giovedì, maggio 18, 2006

Il Codice "Da Montefeltro" /3

Ovvero: come avvenne che Silvia Ronchey spiegasse in un libro il perché la Flagellazione di Piero della Francesca è il ritratto del dolore per Bisanzio perduta (da un articolo di Nicoletta Tiliacos sul Foglio di sabato 13 mggio 2006).



«La ricostruzione della storia della Flagellazione è, per Silvia Ronchey, l’occasione per raccontare in modo brillante e appassionato un mondo fatto “di grandi pensatori. Come Nicola Cusano, come Giovanni Torquemada, zio del celebre inquisitore e riformatore della disciplina dei monasteri, come Giorgio Gemisto Pletone, il filosofo che riporta inauge il platonismo dopo dieci secoli di dominio aristotelico, ed è un personaggio-chiave del Rinascimento. Grandi intellettuali affiancati da grandi capi di stato, come Ludovico Gonzaga, Niccolò d’Este, Sigismondo Malatesta, Francesco Sforza”. Rappresentanti, cioè, delle grandi famiglie italiane che, a diverso titolo e con diversi gradi di coinvolgimento, sono legate alla stirpe dei Paleologhi.
Non a caso, il libro di Silvia Ronchey prende le mosse dall’arrivo a Costantinopoli, nell’estate del 1420, delle due spose occidentali promesse da Papa Martino V a due figli dell’allora imperatore Manuele II Paleologo. Le due giovanissime Sofia di Monferrato, destinata al futuro Giovanni VIII, e Cleopa Malatesta, abbagliante, per sapienza e bellezza, promessa di Teodoro II, despota della Morea e predecessore del fratello Tommaso. E’ proprio Cleopa, dice Silvia Ronchey, “la vera eroina della storia. Tutto parte dal suo matrimonio, diretta conseguenza del Concilio di Costanza (1414-1418) e della risoluzione dello scisma d’occidente. Martino V diventa l’unico Papa, al prezzo della promessa, fatta a Bisanzio, di risolvere anche lo scisma d’oriente e il problema dell’unione delle chiese...



...Nell’“Enigma di Piero” ci sono, magnificamente raccontate, le storie intrecciate di Cleopa, di Bessarione, di Enea Silvio Piccolomini, di Tommaso Paleologo e di molti altri giganti dell’epoca.
Ma c’è, soprattutto, la storia della riconquista mancata di Bisanzio, della crociata fallita prima ancora di partire.
Secondo Silvia Ronchey, “la rimozione che ha reso così incomprensibile la Flagellazione nasce da lì, da quel fallimento causato dall’incapacità, dalla non volontà, da parte dei principi della cristianità occidentale, di dar concretezza al sogno di Enea Silvio Piccolomini e di Bessarione”. Da qui nasce anche la radice del singolare magnetismo del quadro di Piero, “perché sentiamo che racconta qualcosa che ci coinvolge, ma non sappiamo esattamente che cosa. Interpella ciò che siamo diventati. Ci fa sentire in modo segreto, a noi smaliziati contemporanei abituati alle catastrofi globalizzate dalla televisione, il peso dolente, insopportabile, di una catastrofe avvenuta più di cinque secoli fa”.
La caduta di Costantinopoli, seppure preceduta da conflitti con l’occidente e da uno scisma mai sanato, secondo Silvia Ronchey “è stata come un 11 settembre elevato all’ennesima potenza. Non è per vetero-storicismo, ma quando un quadro comunica qualcosa di così forte,questo non può che essere legato alla realtà, alla storia e alla politica del tempo in cui quell’opera è stata concepita”.



Se la Flagellazione emoziona anche lo spettatore ignaro di ogni spiegazione è per “la sua perfetta, ancorché misteriosa, incarnazione di un’idea forte. Ha a che fare con il sangue, con la perdita, con la sconfitta. Con un’amputazione, uno scollamento che il nostro mondo paga, in un certo senso, ancora oggi”.

La rimozione di Bisanzio, si diceva, “è soprattutto una rimozione ideologica. Non c’entra la chiesa cattolica, come si potrebbe essere portati a credere. E’ un Papa, Pio II, una delle menti appassionate che lavorano per non ‘dimenticare Bisanzio’, per la sua rivincita”.
E allora?
E allora c’è una specie di grande imbarazzo, che nasce dal fallimento di cui parlavamo prima. Il fallimento di qualcosa, una crociata vittoriosa, che avrebbe risolto una gran quantità di problemi. La polemica attorno alla famosa donazione di Costantino, per esempio, perché Cesare e Pietro sarebbero stati di nuovo riuniti, il potere dei Papi e quello dell’imperatore avrebbero trovato una nuova radice comune”. La posta in gioco è talmente alta, che, nel momento in cui si capisce che l’operazione è irrimediabilmente fallita, Bessarione sarà indotto a non puntare più sui principati italiani, ma sul nuovo principato russo, attraverso le nozze da lui combinate tra Zoe (poi detta Sofia) Paleologhina, figlia di Tommaso, e il Gran Principe di tutta la Russia, che di conseguenza potrà rivendicare la successione giuridica, l’eredità e il ruolo geopolitico di Bisanzio.

L’autore della Flagellazione respira quell’atmosfera intellettuale e politica: Piero è depositario non solo di una tecnica artistica, ma è personaggio dialogante con l’intero mondo, politico e storico e umano che lo circonda. Anche lui è un iniziato platonico, e sa usare la prospettiva in modo impressionate ... Il coinvolgimento intellettuale e morale aveva un suo corrispondente visivo che a sua volta era frutto di uno studio a 360 gradi sulla prospettiva. E c’era insieme un messaggio morale forte che dice: chi non è coinvolto, chi non entra, chi non si fa catturare, è come il turco”.


Piero della Francesca, Benozzo Gozzoli, Pisanello, Jacopo Bellini, Andrea Mantegna, lo stesso Carpaccio, sono tutti parte “del clan filobizantino. Sono parte, cioè, di un piano politico di salvataggio di Bisanzio, sponsorizzato dalle massime famiglie, dai massimi intelletti politici dell’epoca, italiani e non solo. Quei grandi pittori sono tutti legati mani e piedi a questi stessi committenti.
E c’è un personaggio, in Francia, che probabilmente è il vero committente della Flagellazione: il cardinale Guillame d’Estouteville, artefice della riabilitazione di Giovanna d’Arco, parente del re di Francia e candidato al soglio pontificio nella stessa elezione che incoronò Enea Silvio Piccolomini come Pio II. C’era, insomma, un grande movimento d’opinione, tra i committenti e tra i pittori che si sceglievano reciprocamente”.
Ma quello che rende straordinaria la Flagellazione di Piero e che invece non c’è, a mio avviso, in opere come il Corteo dei Magi di Benozzo, che pure fa riferimento a sua volta ai legami con Bisanzio, è il rispecchiamento della paralisi della politica. Della luttuosità e del pessimismo di fondo, dello scacco dell’agire politico.

La Flagellazione ci prende perché è avvolta in un’aura di emozione, di senso di colpa, ma il dramma è sublimato nell’arte.
La politica è, comunque, un lago di sangue. Una serie di precedenti verbali della Flagellazione, come i discorsi di Papa Eugenio IV, mi convincono poi che forse i flagellatori non sono nemmeno turchi. Possono essere i pirati, i predatori, coloro che approfittano comunque della sofferenza altrui”.
La Flagellazione è dunque il ritratto di un senso di colpa, “che nasce da una sorta di peccato originale dell’occidente. Una colpa dell’infanzia dell’età moderna, la colpa verso il mondo orientale, l’abbandono di Costantinopoli. Di qualcosa, cioè, che a un certo punto è diventato lontano ed esotico ma che fa ancora parte delle nostre radici”

1 commento:

Duque de Gandìa ha detto...

Probabilmente l'articolista di Avvenire è un mio affezionato lettore:-)
oppure la lettura del tomo di Silvia Ronchey è assai avvincente. Credo che la definizione dell'orrido Langone: "dotta e scaltra come una vecchia basilissa" debba essere presa tremendamente sul serio!:)