mercoledì, maggio 31, 2006

The "Da Messina" Code

Sive: VOS ET IPSAM PICTURAM BENEDICIMUS



Negli stessi anni e nello stesso quartiere di Messina in cui viveva e dipingeva Antonello viveva un altro personaggio della storia della città dello Stretto: Santa Eustochia, al secolo Smeralda Calafato.
Rampolla di una assai ricca famiglia di Messina, volle abbracciara la vita claustrale nel secondo ordine francescano. Una volta diventata clarissa si impegnò in una dura polemica con il ramo maschile dell'ordine per chiedere il rispetto dell'austerità, della povertà e della semplicità che aveva ispitato la vita del poverello d'Assisi. Riuscì a smuovere addirittura il papa dell'epoca, Callisto III Borgia, che le diede facoltà di abbandonare il monastero dove vigeva la "regola mitigata" per fondare il monastero di Montevergine dove poter vivere più radicalmente lo spirito francescano.

"...Antonello ed Eustochia dovevano essere più o meno coetanei, ma non c’è nessun documento che testimoni un rapporto tra di loro. Il testamento dell’artista, però, è rivelatore quanto meno di una condivisione di sensibilità: Antonello chiede infatti di essere sepolto con il saio di frate e chiede la precisa esclusione dal rito di ogni altro esponente del clero, a iniziare dai Francescani conventuali. Il tutto nella chiesa da cui dipendeva il santuario di Montevergine.
Le affinità tra Antonello e santa Eustochia non finiscono qui: alla clarissa infatti è attribuito un Libro della Passione, pubblicato a Messina in quei decenni, in cui sono contenute due raccomandazioni che Antonello sembra aver raccolto alla lettera. La prima riguarda la rappresentazione di Gerusalemme che deve esser fatta imitando luoghi noti in modo da rendere credibile all’occhio del fedele il fatto rappresentato: discende da qui la scelta di Antonello di riprodurre la sua Messina sullo sfondo di tante scene sacre? La seconda invece è un riferimento a un passo, molto trascurato dalla tradizione iconografica, del Vangelo di Giovanni. «Data la sententia viene menato il nostro Salvatore Jesu, legato con le corde al collo», scrive il Libro della Passione.
Il particolare delle corde è ricordato solo nel Vangelo dell’apostolo prediletto e diventa un leitmotiv di uno dei soggetti più celebri e più richiesti di Antonello: l’Ecce Homo. In quasi tutte le versioni (cioè in quelle conservate a New York, a Piacenza e a Parigi) l’artista rappresenta il volto del Signore con la corda legata al collo, come emblema della Passione (infatti il nodo rievoca la flagellazione). Una corda che legherrebbe ancor di più il destino di Antonello con quello di santa Eustochia."

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