martedì, ottobre 30, 2007

Breve ai Principi, IV

"Anche dopo il sacco visigoto del 410, Roma era rimasta una città con una popolazione di circa 200.000 abitanti. Era dieci volte più grande di Parigi. Ognuna delle sue primcipali basiliche era quattro volte più grande di qualsiasi cattedrale della Gallia.
Le memorie dei martiri romani, accuratamente coltivate, coprivano tutti i quattro secoli passati. Il clero romano costituiva un gruppo omogeneo, senza volti individuali, tenuto in piedi da una immensa fiducia corporativa nell'assoluta giustizia di tutto ciò che era romano. Il loro vescovo , tratto dai loro ranghi, era l'ultima persona al mondo che avrebbe potuto apprezzare forme sperimentali di leadership.
Il vescovo di Roma era un "papa" -un Grande Vecchio, che amava interpretare il ruolo del Vecchio Uomo di Stato per le Regioni meno esperte.
Per tutto il V secolo, il papa di Roma fu visto come colui su cui si poteva contare per ottenere autorevoli consigli, rassicuratamente fuori moda (e per ciò stesso largamente inapplicabili), su come dovesse funzionare una Chiesa ben governata: «Che la novità cessi di affliggere l'antichità, che le inquietudini cessino di scombussolare la pace della Chiesa»."

(Peter Brown, "La formazione dell'Europa cristiana"; Ed. Laterza )
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Dopo la Breccia di Porta Pia divenne consuetudine che il Papa concedesse udienza ai più disparati gruppi di fedeli venuti ad Limina Apostolorum per ricevere il privilegio di poter baciare la sacra pantofola. I papi erano soliti fare una breve divota esortazione ed accordare la paterna e propiziatrice triplice benedizione apostolica. Pio XII innovò preoccupandosi, nel ricere le più disparate categorie sociali, di proporre loro -nonchè ad universale ed imperituro ammonimento di tutti i cristiani- una sintesi il più esauriente possibile dei doveri morali e religiosi cui erano obbligati dal loro status di cristiano cattolico nonchè di buon cittadino.
Il Pastor Angelicus ricevendo attori e registi enunciava i canoni del film cattolico ideale così come ricevendo i giornalai li ammoniva a non vendere riviste immorali. I pontefici a venire, seppur con minor eccesso di perizia nel catalogare le problematiche socio-economiche di ogni corporazione, nel ricevere questi e quelli hanno sempre offerto loro un saggio della "sana dottrina" esortando ogni porzione del popolo santo di Dio alla fedeltà al Magistero. Però sui media italici destano sempre molto -ed immotivato- clamore le pubbliche allocuzioni del Romano Pontefice il quale nell'esortare a comportarsi da "buoni cristiani", in vero, non devia di una virgola dai precetti del catechismo, e forse proprio per questo provoca sconcerto ed irritazione.

Vasta eco ha goduto l'udienza concessa lunedì 29 ottobre 2007 dal Sedici volte Benedetto "ai partecipanti al 25° Congresso Interazionale dei Farmacisti cattolici"
Benedetto XVI non poteva far altro che rammentare ai farmacisti cattolici che: "hanno un ruolo educativo verso i pazienti per un uso corretto dell'assunzione dei farmaci e soprattutto per far conoscere le implicazioni etiche dell'utilizzazione di alcuni farmaci. In questo ambito, non è possibile anestetizzare le coscienze, ad esempio sugli effetti di molecole che hanno come fine quello di evitare l'annidamento di un embrione o di abbreviare la vita di una persona. Il farmacista deve invitare ognuno a un sussulto di umanità, affinché ogni essere sia tutelato dal suo concepimento fino alla sua morte naturale e i farmaci svolgano veramente il loro ruolo terapeutico [...] Nell'ambito morale, la vostra federazione è invitata ad affrontare la questione dell'obiezione di coscienza, che è un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione, permettendovi di non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di prodotti aventi come fine scelte chiaramente immorali, come ad esempio l'aborto e l'eutanasia."

Di fronte alle indignita ed allarmate dichiarazioni di chi paventa l'indizione di una crociata della Chiesa contro le libertà dei cittadini e contro la laicità dello Stato il gesuitico portavoce della Sala Stampa vaticana padre Lombardi ha tenuto a puntualizzare che: -niente di nuovo sotto il sole!- «L’obiezione di coscienza è un diritto e i farmacisti, proprio come i medici, sono chiamati esplicitamente a non collaborare a ciò che va contro la vita in modo diretto. Il Papa si è limitato ad esprimere un concetto classico».

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