martedì, maggio 02, 2006

Ostende Nobis II


Domenica 30 aprile ha regalato a Roma un caldo e primaverile pomeriggio.
Gruppetti di giovani scamiciti si stendono al sole sulle vaste aiuole davanti a San Giovanni in Laterano ad ascoltare le prove del "concertone" del primo maggio mentre gruppi di per nulla abbronzati pellegrini -probabilmente polacchi- cercano di trovare un varco tra le transenne per riuscire a visitare la basilica.

Le strade sono poco trafficate, i romani sono ancora fuori per il "ponte" o staranno in casa, questo sole sembra invitare a prolungare la rituale pennichella.

Alle 16:00 per via Labicana di vivo trovi solo teutonici e canuti vecchietti che da ogni direzione calano verso la paleocristiana basilica di San Clemente per ammirarne cripte e mosaici, mentre io prendo deciso la salita che porta al "Piazzale della Sanità Militare".

L'ingresso dell'ospedale militare del Celio è piantonato da due file di militari dell'Esercito, che dalla parte verso l'ingresso è arricchito dalla presenza di qualche Carabiniere, mentre dalla parte opposta sono dislocati pochi sparuti giornalisti e cameramen, inviati di televisioni locali, mentre un pulmino della Rai parrebbe abbandonato. C'è poca gente, nessuna coda chilometrica di italico cordoglio, nessuna scalea traboccante di fiori come al Vittoriano nel novembre 2003 (come suol dirsi: "il tempo vola"); niente di patetico, dunque, che possa attrarre gli inviati di un Emilio Fede o d'un Michele Cucuzza.

Varco, così, per la prima volta il cancello dell'ospedale militare del Celio mentre un soldato "di terra" mi indica di imboccare il, corridoio di destra: la strada, leggermente in salita, è stata divisa con dei cordoni in tre di cui la mediana molto larga per il passaggio dei mezzi automobilistici. Dopo pochi passi il percorso torce verso destra dove si trova uno slargo che porta alla chiesa sede della camera ardente dei tre italiani caduti il 27 aprile a Nassiriya. Un cartello recita: "Piazzale della Basilica" e a me pare nomenclatura eccessiva per la linda chiesetta in stile neoromanico (lunga circa venti metri).

Non c'è pen niente coda e due arzille vecchiette a braccetto allungano il passo e mi passano avanti mentre mi soffermo a guardare verso il capannello di alti gerarchi dell'Arma dei Carabinieri che staziona al centro del piazzale e, lentamente, avanza verso i gradini della chiesa.
Mi accorgo che al centro delle loro attenzioni c'è il 'senatore a vita' Francesco Cossiga.
L'avvento dell'ex Presidente della Repubblica e del suo corteggio, seppur per pochi istanti blocca il veloce fluire, per l'unica porta della chiesa, degli altri visitatori alla camera ardente.
Mentre Cossiga ed i suoi accompagnatori avanzano per la navata centrale, in mezzo alle due file di banchi, la mia attezione è attratta dall'abside totalmente decorata con mosaici moderni nella ristrutturazione degli anni del post-concilio, e dall'iscrizione "Congregavit nos in unum".

La chiesa, primi Novecento, è tutta bianca, con soffitto a capriate, molto luminosa grazie alle monofore le cui vetrate moderne raffigurano santi.
La navata centrale s'innalza su otto pilastri su cui insistono degli archi a tutto sesto, cinque per lato, che aprono sulle navatelle laterali, formate perciò ogn'una da cinque campate copetre da volta a vela.
La struttura della chiesa è ciò che di più comune ognuno ha in mente quando pensa ad una chiesa.

Appena entrati, i comuni visitatori debbono girare a destra, nella navata laterale. Sul muro laterale della prima campata c'è una mensolina con una artistica moderna statuetta in bronzo, di circa cinquanta centimetri, raffigurante San Camillo "patrono della sanità militare" come si legge inciso sul basamento. Sul muro della terza campata è appeso un piccolo ma bel crocifisso ligneo.
Nella quarta campata sono stati spostati i banchi tolti dalla navata centrale (per far spazio alle bare) e disposti trasversalmente in direzione delle bare, su cui siedono i congiunti dei caduti. Infatti mi trovo ormai a mettà della chiesa e il percorso dovrebbe ormai sfilare verso la nave centrale davanti ai feretri disposti davanti i gradini dell'altare. Ma il fluire è stato momentameamente bloccato per la presenza dell'ex capo dello Stato che si è seduto nel secondo banco di destra e guarda silente verso le bare ed i congiunti che siedono su due file di sedia a destra e a sinistra di ogni feretro avvolto nel tricolore.
Così ho il tempo di soffermare il mio sguardo sulla parete di fondo della navatella, completamente ricoperta da un multicolore mosaico, e dove è si trova il tabernacolo.

Al fianco di Cossiga c'è tra gli altri,un sacerdote con le stellette che dopo essersi consultato col senatore a vita, ed ad un suo cenno di assenso, si alza e con voce squillante intona per due volte l'Eterno riposo e poi il Padre Nostro e l'Ave Maria.
I congiunti dei tre militari morti si sono prontamente alzati dalle loro sedie per recitare le preghiere in suffragio dei loro cari defunti, come se ormai avessero codificato che quei suffragi altro non erano che un cifrato annuncio dell'arrivo della personalità istituzionale di turno che veniva a porgere le condoglianze.

Il senatore Cossiga, sorretto per un braccio (essendo ancora convalescente per una caduta)si avvicina lentamente, e mestamente, davanti al feretro al centro, quello del capitano dell'esercito Nicola Ciardelli e stringe le manio ai congiunti. Poi si avvicina al feretro alla sua destra e poi a quello a sinistra, quelli dei marescialli dei Carabinieri Carlo De Trizio e Franco Lattanzio, ed esce lentamente, come lentamente era entrato.

Riprende, cosi, la processione di chi vuol significare con la sola presenza la propria vicinanza ai familiari di quei caduti andati in Iraq in "missione di pace" cioè con la benedizione delle Nazioni Unite per supportare "la ricostruzione " di un "dopo-guerra" di una guerra a Saddam Hussein che gli americani ci hanno raccontato di aver vinto.

Superando il granatiere di Sardegna in uniforme storica che, alla mia sinistra, stà ritto accanto al pilastro, mi fermo per un, lento, segno di croce davanti ai feretri.

Nonostante la vivacità dell'azzurro dei mosaici che coprono l'abside, e le tre luminose monofore che raffigurano la Risurrezione, l'atmosfera è quella di un venerdì santo in una piccola chiesetta della periferia di una cittadina di provincia.
Il crocifisso ligneo issato davanti all'altare spoglio, col capo chino, pare chiedere che si vada a baciarne le piaghe. Nell'insieme picca la dorata iscrizione latina che corre intorno al catino absidale: "Congregavit nos in unum Christi amor".
Da una parte del crocifisso c'è un leggio mobile girato verso gli astanti con una Bibbia aperta, dall'altro lato il cero pasquale acceso.
Dietro all'ambone marmoreo c'è la corona funebre del Presidente della Repubblica ed il picchetto dei Corazzieri, mentre dietro le rispettive bare il picchetto dei Parà e dei Carabinieri in alta uniforme.


Andando per uscire, di fronte a me, al centro della navata laterale c'è una statua della Madonna, alta circa un metro, in legno al naturale e dalle forme molto essenziali e contemporanee, in linea con lo stile decorativo di tutta la chiesa, del resto. Solo sopra la porta della sacrestia (sulla parete accanto) c'è una "devota" pittura della Madonna col Bambino.

Nell'ultima campata, verso l'uscita è appoggiato al muro un tavolo coperto da un drappo rosso su cui poter apporre la firma di circostanza. Al di sopra del tavolo, sul muro, su una mensola poggia un busto bronzeo di papa Paolo VI, e più in alto una lapide latina ricorda la visita di Papa Montini all'ospedale del Celio.
Mentre firmo, sento una vecchietta dire al marito: "Guarda, c'è Padre Pio".
Sulla parete di fondo, sotto una monofora (che raffigura S.Francesco d'Assisi)è appeso un quadretto dello stimmatizzato del Gargano. Un quadretto abbastanza costoso ma pacchiano, forse l'omaggio di graduato devoto.

Fuori, accanto mi soffermo a leggere il cartiglio sulla corona di fiori accanto alla porta "Presidente della Camera dei Deputati". Mi chiedo se sia stata inviata dal vecchio presidente o dal nuovo presidente Fausto Bertinotti e mi viene da sorridere rammentando la profonda verità racchiusa nell'iscrizione appena letta nell'abside della chiesa: "Congregavit nos in unum...".



PS:Mentre mi allontano a grandi passi non posso fare a meno di sorprendermi vedendo la grande voragine al centro del piazzale con i resti archeologici di quella che parrebbe una villa romana, delle terme, o forse, guardando meglio la struttura: una basilica pagana, come recita l'iscrizione che quindi non si riferiva alla chiesetta di Maria "Salus Infirmorum"

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