leone Aslan nei panni di Gesù e la Strega in quelli del diavolo, con il fiabesco regno di Narnia come allusione alla cristianità e nessuna menzione della Madonna né dei santi cari al cattolicesimo?
La prossima annunciata battaglia delle “culture wars”, che già vede in America cattolici (fan del caro Tolkien) contro protestanti anglofili, cristiani di ogni tipo contro gli atei, gli agnostici e i multiculturalisti credenti e no che difendono sempre le religioni non cristiane (nei libri successivi dei sette delle “Cronache di Narnia” Lewis spara contro un popolo che ad alcuni sembra similmusulmano), non s’ha da fare.

Il film, infatti, non è altro che un peana fiabesco alla carriera politica di Tony Blair, alle prese con le sue tante trattative in Europa. Con il premier britannico nei panni dell’eroico felino e Bruxelles in quelli della Strega bianca, che regna sul trono di Narnia, cioè l’Europa a Venticinque.
“Da oltre un secolo” Narnia è coperta da una fitta coltre di neve (“è sempre inverno ma non arriva mai Natale”, si dice nel film), allusione agli effetti della Politica agricola comune, caldeggiata dalla Francia, sul bel territorio del regno.
La Strega Jadis (che sembra il nome dell’ultimo modello della Renault o della Citröen) vive in un castello di ghiaccio disegnato da Alfred Eiffel, è fasciata da un attillato vestito rubato dalla collezione di Azzedine Alaia, impreziosito dai giganteschi diamanti dell’imperatore Bokassa. Jadis – che secondo gli animali-cittadini della foresta si è autoproclamata “regina” – vive nel terrore dell’arrivo di Aslan, che vuole liberare i popoli di Narnia dal regime che li tiene soggiogati ora con i lacci e lacciuoli delle complicate leggi della “Magia profonda” (come gli sterminati documenti della Commissione europea), ora con il terrore della polizia dei paurosi lupi. Aslan-Tony s’avvale dell’arrivo di quattro ragazzi inglesi piombati a Narnia attraverso uno strano guardaroba per combattere il potere della Strega francofila.

L’amorevole cura che Aslan ha verso i quattro ragazzi (Peter, Susan, Edmund e Lucy) è metafora di quella di papà Tony per i suoi figlioli.
Non sfuggono poi i tanti riferimenti ironici a Finchley, anonimo quartiere della periferia londinese, da cui sono sfollati nel 1940 i quattro ragazzi, ma che per gli inglesi è sinonimo di Margaret Thatcher: è stato per quasi 40 anni il suo seggio elettorale.
Singolare anche il significato del “lukum” consumato nel film da Edmund: in inglese, “lukum” si dice “delizia turca”, accenno al prossimo ingresso della Turchia nell’Unione, avversato dalla francosfera.
Il tempismo del film non lascia dubbi.
E’ uscito in perfetta sincronia con i lavori a Bruxelles in occasione del vertice finale della presidenza britannica, terminato con un difficile accordo conquistato da Blair. Nel film, la strategia e la tattica del premier sono rappresentate con accuratezza. La Strega si presenta davanti alle tende colorate dell’esercito
di Aslan per esigere i diritti storici di fare quello che le pare, tanto simili ai codicilli dell’inciucio del 2002 fra Chirac e Schröder per mantenere l’inverno-senza-Natale – i privilegi della Pac – fino al 2013. Jadis- Chirac entra nella tenda di Aslan-Tony per un’interminabile discussione: quando ne escono, l’accordo c’è. Ma non si sa a quale prezzo. Poi, l’orrenda scoperta. Per strappare l’accordo, Aslan deve sottoporsi al supremo sacrificio sulla “pietra quadrata”: l’umiliazione in mondovisione pur di salvare lavita di uno dei ragazzi.
Nel momento più atroce del film, Jadis e il suo esercito di mostri festeggiano le torture al Leone buono, così come hanno fatto i giornali parigini conl’“umiliante sconfitta di Blair a Bruxelles”. I produttori americani del film, però, fanno il tifo per il Leone, che ritorna spiegando che “chi dà la sua vita in sacrificio per una causa nobile non può che rinascere”.
Ecco fatto: Aslan-Blair torna in campo, alla testa del suo potente esercito per strappare una splendida vittoria finale. Cioè accettare di perdere persino la vita come politico inglese pur di arrivare a una vittoria finale, quando l’inverno glaciale si scioglie a Narnia, liberando il popolo della dittatura, come Aslan Blair intende fare nel 2008, quando darà di nuovo battaglia alla francosfera per riscrivere tutte le regole dell’Ue e togliere questo dannato inverno delle incrostazioni burocratiche napoleoniche.

(Il Foglio 23 dicembre 2005)

martedì, dicembre 27, 2005

Santità, dica trentatrè!


Le principali notizie giornalistiche sul Natale 2005 sono state: la drastica diminuzione delle lingue con cui Benedetto XVI ha fatto gli auguri di Buon Natale all'universo Mondo : 32 lingue più l'augurio in latino (conclusosi con un rutilante "Gaudeamus!");e che il Papa avrebbe detto: chi smanetta troppo con la tecnologia fa peccato, e magari diventa pure cieco!

Ma la mia convinzione è che Dio è "troppo" buono con gli uomini, facendo sovrabbondante grazia, concedendo voci che riverberino messaggi arcani e sublimi che il più delle volte sono accolti con indifferenza, e ci scivolano addosso, ma che, in quell'attimo di smarrimento personale, o di naufragio dell'identità di una collettività, hanno da essere agognata scialuppa di salvataggio.

"Dove compare la gloria di Dio, là si diffonde nel mondo la luce. “Dio è luce e in Lui non ci sono tenebre”, ci dice san Giovanni (1 Gv 1,5). La luce è fonte di vita.

Ma luce significa soprattutto conoscenza, significa verità in contrasto col buio della menzogna e dell'ignoranza. Così la luce ci fa vivere, ci indica la strada. Ma poi, la luce, in quanto dona calore, significa anche amore. Dove c'è amore, emerge una luce nel mondo; dove c'è odio, il mondo è nel buio. Sì, nella stalla di Betlemme è apparsa la grande luce che il mondo attende. In quel Bimbo giacente nella stalla, Dio mostra la sua gloria – la gloria dell'amore, che dà in dono se stesso e che si priva di ogni grandezza per condurci sulla via dell'amore. La luce di Betlemme non si è mai più spenta. Lungo tutti i secoli ha toccato uomini e donne, “li ha avvolti di luce”. Dove è spuntata la fede in quel Bambino, lì è sbocciata anche la carità – la bontà verso gli altri, l’attenzione premurosa per i deboli ed i sofferenti, la grazia del perdono. ...

...
Il Bambino che Isaia annuncia è da lui chiamato “Principe della pace”. Del suo regno si dice: “La pace non avrà fine”. Ai pastori si annuncia nel Vangelo la “gloria di Dio nel più alto dei cieli” e la “pace in terra…”. Una volta si leggeva: “… agli uomini di buona volontà”; nella nuova traduzione si dice: “… agli uomini che egli ama”. Che significa questo cambiamento? Non conta più la buona volontà? Poniamo meglio la domanda: Quali sono gli uomini che Dio ama, e perché li ama? Dio è forse parziale? Ama forse soltanto alcuni e abbandona gli altri a se stessi? Il Vangelo risponde a queste domande mostrandoci alcune precise persone amate da Dio. Ci sono persone singole – Maria, Giuseppe, Elisabetta, Zaccaria, Simeone, Anna ecc. Ma ci sono anche due gruppi di persone: i pastori e i sapienti dell'Oriente, i cosiddetti re magi.
Soffermiamoci in questa notte sui pastori.Che specie di uomini sono?
Nel loro ambiente i pastori erano disprezzati; erano ritenuti poco affidabili e, in tribunale, non venivano ammessi come testimoni. Ma chi erano in realtà? Certamente non erano grandi santi, se con questo termine si intendono persone di virtù eroiche. Erano anime semplici. Il Vangelo mette in luce una caratteristica che poi, nelle parole di Gesù, avrà un ruolo importante: erano persone vigilanti. Questo vale dapprima nel senso esteriore: di notte vegliavano vicino alle loro pecore. Ma vale anche in un senso più profondo: erano disponibili per la parola di Dio. La loro vita non era chiusa in se stessa; il loro cuore era aperto. In qualche modo, nel più profondo, erano in attesa di Lui. La loro vigilanza era disponibilità – disponibilità ad ascoltare, disponibilità ad incamminarsi; era attesa della luce che indicasse loro la via. È questo che a Dio interessa. Egli ama tutti perché tutti sono creature sue. Ma alcune persone hanno chiuso la loro anima; il suo amore non trova presso di loro nessun accesso. Essi credono di non aver bisogno di Dio; non lo vogliono. Altri che forse moralmente sono ugualmente miseri e peccatori, almeno soffrono di questo. Essi attendono Dio. Sanno di aver bisogno della sua bontà, anche se non ne hanno un’idea precisa. Nel loro animo aperto all’attesa la luce di Dio può entrare, e con essa la sua pace. Dio cerca persone che portino e comunichino la sua pace. Chiediamogli di far sì che non trovi chiuso il nostro cuore.
...

“...In questo giorno solenne risuona l’annuncio dell’Angelo ed è invito anche per noi, uomini e donne del terzo millennio, ad accogliere il Salvatore.
Non esiti l’odierna umanità a farlo entrare nelle proprie case, nelle città, nelle nazioni e in ogni angolo della terra! E’ vero, nel corso del millennio da poco concluso e specialmente negli ultimi secoli, tanti sono stati i progressi compiuti in campo tecnico e scientifico; vaste sono le risorse materiali di cui oggi possiamo disporre. L’uomo dell’era tecnologica rischia però di essere vittima degli stessi successi della sua intelligenza e dei risultati delle sue capacità operative, se va incontro ad un’atrofia spirituale, ad un vuoto del cuore. ...

A Natale l’Onnipotente si fa bambino e chiede aiuto e protezione. Il suo modo di essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini; il suo bussare alle nostre porte ci interpella, interpella la nostra libertà e ci chiede di rivedere il nostro rapporto con la vita e il nostro modo di concepirla.
L’età moderna è spesso presentata come risveglio dal sonno della ragione, come il venire alla luce dell’umanità che emergerebbe da un periodo buio. Senza Cristo, però, la luce della ragione non basta a illuminare l’uomo e il mondo...

Uomo moderno, adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà, lasciati prender per mano dal Bambino di Betlemme; non temere, fidati di Lui!...

... Accettare questo paradosso, il paradosso del Natale, è scoprire la Verità che rende liberi, l’Amore che trasforma l’esistenza. Nella Notte di Betlemme, il Redentore si fa uno di noi, per esserci compagno sulle strade insidiose della storia. Accogliamo la mano che Egli ci tende: è una mano che nulla vuole toglierci, ma solo donare.

Con i pastori entriamo nella capanna di Betlemme sotto lo sguardo amorevole di Maria, silenziosa testimone della nascita prodigiosa..."

"... In effetti, sulla mangiatoia di Betlemme già s’allunga l’ombra della Croce.
La preannunciano la povertà della stalla in cui il Bambino vagisce, la profezia di Simeone sul segno di contraddizione e sulla spada destinata a trafiggere l’anima della Vergine, la persecuzione di Erode che renderà necessaria la fuga in Egitto.
Non deve stupire che un giorno questo Bambino, diventato adulto, chieda ai suoi discepoli di seguirlo sul cammino della Croce con totale fiducia e fedeltà.
Attratti dal suo esempio e sorretti dal suo amore molti cristiani, già alle origini della Chiesa, testimonieranno la loro fede con l’effusione del sangue. Ai primi martiri ne seguiranno altri nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Come non riconoscere che anche in questo nostro tempo, in varie parti del mondo, professare la fede cristiana richiede l’eroismo dei martiri? Come non dire poi che dappertutto, anche là dove non vi è persecuzione, vivere con coerenza il Vangelo comporta un alto prezzo da pagare?..."

PapaRatzi (regia di Neri Parenti)

Nella ormai famosa udienza generale di mercoledì 21 dicembre, in cui Benedetto XVI ha indossato il quanto mai prima sbeffeggiato camauro, ed in cui ha concesso una specialissima benedizione al dimissionario Antonio Fazio, parmi essere sfuggito ai cronisti la presenza in piazza san Pietro di Cristian De Sica!
Un atroce interrogativo m'assale: vuoi vedere che Cristian De Sica s'è presentato all'udienza papale per trovare nuovi spunti per il prossimo film di Natale? Dopo "Natale a Miami" dobbiamo attenderci a dicembre 2006 "Natale in Vaticano"?
E con Benedetto XVI al posto di Massimo Boldi?

meglio "tecnòn" che teocon

Ovvero: quando il Papa predica ai "sanpietrini"

...Mi è venuto in mente che nel Nuovo Testamento, come professione del Signore Gesù prima della sua missione pubblica, appare la parola "tecton", che di solito noi traduciamo "falegname", perché allora le case erano sostanzialmente case di legno. Ma, più che "falegname", è un "artigiano" che deve poter fare tutto quanto è necessario per la costruzione di una casa. Così, in questo senso, siete "colleghi" di Nostro Signore, avete proprio realizzato quanto Egli aveva fatto volutamente, secondo la sua scelta, prima di annunciare al mondo la sua grande missione. Il Signore ha voluto mostrare così la nobiltà di questo lavoro.
Nel mondo greco solo il lavoro intellettuale era considerato degno di un uomo libero. Il lavoro manuale era lasciato agli schiavi. Totalmente diversa è la religione biblica. Qui il Creatore - che secondo una bella immagine, ha fatto l’uomo con le sue mani - appare proprio come l’esempio dell’uomo che lavora con le mani, e, così facendo, lavora con il cervello e con il cuore.
L’uomo imita il Creatore perché questo mondo datoci da Lui sia un mondo abitabile. Questo appare nella narrazione biblica sin dall’inizio. Ma infine, in modo forte, nel fatto che Gesù era "tecton", "artigiano", "lavoratore", appare la nobiltà e la grandezza di questo lavoro.
...

domenica, dicembre 25, 2005

"Expergiscere, homo: quia pro te Deus factus est homo". ("Ridestati, uomo: perchè per te Dio s'è fatto uomo!")


"Chiamiamo Natale del Signore il giorno in cui la Sapienza di Dio si manifestò in un bambino e il Verbo di Dio, che si esprime senza parole, emise vagiti umani.
La divinità nascosta in quel bambino fu tuttavia indicata ai Magi per mezzo di una stella e fu annunziata ai pastori dalla voce degli angeli.
Con questa festa che ricorre ogni anno celebriamo dunque il giorno in cui si adempì la profezia: La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo (Sal 84,12).
La Verità che è nel seno del Padre è sorta dalla terra perché fosse anche nel seno di una madre. La Verità che regge il mondo intero è sorta dalla terra perché fosse sorretta da mani di donna. La Verità che alimenta incorruttibilmente la beatitudine degli angeli è sorta dalla terra perché venisse allattata da un seno di donna. La Verità che il cielo non è sufficiente a contenere è sorta dalla terra per essere adagiata in una mangiatoia.
Con vantaggio di chi un Dio tanto sublime si è fatto tanto umile? Certamente con nessun vantaggio per sé, ma con grande vantaggio per noi, se crediamo. Ridestati, uomo: per te Dio si è fatto uomo. Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà (Ef 5,14).
Per te, ripeto, Dio si è fatto uomo. Saresti morto per sempre se lui non fosse nato nel tempo. Mai saresti stato liberato dalla carne del peccato, se lui non avesse assunto una carne simile a quella del peccato. Ti saresti trovato sempre in uno stato di miseria, se lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere, se lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno, se lui non fosse venuto in tuo aiuto.
Ti saresti perduto, se lui non fosse arrivato."

Sant'Agostino (Discorso 185)

venerdì, dicembre 23, 2005

Habemus camaurum!

In un non antico passato, da questo mio inutile blog, mi sono trovato alambire l'argomento tiare, mitrie, pilei e camauri (con annessi berretti frigi e corni dogali), la loro origine, evoluzione e valenza simbolica.Mai avrei immaginato che a distanza di due mesi il vetusto camauro sarebbe assurto all'onore delle cronache giornalistiche per pontificale virtù di quel sedici volte Benedetto che ne ha decretato la riabilitazione.
Benedetto XVI, infatti, si è presentato in Piazza S. Pietro all'udienza di mercoledi 21 dicembre 2005 indossando codesto venerabile copricapo in disuso dai tempi dell'ancheggli settantottenne Giovanni XXIII.
Degna di nota è la circostanza del "battesimo" del camauro dell'era ratzingeriana. L'afflusso di popolo bramante di ricever l'apostolica benedizione del bavarese Pontefice "ccioiosamente" regnante è, infatti, talmente copiosa che è impossibile stipare tutti i pellegrini nella seppur capiente Aula Nervi -cosa mai verificatasi per lo passato nella brutta stagione ad eccezione dell'anno giubilare!- da costringere la Prefettura della Casa Pontificia ad optare nuovamente per una udienza all'aperto, mercè il cielo limpido - seppur gelido- della Roma prenatalizia.
Così il sedici volte Benedetto e vieppiù prudentissimo Romano pontefice, dovendo zizzagare per il Foro Petriano a bordo della bianca jep scoperta, s'è prodigato di trovare il metodo infallibile per non soccombere ai mali di stagione. Perciò sull'eburnea talare ha indossato un bianco cappottone, e sopra ancora l'ampio mantello rosso; saggiamente si è premunito di riparare dal gelo le canute tempie con un camauro di velluto rosso foderato e bordato di candida pelliccia e che appena giunto alla sede, Benedetto XVI si è sfilato porgendolo al proprio segretario prima di iniziare l'udienza e la lettura della sua allocuzione.
Non so quanti in Piazza san Pietro avranno capito che "quello" era un camauro e non il berretto di Babbo Natale ma sono certo che per primo il Papa (sedici volte degno d'esser) Benedetto abbia soriso di gusto al pensiero della stupita reazione della pubblica opinione di fronte alla sua mise assai natalizia.

I vaticanisti, fedeli al detto: "tira più un pelo di camauro che una allocuzione pontificia", nei loro sesoconti giornalistici hanno saltato a piè pari la meditazioe natalizia di Benedetto XVI sul tema: Cristo luce del mondo, per soffermarsi sulla nota di colore. Ma quel che è irritante è il loro sentirsi in dovere di tranquillizare l'opinione pubblica che Benedetto XVI indossando un copricapo di origine medievale non vuol significare una volontà di tornare ad un cattolicesimo preconciliare.
Vi immaginavate voi che il camauro avesse tutto questo valore simbolico? Io no: manco fosse il triregno!

Gesù ci ha insegnato che Iddio Misericordioso fa splendere il sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti come sugli ingiusti. Da ciò possiamo agevolmente dedurre che Dio faccia anche soffiare il vento gelido sugli orecchi dei chierici come su quelli dei laici ragion per cui è bene che anche gli ecclesiastici si procurino dei caldi colbacchi che ne proteggano le meningi. i Romani Pontefici sin dal Medio Evo andavano fieri della loro cuffia imbottita di pelliccia tanto da farla immortalare nei loro ritratti, e tant'è che i nostri nonni per dire cuffia dicevano : "papalina".
Fu Pio VI Braschi, alla fine del Settecento, che per primo disdegnò "la papalina", come si vede nel suo famoso ritratto opera di Pompeo Batoni in cui il camauro appare negletto sullo scrittoio permettendo al Pontefice di mostrare la sua vaporosa e boccoluta capigliatura che tanto il Braschi amava sfoggiare. Dopo di lui continuò ad essere obliato tant'è che (nonostante il saltuario uso che ne fece Leone XIII) scomparve dall'iconografia dei pontefici.
Dopo l'ottuagenario e gracile Leone XIII nessun papa ne fece uso tant'è che quando Giovanni XXIII ne richiese uno, le cronache riportano lo stupore (misto a imbarazzo) del sarto pontificio. Credo che anche Papa Ratzinger abbia dato al suo sarto una bella gatta da pelare ( o sarebbe meglio dire un ermellino da pelare).

Nel film "Operazione San Gennaro" Nino Manfredi dopo aver rubato il tesoro del Duomo di Napoli organizza la fuga su una macchina con finta targa diplomatica del Vaticano con dentro uno, travestito da Cardinale. Si ritrova, invece, su di una (vera) automobile vaticana accanto ad un autentico Cardinale. Manfredi trovando "un pò sguarnito" il vestiario cardinalizio si informa se non avesse dimenticato qualcosa. Il Cardinale come a giustificarsi replica: "questo è l'abito".
Anch'io ripeto di fronte alle presunte novità nell'abbigliamento di Papa Ratzinger che quello è, al di là di ogni ragionevole dubbio, l'abbigliamento di sempre dei Romani Pontefici.

giovedì, dicembre 22, 2005

Lettere dogmatiche

Con lettera datata primo dicembre 2005, la Congregazione del culto divino e disciplina dei Sacramenti ha notificato ai responsabili del movimento neocatecumenale, Kiko Argüello e Carmen Hernández di modificare le stravaganze liturgiche del Cammino Neocatecumenale e di conformarsi, quanto prima, ai libri liturgici del Rito Romano.

L'allodola di Frisinga /5

"... La prima parola che vorrei meditare con voi è il saluto dell’Angelo a Maria.
Nella traduzione italiana l’Angelo dice: “Ti saluto, Maria”. Ma la parola greca sottostante, “Kaire”, significa di per sé “gioisci”, “rallegrati”...
Ma è opportuno rilevare subito che le parole dell’Angelo sono la ripresa di una promessa profetica del Libro del Profeta Sofonia. Troviamo qui quasi letteralmente quel saluto. Il profeta Sofonia, ispirato da Dio, dice ad Israele: “Rallegrati, figlia di Sion; il Signore è con te e prende in te la Sua dimora". Sappiamo che Maria conosceva bene le Sacre Scritture. Il suo Magnificat è un tessuto fatto di fili dell’Antico Testamento. Possiamo perciò essere certi che la Santa Vergine capì subito che queste erano parole del Profeta Sofonia indirizzate a Israele, alla "figlia di Sion", considerata come dimora di Dio. E adesso la cosa sorprendente che fa riflettere Maria è che tali parole, indirizzate a tutto Israele, vengono rivolte in special modo a lei, Maria. E così le appare con chiarezza che proprio lei è la "figlia di Sion" di cui ha parlato il profeta, che quindi il Signore ha un'intenzione speciale per lei, che lei è chiamata ad essere la vera dimora di Dio, una dimora non fatta di pietre, ma di carne viva, di un cuore vivo, che Dio intende in realtà prendere come Suo vero tempio proprio lei, la Vergine. Che indicazione! E possiamo allora capire che Maria cominci a riflettere con particolare intensità su che cosa voglia dire questo saluto.

Ma fermiamoci adesso soprattutto sulla prima parola: “gioisci, rallegrati”. Questa è la prima parola che risuona nel Nuovo Testamento come tale, perché l’annuncio fatto dall'angelo a Zaccaria circa la nascita di Giovanni Battista è parola che risuona ancora sulla soglia tra i due Testamenti. Solo con questo dialogo, che l'angelo Gabriele ha con Maria, comincia realmente il Nuovo Testamento. Possiamo quindi dire che la prima parola del Nuovo Testamento è un invito alla gioia: “gioisci, rallegrati!”.
Il Nuovo Testamento è veramente "Vangelo", la “Buona Notizia” che ci porta gioia. Dio non è lontano da noi, sconosciuto, enigmatico, forse pericoloso. Dio è vicino a noi, così vicino che si fa bambino, e noi possiamo dare del “tu” a questo Dio.

Soprattutto il mondo greco ha avvertito questa novità, ha avvertito profondamente questa gioia, perché per loro non era chiaro se esistesse un Dio buono o un Dio cattivo o semplicemente nessun Dio.
La religione di allora parlava loro di tante divinità: si sentivano perciò circondati da diversissime divinità, l'una in contrasto con l'altra, così da dover temere che, se facevano una cosa in favore di una divinità, l'altra poteva offendersi e vendicarsi. E così vivevano in un mondo di paura, circondati da demoni pericolosi, senza mai sapere come salvarsi da tali forze in contrasto tra di loro. Era un mondo di paura, un mondo oscuro. E adesso sentivano dire: “Gioisci, questi demoni sono un niente, c’è il vero Dio e questo vero Dio è buono, ci ama, ci conosce, è con noi, con noi fino al punto di essersi fatto carne!" Questa è la grande gioia che il cristianesimo annuncia. Conoscere questo Dio è veramente la "buona notizia", una parola di redenzione.

Forse noi cattolici, che lo sappiamo da sempre, non siamo più sorpresi, non avvertiamo più con vivezza questa gioia liberatrice. Ma se guardiamo al mondo di oggi, dove Dio è assente, dobbiamo constatare che anch’esso è dominato dalle paure, dalle incertezze: è bene essere uomo o no? è bene vivere o no? è realmente un bene esistere? o forse è tutto negativo? E vivono in realtà in un mondo oscuro, hanno bisogno di anestesie per potere vivere. Così la parola: “gioisci, perché Dio è con te, è con noi", è parola che apre realmente un tempo nuovo. Carissimi, con un atto di fede dobbiamo di nuovo accettare e comprendere nella profondità del cuore questa parola liberatrice: “gioisci!”.

Questa gioia che uno ha ricevuto non può tenersela solo per sé; la gioia deve essere sempre condivisa. Una gioia la si deve comunicare. Maria è subito andata a comunicare la sua gioia alla cugina Elisabetta. E da quando è stata assunta in Cielo distribuisce gioie in tutto il mondo, è divenuta la grande Consolatrice; la nostra Madre che comunica gioia, fiducia, bontà e ci invita a distribuire anche noi la gioia...


“Non temere!”, Maria dice questa parola anche a noi. Ho già rilevato che questo nostro mondo è un mondo di paure: paura della miseria e della povertà, paura delle malattie e delle sofferenze, paura della solitudine, paura della morte. Abbiamo, in questo nostro mondo, un sistema di assicurazioni molto sviluppato: è bene che esistano. Sappiamo però che nel momento della sofferenza profonda, nel momento dell’ultima solitudine della morte, nessuna assicurazione potrà proteggerci. L'unica assicurazione valida in quei momenti è quella che ci viene dal Signore che dice anche a noi: “Non temere, io sono sempre con te”. Possiamo cadere, ma alla fine cadiamo nelle mani di Dio e le mani di Dio sono buone mani.

Terza parola: al termine del colloquio Maria risponde all’Angelo: “Sono la Serva del Signore, sia fatto come hai detto tu”.
Maria anticipa così la terza invocazione del Padre Nostro: “Sia fatta la Tua volontà”.
Dice “sì” alla volontà grande di Dio, una volontà apparentemente troppo grande per un essere umano; Maria dice “sì” a questa volontà divina, si pone dentro questa volontà, inserisce tutta la sua esistenza con un grande “sì” nella volontà di Dio e così apre la porta del mondo a Dio. Adamo ed Eva con il loro “no” alla volontà di Dio avevano chiuso questa porta. “Sia fatta la volontà di Dio”: Maria ci invita a dire anche noi questo “sì” che appare a volte così difficile. Siamo tentati di preferire la nostra volontà, ma Ella ci dice: “Abbi coraggio, dì anche tu: ‘Sia fatta la tua volontà’, perché questa volontà è buona. ..."

sabato, dicembre 17, 2005

RATIONE PECCATI /3

Ovvero: LA LEZIONE DEL PAPA ALL'OCCIDENTE
di Gianni Baget Bozzo che spesso sproloquia ma qualche volta, miracolosamente, fà delle considerazioni tutto sommato assennate.
Sicuramente questo articolo di Baget Bozzo a commento del primo messaggio di Benedetto XVI per la
Giornata Mondiale della Pace ha il merito d'essere fra le analisi del pensiero di papa Ratzinger che più possono suscitare spunti di riflessione (da Il Giornale di venerdì 16 dicembre 2005).

"Il messaggio di Benedetto XVI per la giornata della pace è un testo unico, che si distingue da tutti quelli dei precedenti pontefici, sia per la forza del tema religioso che per il realismo dell'analisi. Non è un testo che segue le linee abituali, ma passa immediatamente dal tema della pace a quello della verità della pace.
La parola «verità» è al centro del pensiero di Joseph Ratzinger, e lo è ancor di più in quello di Benedetto XVI. La «verità della pace» consiste nel rapporto di verità degli uomini con Dio.
Il Papa non si riferisce alle cause politiche della guerra né ai mezzi politici per promuovere la pace; gli è ben chiaro che non è da una analisi dei rapporti internazionali e delle regole che vi governano che si attende un contributo dalla Chiesa.
Il Papa vede le cause della guerra nella mancanza della «verità della pace» che è il riferimento all'ordine divino e trascendente. La pace degli uomini dipende dal riconoscimento della verità di Dio e dai rapporti dell'uomo con Dio. La crisi del terzo millennio è nell'addensarsi di nuove nubi,diverse da quelle del secolo ventesimo, sul rapporto tra uomo e Dio. La Chiesa si limita così al suo essenziale e non diviene soggetto politico, o almeno lo diviene per ciò che le è proprio e non per interventi di carattere politico e diplomatico. Dal tema della pace a quello della «verità della pace» vi è un salto di qualità, che mostra come il Papa voglia fare della questione su Dio la vera questione, l'unica e ultima che conti e la prima che deve risolversi.
Di qui viene il testo fondamentale del messaggio,la condanna del nichilismo e del fondamentalismo fanatico come le forze che si oppongono alla verità della pace: «Il nichilismo e il fondamentalismo fanatico si rapportano in modo errato alla verità: i nichilisti negano l'esistenza di qualsiasi verità, i fondamentalisti accampano la pretesa di poterla imporre con le forze... il nichilismo e il fondamentalismo si trovano accomunati da un pericoloso disprezzo per l'uomo e per la vita e, in ultima analisi, per Dio stesso: il nichilismo ne nega l'esistenza nella provvidente presenza nella storia,il fondamentalismo ne sfigura il volto amorevole e misericordioso».
Siamo così giunti al cuore politico del messaggio, che è il problema del terrorismo. Qui sta il realismo dell'attuale pontefice, che, per la prima volta, sottolinea che nel terrorismo sono presenti «le più profonde motivazioni culturali, religiose e ideologiche». Così viene riconosciuta per la prima volta in un discorso papale la matrice del terrorismo nel fondamentalismo islamico: una novità nel linguaggio papale circa questo fenomeno,un rifiuto di censurare con eufemismi le ragioni fondamentaliste islamiche del terrorismo.
E il nichilismo è visto come ciò che, demotivando il mondo occidentale dall'idea di avere un senso e un riferimento alla verità trascendente, distrugge le capacità creative dell'Occidente perché trasforma la vita umana in un non senso, che non ha altra utilità che se stessa.
Alla mancanza di identità dell'Occidente («l'Occidente non si ama», ha scritto il cardinale Ratzinger), corrisponde una super motivazione del fondamentalismo islamico che coinvolge tanta parte del mondo musulmano.

La Chiesa è ricondotta così a se stessa, ma fa del suo problema il centro dei problemi del mondo. La Chiesa cattolica vive sempre in un'ottica occidentale anche quando non lo vuole ammettere, perché tale è il mondo di cui essa è la radice. Ma poche volte ha, negli ultimi decenni, assunto un'ottica comprensiva direttamente dei problemi che, ad un tempo, unificano l'Occidente e dominano il mondo. In un modo o nell'altro, nella conformità all'Occidente come nella contestazione di esso, l'Occidente è il cuore e il pensiero della comunità mondiale,anche se esso vive questa sua condizione come paura e come colpa.
Il realismo dell'attuale pontefice si esprime nella approvazione del «diritto internazionale umanitario»; e qui, singolarmente e inaspettatamente, elogia «i tanti soldati impegnati in delicate operazione di composizione dei conflitti e di ripristino delle condizioni necessarie per la realizzazione della pace». E qui si può pensare, certo, all'Afghanistan o ai Balcani, ma anche ad esempio all'intervento iracheno, o almeno di quello italiano in Irak.Proprio qui si situa l'elogio ai cappellani militari, certo un tema non presente nei messaggi sulla pace dei precedenti pontefici.
Questo è un testo innovativo e costituisce forse il documento più politicamente impegnativo di Benedetto XVI; indica il suo approccio religioso ai temi della condizione umana nell'Occidente e nel mondo. È raro trovare in un testo papale accenni al demonio dopo il Concilio Vaticano II; e per questo ci sembra opportuno lasciare alla fine la frase decisiva: «Chi e che cosa può impedire la realizzazione della pace?

La Sacra Scrittura mette in evidenza la menzogna, pronunciata all'inizio della storia dall'essere dalla lingua biforcuta, qualificato dall'evangelista Giovanni come padre della menzogna». Sentire dire da un Papa che il diavolo è causa della guerra è un'affermazione vera, che proprio credo nessuno oggi si attendesse ma che il Papa teologo ha avuto il coraggio di pronunciare."

Legenda

Ovvero: Wojtyla. Ratzinger, Goethe e le STORIE SATANICHE di Antonio Socci.

«Il male non è affatto - come reputava Hegel e Goethe vuole mostrarci nel Faust - una parte del tutto di cui abbiamo bisogno, bensì la distruzione dell'Essere. Non lo si può rappresentare, come fa il Mefistofele del Faust,con le parole: “io sono una parte di quella forza che perennemente vuole il male e perennemente crea il bene”. Il bene avrebbe bisogno del male e il male non sarebbe affatto realmente male, bensì proprio una parte necessaria della dialettica del mondo. Con questa filosofia - aggiungeva Ratzinger - sono state giustificate le stragi del comunismo, che era edificato sulla dialettica di Hegel vòlta in prassi politica da Marx. No, il male non appartiene alla “dialettica” dell'Essere, ma lo attacca alla radice».

venerdì, dicembre 16, 2005

l'allodola di Frisinga /4

Ahimè, dopo duemila anni di Cristianesimo c'è ancora troppa confusione su cosa sia il retto pensiero cristiano e cosa no.
Sommanente illuminante di quale debba essere il retto sguardo cristiano sulla realtà è stata l'omelia dell'8 dicembe di Benedetto XVI.
Il pontefice "ccioiosamente regnante" ha mirabilmente esposto la dinamica che vive l'uomo, ogni uomo che viene in questo mondo, che lo porta a provar inimicizia per Dio, durante l'omelia dell'Immacolata Concezione, commemorando i quarantanni della conclusione del Concilio Vaticano II. Contro tutte le aspettative degli "esperti" che preannunciavano che il pontefice avrebbe approfittato della solennità per fare un bilancio del Concilio e della sua più o meno corretta attuazione, Benedetto XVI, invece, s'è attenuto al tema della memoria liturgica del giorno : il peccato Originale e la Grazia redentrice di Gesù Cristo.

Il dogma del peccato Originale non è solo un buffo racconto sugli alberi da frutta ma è soprattutto quella realtà misteriosa e tragica che ogni uomo può comprendere perfettamente senza conseguire alcun dottorato in esegesi dell'Antico Testamento, ma semplicemente guardandosi dentro:

"Cari fratelli e sorelle! Se riflettiamo sinceramente su di noi e sulla nostra storia, dobbiamo dire che con questo racconto è descritta non solo la storia dell'inizio, ma la storia di tutti i tempi, e che tutti portiamo dentro di noi una goccia del veleno di quel modo di pensare illustrato nelle immagini del Libro della Genesi. Questa goccia di veleno la chiamiamo peccato originale. Proprio nella festa dell'Immacolata Concezione emerge in noi il sospetto che una persona che non pecchi affatto sia in fondo noiosa; che manchi qualcosa nella sua vita: la dimensione drammatica dell'essere autonomi; che faccia parte del vero essere uomini la libertà del dire di no, lo scendere giù nelle tenebre del peccato e del voler fare da sé; che solo allora si possa sfruttare fino in fondo tutta la vastità e la profondità del nostro essere uomini, dell'essere veramente noi stessi; che dobbiamo mettere a prova questa libertà anche contro Dio per diventare in realtà pienamente noi stessi. Con una parola, noi pensiamo che il male in fondo sia buono, che di esso, almeno un po', noi abbiamo bisogno per sperimentare la pienezza dell'essere. Pensiamo che Mefistofele – il tentatore – abbia ragione quando dice di essere la forza "che sempre vuole il male e sempre opera il bene" (J.W. v. Goethe, Faust I, 3). Pensiamo che patteggiare un po' col male, riservarsi un po' di libertà contro Dio, in fondo, sia bene, forse sia addirittura necessario."
Questa è nè più nè meno la colpa originaria! La radice avvelenata di ogni piccolo o grande male operato dall'uomo. Ciò che distrugge il legame tra Adamo e il Creatore è la meschinità dello sguardo con cui l'uomo si pone di fronte al proprio essere, all'essere del mondo e all'Essere stesso di Dio: "Ho sentito il Tuo passo nel giardino, ho avuto paura e mi sono nascosto".

Se il cristiano non accetta il dramma della continua tentazione operante nel cuore dell'uomo a procedere all'annichilimento dell'Essere, mi si spieghi a cosa serva al cristiano aver fede nella venuta del Salvatore : Gesù Cristo? Ma soprattutto da cosa lo abbia salvato, o lo debba salvare?
"Dal peccato", risponderebbe chiunque a questa domanda; anche un ateo, anche un agnostico, un anticlericale, risponderebbe perentoriamente che il Figlio di Dio si è incarnato per salvare l'uomo dal peccato: questa è infatti la Dottrina. Ma ciò che deve inquietare è che il senso di ironico distacco con cui correttamente risponderebbe l'anticlericale che considera: 'peccato', 'grazia', 'incarnazione', 'redenzione' niente più che "flatus vocis", non è poi troppo distante dall'intimo sentimento con cui il comune cristiano si accosta (o si discosta) dai medesimi contenuti della fede.
A che servirebbe l'opera redentrice di Cristo, la sua vittoria sul peccato e sulla morte se poi tutti gli uomini, anche i cristiani buoni e bravi che non peccano, soffrono come tutti, sono tartassati da malattie e calamità senza alcuno sconto da parte del loro Dio "Amore", e poi muoiono come tutti gli altri?

Questa e altre simili considerazioni scaturiscono da una sottovalutazione, o peggio eliminazione totale dall'orizzonte del pensiero del cristiano della dinamica Peccato-Grazia, sostituita da un più laica quanto manichea contrapposizione Bene-Male.

Ciò da cui Gesù Cristo salva l'uomo l'umanità non è tanto dal cumulo di colpe piccole e grandi sommate dai singoli uomini nel corso delle generazioni, quanto dal peccato che affratella l'intero Genere umano: cioè il sospetto che l'amore di Dio sia una truffa. E' da questa originaria meschinità di sguardo, che affligge ogni singolo esponente del genere umano, che Gesù Cristo è venuto a salvare!
Dio s'è incarnato, si è fatto vero uomo "per darci un esempio" dice san Pietro cioè per mostrare che è possibile all'uomo vivere in comunione con Dio, per far entrare tutti gli uomini in questa dinamica di amore del Padre Eterno col suo Figlio Eterno dal momento, infatti, che il Figlio di Dio ha assunto la natura umana tutto il genere umano può, se unito al Figlio partecipare di questo amore.
Questo legame tra il Figlio di Dio e il suo discepolo si chiama "Grazia" e solo in questa continua adesione al modo di pensare di Dio, rivelato agli uomini dall'uomo-Dio Gesù che è possibile non ricadere nell'annichilimento della realtà che chiamiamo peccato.

Cristo quindi non ha sconfitto il Male nel senso che lo ha eliminato (e la cosa scandalizza molti uomini sedicenti "spirituali"), ma lo ha sconfitto estirpato alla radice la menzogna del Maligno che insinuava che Dio vuole male all'uomo, dando Gesù stesso, con la sua vita di sofferenze, la testimonianza che niente di ciò che è umano, compresa la sofferenza e la morte, può di per sè deturpare la sintonia tra l'uomo e Dio.
La più grande prova di questa nuova dinamica di comunione nella Grazia tra Dio e l'uomo, pur nelle immutate feriali condizioni esterne, ci è data nella persona che più ebbe stretti contatti umani - e spirituali- con il Salvatore: la sua madre.

"È in lei [Maria]che Dio imprime la propria immagine, l'immagine di Colui che segue la pecorella smarrita fin nelle montagne e fin tra gli spini e i pruni dei peccati di questo mondo, lasciandosi ferire dalla corona di spine di questi peccati, per prendere la pecorella sulle sue spalle e portarla a casa. Come Madre che compatisce, Maria è la figura anticipata e il ritratto permanente del Figlio. E così vediamo che anche l'immagine dell'Addolorata, della Madre che condivide la sofferenza e l'amore, è una vera immagine dell'Immacolata. Il suo cuore, mediante l'essere e il sentire insieme con Dio, si è allargato. In lei la bontà di Dio si è avvicinata molto a noi. Così Maria sta davanti a noi come segno di consolazione, di incoraggiamento, di speranza. Ella si rivolge a noi dicendo: "Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! Non aver paura di Lui!..."

martedì, dicembre 13, 2005

VOS ET IPSUM BLOG BENEDICIMUS!

Lo zelo per la tua casa (teramana) mi divora


Il sempre "orrido" Langone, non si smentisce mai! Dopo esser andato per l'Italia a recensire i ristoranti, sul Foglio del 9 dicembre 2005 si propone quale recensore di messe domenicali, facendo prudentemente precedere una esposizione della teologia cattolica della Santa Messa non disdegnando l'ammiccante riferimento al Cristo che intrecciate delle cordicelle nè fa una frusta per scagliarsi contro i mercanti nel tempio : "lo zelo per la tua casa mi divora" recita infatti il Salmo 68.

Solo Cristo ci può salvare.
Nel Vangelo ci promette la vita eterna (immortalità dell'anima ma anche dei corpi) e intanto ci fornisce la regola la regola aurea per la vita presente: "amerai il prossimo tuo come te stesso". Da duemila anni questo comandamento agisce sulle coscenze degli uomini al punto da aver reso quasi universalmente inaccettabili i sacrifici umani, la schiavitù, il lancio delle prime pietre e im generale quel homo homimi lupus che è tipico del mondo pagano.
Il sacrificio di Cristo e le sue parole così necessarie alla nostra vita sono tramandate nella Santa Messa, con venti secoli displendida, commovente fedeltà a quello che lui disse durante l'ultima cena: "Fate questo in memoria di me".

Cristo si può trovare certamente anche altrove, ad esempio nelle pagine del Vangelo letto in privato, o in un film sulla sua vita, o appeso alle pareti di un tribunale o di un ospedale o di una scuola o fra i seni di una donna "i grappoli d'uva" del Cantico dei Canrtici. Sono presenze lodevoli madi efficacia limitata, presenze minori, assediate da mille distrazioni e confusioni.
I crocifissi in particolare sono come le sentinelle nella notte di cui parla il profeta Isaia, un richiamo costante alla conversione e alla pietà, ma tutta la loro forza discende dalla presenza fondamentale del corpo di Cristo nello spazio esclusivo (la chiesa che è la casa di Dio) e nel tempo privilegiato della messa (quei sessant minuti circa durante i quali lasciamo il mondo fuori). Senza la messa vivificante le croci tornano ad essere dei legnetti. sono arciconvinto che la messa domenicalesia rimedio ad una vasta gamma di mali personali e civili: il sindaco che autorizza le aperture festive dei centri commerciali e di altri luoghi di culto idolatrico della Bestia dell'apocalisse, quella che impone agli uomini un marchio sulla mano e sulla fronte.

Siamo noi ad avere bisogno di Cristo, non è Cristo ad avere bisogno di noi. Siamo liberi di non andare a messa, possiamo accontentarci di vivere senza compagnia dentro una fossa senza luce. Non è che si partecipa alla funzione domenicale per compiacere le alte sfere, è tutta la comunità a ricavarne coesione e dolcezza: “Dove c’è Gesù gli uomini diventano migliori” (Papa Benedetto XVI).

Ma non tutte le messe sono uguali.
Sia chiaro: nell’ostia il corpo di Cristo c’è sempre, anche quando a officiare è un prete in jeans in mezzo a un capannone. (Idea cattolicissima dei sacramenti validi anche quando chi li somministra è indegno, idea perfino ovvia quando si pensa che lo Spirito non ce lo mette il prete ma Dio). Voglio dire che non tutte le messe stimolano la partecipazione e l’entusiasmo nello stesso modo, che una messa perfettamente valida spesso è una messa perfettamente noiosa che scoraggia e allontana i fedeli.
Forte di alcune letture sull’argomento, prima fra tutte “Introduzione allo spirito della liturgia” di un Joseph Ratzinger ancora cardinale, oltre che dello zelo descritto nel Salmo 18, con un certo sprezzo del pericolo mi sono autonominato critico liturgico.


Quì termina la citazione dell'orrido Langone che nel suo articolo passa poi a recensire le messe cui ha partecipato negli ultimi tre mesi: Milano, Padova, Cremona, Parma, Montalcino, Bologna, Roma e Teramo.
Durante questo peregninare ha scoperto che non c'è una messa uguale all’altra, "differendo per durata, ambiente, parole, musiche, gesti, fervore."
Questo piamente giocare al 'Gambero rosso liturgico' può anche suscitare giuste critiche ma certo non può essere di alcun nocumento alla retta spiritualità liturgica.

A causa di un antico e devoto affetto che mi lega alla città di Teramo ho gusto di segnatamente segnalare l'orrida recensione sulla messa nella città aprutina, lodando altresì l'occhio lungo di Langone verso la soda pietà (e non solo) delle fanciulle teramane.



TERAMO
Sant'Agostino
Domenica 23 ottobre 2005, ore 12
Clero secolare


E' una chiesa spenta la chiesa di Teramo. Niente candele nè cereee nè elettriche qui a Sant'Agostino, nè alla Santissima annunziata, nè al Cuore Immmacolato di Maria. La cattedrale è addirittura chiusa, chissà per quanto e da quando (il cartello che parla di restauri sembra coevo del portale).Tocca citare francesco Alberoni. "Una chiesa in cui non c'è una candela invita solo alla rinuncia, alla pigrizia e allasconfitta".
I preti di Teramo sono dei poltroni e i laici di Teramo pure. comunque la festa va santificata comunque e all'uopo va bene anche Sant'Agostino, bella chiesa in brutta piazza, bella chiesa per quanto riguarda l'immobile, meschinissima chiesa per ciò che concerne i mobili. Molte sedie e poche panche eanche queste ultime indecenti, di legno impiallacciato, con inginocchiatoio munito di feltrino a mimare l'imbottitura.
Niente candele, ho già detto.
Sulla destra c'è una nicchia, dentro la nicchia un santo e davanti al santo che cosa c'è? forse un altare? Ma no, c'è un orrendo confessionale che lo copre per metà (spero solo sia un santo vendicativo). piante ovunque, buttatea caso come il vivaio di un pazzo. Niente musica, iente incenzo, niente chierichetti, ed è la messa principale dellla chiesa che fa le veci della cattedrale! Per fortuna c'è gente e la predica non è niente male.
Belle ragazze nerovestite, molto partecipi. Nonostante che il contsto non aiuti, alla consacrazione la maggioranza dei presenti si inginocchia: c'è ancora speranza anche a Teramo.
(Camillo Langone)

giovedì, dicembre 08, 2005

mercoledì, dicembre 07, 2005

Gaudet Mater Ecclesia!


Il "divinus" Magister nel 'quadragesimo anno' dalla conclusione del Concilio Vaticano II segnala la volontà vaticana che quegli anni di "aggiornamento" della Chiesa cattolica, come li disse -e li pensò- Giovanni XXIII, vengano finalmente letti storicamente e teologicamente, e non mitologicamente alla stregua di un sessantotto ecclesiastico.
Con la contestazione sassantottina il Concilio Vaticano II non ha infatti nulla a che fare, tant'è che all'epoca del maggio parigino e delle manifestazioni negli atenei americani conto la guerra del Vietnam il Concilio si era chiuso da tre anni.
Fu proprio allora che il generale uragano della "Contestazione" volle inpadronirsi dello Spirito del Concilio.

Come ha ben spiegato Benedetto XVI nella sua autobiografia, in quegli anni del dopo Concilio ci si rese conto che mente lui ed altri giovani, e meno giovani, teologi si erano battuti per contestare, e smantellare, una recente tradizione e terminologia neoscolastica post-tridentina, per riportare alla coscenza -ed al linguaggio- ecclesiale l'antica Tradizione magisteriale dei Padri della Chiesa indivisa, del primo millennio, di contro molti si prefiggevano,, invece di fare tabula rasa della Chiesa "tridentina" per ricostruire dal nulla una "nuova" Chiesa ed un "moderno" Cristianesimo "libero" dal proprio passato quasi che avere un passato bimillenario fosse un peccato mortale.

Il cardinale Joseph Ratzinger, incontrando nel 1988 a Santiago i vescovi cileni, ha parlato di “un isolamento oscuro del Vaticano II” e ha detto:

“Alcune descrizioni suscitano l'impressione che dopo il Vaticano II tutto sia diventato diverso e che tutto ciò che è venuto prima non potesse essere più considerato o potesse esserlo soltanto alla luce del Vaticano II. Il Vaticano II non viene trattato come una parte della complessiva tradizione vivente della Chiesa, ma come un inizio totalmente nuovo. Sebbene non abbia emanato alcun dogma e abbia voluto considerarsi più modestamente al rango di Concilio pastorale, alcuni lo rappresentano come se fosse per così dire il superdogma, che rende tutto il resto irrilevante”, mentre “possiamo rendere davvero degno di fede il Vaticano II se lo rappresentiamo molto chiaramente così com'è: un pezzo della tradizione unica e totale della Chiesa e della sua fede”.

In effetti, negli anni postconciliari era di moda paragonare la Chiesa a un cantiere, in cui si facevano demolizioni e nuove costruzioni o ricostruzioni. Molto spesso nelle prediche l'ordine di Dio ad Abramo di andarsene dal suo paese era interpretato come un'esortazione alla Chiesa ad abbandonare il suo passato e la sua tradizione.

Al contrario, bisogna ribadire con nettezza che un'interpretazione del Vaticano II al di fuori della tradizione contrasterebbe con l'essenza della fede: la tradizione, non lo spirito del tempo, è l’elemento costitutivo del suo orizzonte interpretativo. Certo non può mancare lo sguardo sull’oggi. Sono i problemi attuali che richiedono risposte. Ma queste non possono venire se non dalla rivelazione divina, che la Chiesa tramanda. Questa tradizione rappresenta anche il criterio a cui ogni nuova risposta deve attenersi, se vuole essere vera e valida.

Su questo sfondo anche la distinzione così in voga tra “preconciliare” e “postconciliare” è molto dubbia sul piano teologico e su quello storico. Un Concilio non è mai un punto di arrivo o di partenza sul quale possa essere scandita la storia della Chiesa o addirittura la storia della salvezza. Un concilio è piuttosto un anello di una catena la cui fine nessuno conosce al di fuori del Signore della Chiesa e della storia. Non può mai introdurre una frattura nella continuità dell’azione dello Spirito.

Continuità ha che fare con prosecuzione. Ci sarà allora un Vaticano III? Non sorprende che si sia avanzata una richiesta di questo tipo, peraltro da parti tra loro opposte.

Secondo alcuni dovrebbe riunirsi un nuovo Concilio che finalmente realizzi la democratizzazione della Chiesa, consenta l'accesso ai sacramenti a coloro che dopo un matrimonio fallito hanno contratto una nuova unione, apra la strada al matrimonio dei sacerdoti e al sacerdozio femminile, e porti alla riunificazione dei cristiani divisi.

Altri pensano che la confusione e la crisi dell'irrequieto periodo postconciliare avrebbero bisogno urgentemente di un Vaticano III che metta ordine e faccia da guida.

Una cosa è certa: anche questo nuovo eventuale concilio – magari di Nairobi o di Mosca, Nairobiense o Moscoviense – si collocherebbe nel solco della tradizione e sarebbe solo un altro elemento di questa venerabile serie.

Il Vaticano II non è stato né l'inizio né la fine della storia conciliare e abbiamo il compito di realizzarlo, prima di parlare del futuro.

Mary per sempre

L'orrido Langone sul FOGLIO di martedì 29 novembre pubblica una 'orrida' lettera apera ad Abel Ferrara per spiegargli che si può essere un ottimo cattolico peccatore pur avendo fede nella storicità dei quattro Vangeli canonici.

"Caro Abel - Provo a darti una risposta.
L’altra sera al cinema Astra di Parma, dopo la presentazione di “Mary”, hai chiesto al padre gesuita Virgilio Fantuzzi, critico cinematografico di Civiltà Cattolica, qual è la posizione della Chiesa sui vangeli apocrifi che hanno ispirato il tuo film. Non era una domanda provocatoria e nemmeno una semplice curiosità. Si capiva che la questione ti stava davvero a cuore, vecchio ragazzo cattolico del Bronx.
Potrei dire che questa domanda l’avresti dovuta fare prima di girare il film, non dopo, ma come faccio ad accusarti se quando finalmente hai chiesto nessuno ti ha risposto. Padre Fantuzzi, che Dio lo perdoni, ha detto di non sapere nulla di questi strani vangeli, ha detto che lui è solo un prete che va al cinema, ha detto che la cosa più interessante di “Mary” è il metalinguaggio (ha detto proprio così: metalinguaggio). Sembrava che sul palco dell’Astra l’unico cattolico fossi tu (l’altro critico presente al dibattito, Fabio Ferzetti, ha dichiarato tutto contento di non essere battezzato). Io ero lassù in galleria, senza microfono e anche, lo confesso, impreparato quasi quanto padre Fantuzzi. Avrei potuto dire che dei gesuiti resta solo l’ombra di una grande (cattiva) fama, se il critico di Civiltà Cattolica dopo aver visto un film così concretamente cristiano ritiene che il suo elemento più importante sia il metalinguaggio. Dando lo spettacolo penoso di una Chiesa divisa, a una platea già abbastanza scettica di suo. Quindi ti rispondo per iscritto, sperando che la comune amica Alessandra Fornari, la signora dei cinema di Parma, abbia la possibilità di tradurre (hai detto tu stesso, e se non l’avessi detto ce ne saremmo accorti benissimo, che due anni di Trastevere non ti sono bastati per imparare l’italiano, la lingua dei tuoi avi di Sarno, provincia di Salerno).

No, il vangelo di Maria Maddalena non è riconosciuto come attendibile dalla Chiesa. E quando dico Chiesa non dico Vaticano inteso come palazzo, colle, basilica, stato eccetera, quell’insieme di mattoni e istituzioni che secondo i mitomani di tutto il mondo sta al centro di ogni complotto, di ogni ragnatela...La Chiesa è il popolo di coloro che attraverso la fede e il battesimo si fanno figli di Dio e membra di Cristo. La Chiesa siamo noi, Abel. Siamo io e te a non ritenere attendibili il vangelo di Maria Maddalena. E tu hai fatto un film su qualcosa che tu stesso non ritieni attendibile? Ho il dovere di correggerti fraternamente, Abel. Sul mio sentimento di fratellanza nei tuoi confronti non devi avere il minimo dubbio. Non soltanto ti sono fratello in Cristo. C’è di più: apparteniamo entrambi allo stesso gruppo misconosciuto e oggi come oggi ultraminoritario, quello dei pornografi cattolici. Oggi come oggi perché in certi periodi fu più numeroso: penso a Pietro Aretino, Charles Baudelaire, Giuseppe Gioachino Belli, Salvador Dalì… Tra i vivi mi viene in mente Juan Manuel de Prada, il giovane scrittore spagnolo autore di “Coños”. Abbiamo le stesse ossessioni, le stesse manie. Mi sono identificato col Cattivo Tenente, mi sarei fatto volentieri infilare un canino nel collo da Annabella Sciorra (“The addiction”), mi sarei venduto la collezione di etichette di vini per le labbra e il resto di Béatrice Dalle (“Blackout”).

Ma il vangelo di Maria Maddalena non è vero, Abel.
I vangeli veri, quelli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, sono stati scritti in aramaico e in greco nel I secolo, a pochi anni dalla morte di Gesù, quando molti testimoni oculari erano vivi, mentre quello di Maria Maddalena è un testo scritto in copto (lingua dell’Egitto) nel II secolo. Ovviamente non l’ha scritto Maria Maddalena, che a quell’epoca avrebbe avuto più o meno centocinquant’anni.
Di vangeli apocrifi sono piene le sabbie del deserto e anche se sono tutti falsi non sono tutti velenosi. Ad esempio lo Pseudo-Matteo ci ha regalato l’asino e il bue della Natività, una dolce fantasia che riscalda il cuore di tutti noi che amiamo il presepe.
(Abel, perché non fai un film su una banda di spacciatori che allestisce il presepe per far piacere a un loro bambino malato di tumore? Io vorrei impersonare un Re Mago, Gaspare, quello che porta l’oro. Poi alla fine il bambino guarisce, miracolo, e la polizia non li acchiappa, altro miracolo).

Tutt’altra cosa è il vangelo di Maria Maddalena, intessuto di visioni, porte, maestri, e di segreti riservati a pochi eletti: un testo tipicamente gnostico, settario, evidentemente scritto a posteriori con finalità polemiche, dove Cristo è un fantasma, dove si spegne la natura luminosa del cristianesimo, salvezza accessibile a tutti.

Ma lo sai che uno dei massimi propagandisti di questa pessima frottola, Daniel Meurois-Givaudan, è un acquariano che dice di compiere viaggi astrali? E tu rinneghi duemila anni di martiri e santi per dar retta a un tizio che, accogliendo l’invito dell’Essere di Luce, fra una reincarnazione e l’altra vaga nella Terra di Smeraldo dell’Oltrecorpo alla ricerca del proprio karma? Ma in che mani ti metti e metti i tuoi spettatori?
Padre Fantuzzi di Civiltà Cattolica non è stato capace di dirtelo e allora te lo dico io: pentiti, Abel. Tieni fede al tuo nome, non fare il Caino.
Infine la questione solo apparentemente pornografica e non teologica di Juliette Binoche stravestita. Vivi a Roma? Bene, allora invece di leggere gli gnostici puoi studiare la pittura barocca e scoprire che alla Maddalena si addice il nudo, non il potere."

martedì, dicembre 06, 2005

Nel ventre tuo s'accese... l'amore?


Giuliano "l'Apostolo" (Ferrara) in un suon condivisibilissimo editoriale del Foglio di martedì 6 dicembre 2005:
"LA TRUFFA DELLA LIBERA PROCREAZIONE

Un documento della Cgil rilancia le assurdità abortiste anni Settanta

Ci avevano assicurato di essere maturati, di aver capito con i soliti trent’anni di ritardo che un conto è combattere l’aborto clandestino, giusto, e un conto è assecondare una sottocultura antinatalista, abortista, sotto le sembianze di un’ideologia libertaria caricata sulle spalle delle donne e dell’umanità, che alle donne deve notoriamente in parte eccellente se non esclusiva la propria esistenza in vita.
Eccoli qua, invece, con il solito documentino rozzo della Cgil emanato ieri, che convoca la manifestazione anni Settanta in difesa dell’aborto, anzi in promozione della “libera procreazione” e della “legge 194 come simbolo dell’autodeterminazione della donna”.
Libera procreazione? Ma non si nasce liberamente, la generazione è un ordine o un dono della natura in un contesto di affetto, di amore e di piacere, e la civilizzazione ha felicemente compiuto e perfezionato la natura istituendo la famiglia, una speciale grazia protettiva, che svezza alleva cura educa socializza ed emancipa uomini e donne, mettendoli in condizioni di essere liberi diversamente da quanto accade agli altri animali, che nonostante abbiano ridotte capacità di linguaggio e ragione finiranno per esserci superiori in quanto non conoscono la possibilità di trasformare l’aborto da evento spontaneo in organizzazione seriale di soppressione di miliardi di vite.
Il nostro libero arbitrio può servire a impedire una tragedia, la morte in pancia procurata con un cucchiaio o con il prezzemolo, non a trasformare i ferri, l’aspiratore o il veleno della Ru486 in “simboli dell’autodeterminazione della donna”. Ma stiamo scherzando? Sono queste le bandiere del femminismo, del progressismo? No che non lo sono. Non lo sono mai state. Questo è soltanto il più ideologico e falso dei linguaggi. Una truffa in atto pubblico.

C’è un duro sforzo in atto del partito credente, dei cattolici italiani, per superare l’opposizione di principio alla legislazione che ha liberato la società, per l’essenziale, dal dramma dell’aborto clandestino.
C’è un tentativo laico dei vescovi di calarsi in una realtà difficile, tragica, e di ragionare come se Dio non esistesse neppure per loro, pur di ottenere una svolta culturale antiabortista nella coscienza pubblica e privata di questa ordalia con la quale convive il mondo moderno.
E che fa la retroguardia della sinistra italiana, la Cgil, mentre le Turco e le Bindi promuovono meritevolmente un bond per evitare gli aborti delle donne in difficoltà? Comunica a quelle donne che la loro autodeterminazione sta in una procreazione libera, in una scelta irrazionale, in una decisione contro se stesse e contro una vita nascente che nessuno può contestare in nome di fumisterie ideologiche luttuose."



Al di là della volontà della Cgil o di chiunque altro di organizzare manifestazioni neofemministe a difesa della 194, è sovranamente deprimente questa imperterrita e lamentosa denuncia di cospirazioni clerical-fasciste per togliere alla donna il "diritto" di abortire, e che non vuol tenere in alcun conto i molteplici fattori che la "problematica" gravidanza -sia quella desiderata, sia quella meno, sia quella per niente- comporta.
All'epoca del referendum abrogativo della 194 i Radicali erano tra i fautori dell'abrogazione proprio perchè la 194 non considera affatto l'aborto un diritto civile! E' una legge che vuol tutelare la salute psicofisica della donna e per questo depenalizza l'aborto nelle strutture mediche legalmente riconosciute.
La 194, inoltre, prospetta "in embrione" la possibilità di aiuti alla maternità che evitino il ricorso all'interruzione di gravidanza: questa parte della legge non è stata mai applicata.
L'irrazionale alzata di scudi verso chiunque voglia valorizzare l'aspetto dell'aiuto alla vita nascente, già previsto dalla legge 194, rende assai dubbiosi sulla lucidità intellettuale di quella "meglioggioventù" che totalitaristicamente si definisce: democratica.

lunedì, dicembre 05, 2005

HABEMUS MOSAICUM!


Per una venerabile consuetudine, principiata da San Leone Magno, la patriarcale basilica di San Paolo fuori le Mura è decorata da una mirabile teoria di immagini dei Romani pontefici.

Le antiche immagini ad affresco, in seguito al furioso incendio che nel luglio 1823 devastò la basilica paleocristiana, nella risorta basilica neoclassica sono state sostituite ex novo con tondi in mosaico.

All'avvento di ogni novello Romano pontefice la Venerabile Fabbrica di San Pietro, da cui dipende la Studio del mosaico del Vaticano, incarica un pittore di realizzare una tela del diametro di due metri raffigurante un busto del pontefice di cui i mosaicisti vaticani realizzeranno l'esatta copia in mosaico che verra posta nel clipeo vuoto accanto al mosaico raffigurante il predecessore, aggiornando così la bimillenaria sequenza.




Incaricato di approntare la raffigurazione a mezzo busto di Benedetto XVI è stato il noto ritrattista Ulisse Santini cui va l'universale plauso per la felice riproduzione delle fattezze del bavarese Pontefice "ccioiosamente regnante" abbigliato con i sacri paramenti con cui il 29 giugno ha per la prima volta presieduto nella Basilica Vaticana il solenne pontificale nella solennità liturgica dei santi apostoli Pietro e Paolo.

L'opera pittorica e la copia musiva sono state presentate al Sovrano Pontefice prima che Sua Santità si recasse nel Foro Petriano per presiedere all'udienza generale di mercoledì 23 novembre.
La presentazione al pubblico è avvenuta convenientemente nella Basilica Ostiense, la sera di sabato 25 novembre in concomitanza del concerto dei Wiener Philharmoniker diretti da Seiji Ozawa che hanno eseguito la sinfonia n. 9 e il "Te Deum" di Anton Bruckner a conclusione del IV Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra promosso dalla Fondazione Pro Musica e Arte Sacra (che è stato lo sponsor del nuovo tondo musivo)e dalla Daimler Chrysler Italia.

il 2 dicembre il clipeo musivo è stato collocato accanto a quello di Giovanni Paolo II ed in tale occasione sotto il ritratto del defunto pontefice è stata posta la bronzea iscrizione della durata complessiva del pontificato wojtyliano:
SED(DIT)A(NNI)XXVI M(ENSESE) V DIES XVII

venerdì, dicembre 02, 2005

Santa anche subito /3

(Dal FOGLIO di giovedì 1 dicembre 2005)

Santanchè prima arrivata
L'on. Daniela Santanchè (An) è stata, in commissione Bicamerale a Montecitorio, la prima donna relatrice della Finanziaria nella storia della repubblica. e dichiara di essere, in ordine decrescente: "Primo, orgogliosa per An; secondo, emozionata; e rerzo, felice".
Il presidente della Camera, onorevole Pier Ferdinando Casini (Udc), così giudica l'accaduto: "E' questa la vera novità della legislatura!".

giovedì, dicembre 01, 2005

Fiocco fiacco

Ovvero la ragionata difesa dell'atteggiamento della Chiesa cattolica in materia di AIDS contro "l'inutile strage" mediatica cui è implacabilmente sottoposto il cattolicesimo

venerdì, novembre 25, 2005

about a boy /10


Faccio la carità a chi suona dentro le metropolitane o agli angoli delle strade solo quando li sento strimpellare due, e solo due, canzoni.
Quel pezzo dei Nomadi che fa:
“…sull'autostrada cercavi la vita, ma ti ha incontrato la morte, ma ti ha incontrato la morte...

Voglio però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi,
voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi e che come allora sorridi...”

L’altra canzone è in lingua spagnola: “Historia De Un Amòr”
Ya no estás más a mi lado, corazón
En el alma sólo tengo soledad
Y si ya no puedo verte
Porque Dios me hizo quererte
Para hacerme sufrir más
...
Es la historia de un amor como no hay otro igual
Que me hizo comprender todo el bien, todo el mal
Que le dio luz a mi vida
Apagándola después
Ay qué vida tan oscura
Sin tu amor no viviré

giovedì, novembre 24, 2005

visioni private /5

"Ogni cosa è illuminata"

ovvero:"Il nonno dice: guarda fuori quando il paesaggio è superiore".

mercoledì, novembre 23, 2005

Sonetos Fùnebres IV

Ovvero: EL GRANDE ENTIERRO

A trent'anni dalla morte di Francisco Franco la Spagna ha eliminato i monumenti equestri del Caudillo, ha tolto dalle "calles" le targhe inneggianti a colui che ha governato per un quarantennio, e con scettro di ferro, la nazione iberica.
Si riteneva il salvatore della Spagna da tutto ciò che secondo lui stava distruggendo l'identità, la storia, l'anima stessa dell'Ispanidàd .
Franco ha stretto lo scettro fino alla morte come il cinquecentesco "Rey prudente" non risparmiando alla sua Spagna fino all'ultimo la durezza della dittatura. Ma da buon monarca, devoto delle glorie di Ferdinando e Isabella, sentì forte l'esigenza di costruire per tempo una chiara, forte ed autorevole successione.
La svolta democratica di Juan Carlos non era certo nei pensieri del Caudillo, ma la maturazione politica del futuro re la si deve all'essere stato volente o nolente, per anni il diletto allievo di Franco.


Per un trentennio la necessità di mantenere una pace sociale ha "distratto" gli spagnoli, solitamente amanti della litigiosità, dal chiedere giustizia dei misfatti di Franco soprattutto per non inficiare la validità dell'assetto statale esistente che -seppur sviluppatosi democraticamente- è figlio legittimo del franchismo.
Questo è il grande miracolo, o se vogliamo trucco, politico di Francisco Franco che emblematicamente si manifesta gelidamente pietrificato, nell'enorme croce della Valle de los Caidos sopra il faraonico ossario delle vittime comuniste e fasciste della Guerra Civile spagnola. Visionario Calvario ideato dal dittatore e in cui anch'egli volle far tumulare le proprie ossa: nel tentativo di dominare anche da morto quei fantasmi.


PS: mentre in Spagna, con furia iconoclasta, Zapatero vuol eliminare la toponomastica franchista facendosi vendicatore del nonno e di tutti i caduti per colpa del Franchismo, in Italia, ad un anno dalla morte, si scoprono lapidi alla memoria di Arafat.
La mia conclusione è che è molto più facile ben volere i dittatori altrui.

martedì, novembre 22, 2005

sedere sul trono

«Si è rotta l’asse del w.c. in legno di noce del Principe Carlo.
Ne è stata commissionata un’altra, in stile perfetto, all’antiquario Drummonds. È grande e solida.
“Suitable for a very large real” dice Mr. Drummonds»

( Il Foglio martedì 22 Novembre 2005)

Diari di un Curato

Ovvero: Cento colpi di spazzola prima di andare a dire messa

«...A una settimana dal caso clamoroso dell’arresto di padre Felix Barbosa Carreiro, un prete sorpreso in un’orgia di sesso e droga con 4 adolescenti adescati su Internet, il settimanale Istoè (Così è) ieri ha rivelato che il Papa, Benedetto XVI, ha inviato ai primi di settembre una commissione in Brasile per indagare sulle denunce di abusi sessuali compiute ai danni soprattutto di bambini poveri. In almeno due casi a testimoniare la veridicità dei racconti delle vittime sono gli stessi violentatori che hanno riportato le loro esperienze su un diario. Padre Tarcisio Tadeu Spricigo ha persino compilato le dieci regole per restare impuniti.

L’INCHIESTA - L’azione determinata di Benedetto XVI, prima di diventare pontefice a capo della congregazione per la dottrina delle fede e quindi responsabile delle indagini sui casi di abusi sessuali nella Chiesa, ha già portato alcuni risultati. Il periodico anticipa la relazione che gli inviati del Papa si apprestano a portare in Vaticano. Il quadro è allarmante. E descrive scenari purtroppo simili a quelli già accertati negli Stati Uniti, ma che stanno emergendo anche in inchieste delle chiese locali di altri Paesi come l’Inghilterra, la Francia, la Croazia e l’Irlanda.

Un fenomeno che il Vaticano tenta di prevenire. Per il 29 novembre è atteso un documento che fornirà le linee guida ai seminari. Tra le indiscrezioni, l’esclusione dei ragazzi con tendenze omosessuali. Tuttavia le complicità di cui i sacerdoti responsabili di abusi a volte godono fa sì che, come nel caso di padre Tarcisio Tadeu Spricigo, in carcere per aver violentato un bimbo di 5 anni, tornino ad abusare di altri piccoli prima di essere arrestati.
In Brasile oltre ai 10 sacerdoti in cella, ce ne sono 40 latitanti.

I NUMERI - Secondo Istoè, nell’inchiesta vaticana si parla di circa 1.700 preti, il 10 per cento del totale, coinvolti in casi di cattiva condotta sessuale: incluse le violenze su bambini e donne. Si dice che il 50% dei preti non mantiene il voto di castità. E che negli ultimi tre anni sono stati più di 200 i preti mandati in cliniche psicologiche della Chiesa per essere rieducati.

IL DIARIO - Agli atti del processo contro padre Tarcisio c’è un vero e proprio manuale del prete pedofilo e appunti sulle sue emozioni e le regole per restare impunito. Una fra tutte: «Mai avere una relazione con bambini ricchi».
Scrive il prete: «Mi preparo per la caccia, mi guardo intorno con tranquillità perché ho i ragazzini che voglio senza problemi di carenze, perché sono il giovane più sicuro al mondo». «Piovono ragazzini sicuri affidabili e che sono sensuali e che custodiscono totale segreto, che sentono la mancanza del padre e vivono solo con la mamma, loro sono dappertutto. Basta solo uno sguardo clinico, agire con regole sicure». «Per questo sono sicuro e ho la calma. Non mi agito. Io sono un seduttore e, dopo aver applicato le regole correttamente, il ragazzino cadrà dritto dritto nella mia... saremo felici per sempre». E infine: «Dopo le sconfitte nel campo sessuale ho imparato la lezione! E questa è la mia più solenne scoperta: Dio perdona sempre ma la società mai».

A consegnare il diario alla polizia è stata una suora, alla quale il sacerdote lo aveva dato per errore...»

(Corriere della sera, 21 Novembre 2005)