mercoledì, dicembre 28, 2005

La guerra dei miti


Ovvero:
"Metti Narnia, King Kong ed Harry Potter dentro e fuoti i sensi della vita. Vedere per credere

... In tempi di guerre dell’immaginario cultural religioso basta sbagliare a infilare la porta di un armadio a Oxford e ti trovi a Narnia, tra streghe e leoni che sembrano Gesù. Nei territori del fantasy religioso a elevato quoziente letterario ideato da C. S. Lewis per rispondere da par suo al novecentesco tempo “degli dei falsi e bugiardi”, l’ateismo e la scienza, in cui si trovò a vivere.
Basta invece infilare la porta del produttore sbagliato sulla Broadway degli anni Trenta, come capita a un bocconcino “just wanna have fun” ante litteram come Naomi Watts per ritrovarsi nel mondo perduto di King Kong e dei dinosauri, tra effetti speciali che sono un incubo grande come tutti gli incubi americani di ieri e di oggi. E senza bisogno di essere l’allegoria dantesca di nessuno.
Ora, al di là del fatto, già di per se stesso piuttosto fantastico, di aver trasformato la Nuova Zelanda in un set privilegiato – lì è girato il “Signore degli anelli” del neozelandese Peter Jackson, che ora firma “King Kong”, e in Nuovaù Zelanda è girato pure “Le cronache di Narnia” di Andrew Adamson – è evidente che ci siano due mondi fantastici in competizione. Dal supermercato delle religioni si è passati direttamente al supermercato del fantasy e delle sue differenti mitologie. King Kong in fondo è un mito figlio del cinematografo e degli anni Trenta; ma reca con sé un’ascendenza culturale laico-scientista (...). Invece Narnia affonda i suoi algidi artigli in un neogotico da professori oxfordiani e in una nozione forte di Tradizione che fa riferimento alla simbologia cristiana nascosta sotto “il velame delli versi strani”. Ce n’è abbastanza per il famoso
dibattito.
In America sono stati lanciati appelli affinché lo si faccia vedere nelle parrocchie, come un catechismo figurale. Mentre sul Guardian l’ineffabile Polly Toynbee si è scatenata in un’invettiva degna probabilmente di miglior causa: il film è un irricevibile atto di propaganda religiosa, ma grazie al cielo lo potranno capire
soltanto i bambini che hanno genitori born again christian e che vanno già al catechismo. Tutti gli altri, tutte le altre immacolate anime agnostiche dell’occidente, si annoieranno e basta.


Binario in fuga

Intanto però c’è ormai un’intera generazione di ragazzini che più globalizzati non si
può che hanno infilato un’altra porta ancora.
Basta prendere il treno al binario sbagliato,
e salire sul binario 9 e 3/4 di King’s Cross per ritrovarsi tra le guglie e gli alambicchi di Hogwarts, territorio incontaminato della fantasia di Harry Potter, di cui il 6 gennaio uscirà la traduzione italiana del sesto e penultimo libro, “Harry Potter e il principe mezzosangue”, quello che lanciato in contemporanea mondiale, mentre il Big Ben suonava la mezzanotte, ha venduto in 24 ore cinque milioni di copie.
E per quanto sia dubbio che il cardinale Ratzinger abbia perso il suo tempo ad anatemizzare il Maghetto, è pur vero che molte associazioni cristiane, le stesse che oggi ringraziano la Disney per Narnia, cercarono di metterlo all’indice come maligna icona di paganesimo irrazionalista. Mentre il simpatico Harry, in tanta deriva fantasy, è un teenager che ha invece un’indubbia e sana nozione della realtà, del bene e del male..."


(Il Foglio martedì 27 dicembre 2005)

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