giovedì, gennaio 27, 2005

Ciò che la Natura ha sottratto agli occhi umani, è ricoperto da un'eterna notte

E’ tempo che Alessandro si arresti dove si arrestano anche il mondo e il sole.
<< HO CONQUISTATO TUTTO CIÒ CHE CONOSCEVO; ORA DESIDERO CIÒ CHE NON CONOSCO >>.
Quali popolazioni furono tanto selvagge che non si siano prostrate per adorare Alessandro?
Quali monti furono tanto inaccessibili che il soldato vincitore non ne abbia calcato le vette?
Ci siamo fermati al di là dei trofei del padre Libero.
Noi NON CERCHIAMO UN MONDO, MA LO PERDIAMO
(...).
Seneca il Vecchio (Suasoriae 1,2.)

Una tra le mie più commosse letture di fanciullo.
Rannicchiato tra le mie cose.
Lacrimando per quell’ ombra che silente mi scrutava dal futuro.



ALEXANDROS
I
– Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell’aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla,
o Pezetèri: errante e solitaria
terra, inaccessa. Dall’ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria,
l’ultimo fiume Oceano senz’onda.
O venuti dall’Haemo e dal Carmelo,
ecco, la terra sfuma e si profonda
dentro la notte fulgida del cielo
.

II

Fiumane che passai! voi la foresta
immota nella chiara acqua portate,
portate il cupo mormorìo, che resta.
Montagne che varcai! Dopo varcate,
sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidiate.
Azzurri, come il cielo, come il mare,
o monti! o fiumi! era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:
il sogno è l’infinita ombra del Vero
.

III

Oh! più felice, quanto più cammino
m’era d’innanzi; quanto più cimenti,
quanto più dubbi, quanto più destino!
Ad Isso, quando divampava ai vènti
notturno il campo, con le mille schiere,
e i carri oscuri e gl’infiniti armenti.
A Pella! quando nelle lunghe sere
inseguivamo, o mio Capo di toro,
il sole, il sole che tra selve nere,
sempre più lungi, ardea come un tesoro
.

IV

Figlio d’Amynta! io non sapea di meta
allor che mossi. Un nomo di tra le are
intonava Timotheo, l’auleta:
soffio possente d’un fatale andare,
oltre la morte; e m’è nel cuor, presente
come in conchiglia murmure di mare
.
O squillo acuto, o spirito possente,
che passi in alto e gridi, che ti segua!
ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente…
ma il canto passa ed oltre noi dilegua.–

V

E così, piange, poi che giunse anelo:
piange dall’occhio nero come morte;
piange dall’occhio azzurro come cielo.
Che si fa sempre (tale è la sua sorte)
nell’occhio nero lo sperar, più vano;
nell’occhio azzurro il desiar, più forte.
Egli ode belve fremere lontano,
egli ode forze incognite, incessanti,
passargli a fronte nell’immenso piano
come trotto di mandre d’elefanti.

VI

In tanto nell’Epiro aspra e montana
filano le sue vergini sorelle
pel dolce Assente la milesia lana.
A tarda notte, tra le industri ancelle,
torcono il fuso con le ceree dita;
e il vento passa e passano le stelle.
Olympiàs in un sogno smarrita
ascolta il lungo favellìo d’un fonte,
ascolta nella cava ombra infinita
le grandi quercie bisbigliar sul monte
.

(G.PASCOLI)

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