lunedì, marzo 28, 2005

las Angustias


Signore,
s’ignora il motivo per cui il giorno di Pasqua a ‘Domenica In’
Massimo Giletti abbia voluto dirigere un simposio teologico - protrattosi addirittura per poco più di un quarto d’ora! - togliendo spazio alle sacre lamentazioni di una Manuela Villa o di qualche geriatrico protetto di Paolo Limiti.

Gesù mio, so che sono un mare i peccati che mi tocca scontare ma Tu lo sai che la mia soglia di sopportazione del dolore è bassa assai e “certe cose ti segnano”!
Così hai voluto interrompere le nostre allegrezze per il sovvenire del fragore del rotolare della pietra della tua vuota sepoltura, per rammentarci che Tu vuoi patire nel tuo corpo mistico fino alla consumazione dei secoli?
Si, così hai voluto nei tuoi imperscrutabili disegni.

Hai lasciato che il presentatore con il cipiglio del bravo ragazzo dell’oratorio, domandasse cosa pensassero di Dio, della Fede, della fede nell’aldilà, della Tua gloriosa resurrezione, ad un prete (beh, almeno ne hanno scelto uno ferrato in materia!), ad una virile suora missionaria, a donne dello spettacolo credenti e giornalisti agnostici, coronati da un pubblico di uomini qualunquisti e di “signore mie” trasudanti patetismo.
Ciò che angustiava era il vedere l’impossibilità, di chi avesse veramente qualcosa da dire – e non degli stereotipi –, ad esprimersi, perché il cerimoniere maggiore Giletti, in nome della dottrina della prevaricazione concessa al presentatore, bloccava chi si dilungasse per più di 30 secondi; stroncando i ragionamenti che, pur provenendo da persone di fede, sembravano originali ed intelligenti e non facilmente sbeffeggiabili al pari di quelli della “tanto credente” signora mia.

Ma ciò che più angustia non è affatto un dibattito in cui i cattolici vadano al tappeto, ma l’assenza assoluta di dibattito o per meglio dire di dialogo. L’inutilità di chiamare come ospiti illustri, due egregi vaticanisti come Marco Politi della Stampa e Andrea Tornelli del Giornale i quali non hanno avuto nemmeno la possibilità di terminare una frase di senso compiuto;impossibilità di esprimersi oltre la frase fatta, e al contempo la compunzione di chi è magari pure convinto di fare ‘servizio pubblico’; interrompere chi parla di cosa oggi può significare “imitare Cristo”, scusandosi che bisogna mandare la pubblicità per poi stare 2 minuti a sbrodolarsi addosso che era giusto in quel giorno solenne non far finta che non si trattasse di una festività religiosa, e coraggiosamente affrontare la tematica spirituale, era un lavoro sporco ma qualcuno doveva pur farlo:
<< Minchia che ridere! >>.
Mi dispiace per il barelliere Massimo, ma il suo zelo non mi ha conquistato: tra i patiti delle gite a Lourdes io trovo più credibile il Tarcisio di Zelighiana memoria.

Il gilettiano tribunale della fede m’ha provocato solo il desiderio di cambiar canale.
Ispiravavano più cristiana edificazione i belli di ‘Buona Domenica’ Costantino e Daniele che senza sfoggio teologico ma traboccanti di divina carità, come novelli madre Teresa di Calcutta, distribuivano baci alle “zitelle scofanate”: la brama per i vezzi dei due “bronzi” da parte di una donna del vasto pubblico di Buona Domenica, può avere come corrispondente solo l'anelare un pugno di riso da parte di una donna del Bangladesh.

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