giovedì, febbraio 15, 2007

Breve ai Principi


Ovvero: Lezione di storia del reverendo Gianni Baget Bozzo che spiega la diversità "antropologica" tra "democratici cristiani" e "cattolici democratici".
[Epitome di un articolo sul Foglio di giovedì 15 febbraio 2007]

"I sessanta parlamentari della Margherita che hanno fatto giungere al capogruppo dell’Ulivo la loro dichiarazione in favore delle leggi sulle coppie di fatto volevano indubbiamente richiamarsi a dei precedenti. Ad Alcide De Gasperi, che minaccia le dimissioni del governo se una giunta comunale con l’estrema destra fosse costituita a Roma; ad Amintore Fanfani o ad Aldo Moro che resistono alle pressioni del cardinale Giuseppe Siri contro l’apertura a sinistra. In breve a quella che si è chiamata autonomia politica dei cattolici, tema riconosciuto ormai il più canonicamente possibile.
Ma questa volta i tentativi di far risalire il Dico ai precedenti della operazione Sturzo non sono riusciti. Allora la materia del dissenso era prevalentemente politica: poteva l’Italia rischiare la vittoria della sinistra?
E lo stesso problema si poneva per il centrosinistra di Fanfani e di Moro.
Le questioni aperte erano in tema di alleanze politiche e, in quella materia, certamente l’autonomia era un principio.

Questa volta la materia, lo statuto del matrimonio e della famiglia, è così evidentemente ecclesiastica da non permettere a Rosy Bindi di assurgere alla gloria di testimone della responsabilità politica dei cattolici.
Eppure certamente vi è qualcosa di cattolico democratico nella gestione dei Dico, ma ciò che diciamo cattolico democratico non è democratico cristiano.
Tra l’una e l’altra parola c’è una differenza storica di significato.
Cattolico democratico è un termine che nasce nel quadro dell’organizzazione politica del Pci, che dona il termine “democratico” a tutte le associazioni culturali che promuove: e cattolici democratici furono chiamati gli indipendenti di sinistra cattolici che vennero eletti in Parlamento nel 1976.
I due termini “democratico cristiano” e “cattolico democratico” hanno dunque storie diverse.
Il termine Democrazia cristiana indica l’emergere del movimento politico sociale cattolico nello stato liberale, in cui esso deve poter entrare a pieno titolo. Ciò richiede che il potere della chiesa sulle cose temporali sia ancora più indiretto di quello che san Roberto Bellarmino pensava; e può così configurarsi come autonomia politica. Ma questo avviene all’interno di una chiesa che vive l’esperienza democratico cristiana come propria, che la regola con encicliche papali, la sostiene nelle sue organizzazioni.

Lo stato liberale accetta che il movimento cattolico rimanga parte della vita ecclesiale e la esprima in politica, e così venga considerato laico a tutti gli effetti.
L’autonomia dei cattolici, la laicità della politica, sono le forme di mediazione storica con cui la chiesa, cacciata dallo stato liberale con la forza, vi rientra con la democrazia.
La forma democratica dello stato liberale è la porta d’ingresso della chiesa nella società moderna accettandone nei limiti a essa consentiti alcuni valori, mantenendo le gerarchie ecclesiastiche come ultimo decisore nei territori di crisi.
I democratici cristiani agiscono quindi all’interno della chiesa e la loro laicità è riconosciuta come interna alla chiesa dallo stato democratico.
I conflitti ricordati tra chiesa e partito vengono sempre risolti con l’accordo di ambedue.

I cattolici democratici nascono invece sotto il segno di un rapporto con un’altra tradizione politica, quello della sinistra.
Muovono dalla convinzione postconciliare che l’apertura all’altro sia la dimensione propria del cattolico e che egli deve motivarsi non rispetto allo stato liberale ma di fronte alla tradizione della sinistra come forza portante del movimento democratico in Italia.
Lo stato liberale può accettare la neutralità politica davanti ai vari partiti e quindi accogliere la laicità cristiana come una forma propria di partito nelle istituzioni liberali.
La sinistra chiede una partecipazione culturale alla sua storia, chiede quindi qualcosa di diverso da un riferimento istituzionale in termini di contenuto. E quindi una accettazione della sua egemonia.

Negli anni Sessanta e Settanta la grande crisi postconciliare consentirà le più varie declinazioni dell’appartenenza cattolica con le scelte di sinistra, determinando conflittualità che conducono anche all’abbandono del cristianesimo.
Non si tratta più di fare la democrazia e di costruire lo stato come nel caso liberale ma di ordinare la storia del mondo come compito proprio dell’uomo e specificamente del cristiano.
Ne viene così una diaspora cristiana di imponenti dimensioni che trova la sua identità nella partecipazione alla storia; e il fatto cattolico viene interpretato in modo da diventar omogeneo, attraverso i temi della giustizia sociale e della pace, alla visione rivoluzionaria della storia.

La storia democristiana italiana termina con Aldo Moro, ciò che segue non riesce più a pensare l’identità politica come formata dalla appartenenza ecclesiale.
Così il cattolicesimo democratico diventerà maggioritario anche tra le file della Dc e il partito di Sturzo, di De Gasperi e di Moro diviene lentamente un partito cattolico democratico che concepisce la sua storia nel quadro della narrazione comunista e non si concepisce più come parte della storia della chiesa italiana.

Dopo Moro si ha una certa decristianizzazione della politica democristiana che si compie nella figura di Carlo Donat Cattin travolto, segno singolare dei tempi, dalla tragedia di un figlio terrorista. Forse la scena di Paolo VI che supplica gli uomini delle Brigate rosse di liberare Aldo Moro dà immagine alla fine della Democrazia cristiana come partito intraecclesiale in cui l’autonomia politica era interna alla chiesa e quindi inevitabilmente diveniva negoziata con essa. Se la Dc accettò di firmare la legge sul divorzio e la legge sull’aborto, essa compensò la chiesa con due referendum destinati a sicuro insuccesso ma che esprimevano la volontà del partito cristiano di permettere alla gerarchia di preservare la sua identità, anche a danno della politica.
Da quel momento gradualmente la chiesa esce dalla storia del partito cristiano e la Dc da quella della chiesa...."

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