sabato, dicembre 29, 2007

Pro Missa Bene Cantata [5]

Sive: Non nobis! non nobis Domine! sed Nomini Tuum da gloriam!

Monsignor Piero Marini (presidente del pontificio comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali) che dal 1987 al 2007 è stato il "Maestro delle Cerimonie pontificie" cioè l'organizzatore ed il regista per vent'anni di tutte le cerimonie religiose presiedute da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, da "principe dei liturgisti", quale egli si considera, ha messo per iscritto le proprie riflessione sullo "spirito della liturgia".

Dato alle stampe (curiosamente) solo in lingua inglese per i tipi della Liturgical Press, "A challenging Reform" cioè "Una riforma che pone sfide", in data 14 dicembre 2007 in quel di Londra, del tomo è stata fatta solenne presentazione presso la residenza ufficiale del cardinale arcivescovo di Westminster, alla presenza dell'autore e dello stesso padrone di casa cardinal Murphy O’Connor e di una pletora di eccellentissimi ecclesiastici.

Nel suo intervento Monsignor Piero Marini ha sostenuto "la temeraria dottrina" secondo la quale: i padri conciliari del Vaticano II approvando prima di ogni altro documento la costituzione liturgica "Sacrosantum Concilium" lo fecero perchè per loro «la riforma liturgica non era intesa o applicata solo come riforma di alcuni riti» ma «la base e l’ispirazione degli obiettivi per cui il Concilio era stato convocato».


Joseph Ratzinger, che al Concilio Vaticano II partecipò come teologo personale del cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia, descrive in modo molto diverso il perchè si decise di iniziare i dibattiti conciliari con lo schema sulla liturgia. Il "rinnovamento liturgico" era considerato -in primis dalla Curia Romana- l'argomento in assoluto che avrebbe creato meno scontro e polemiche tra i padri conciliari:

"Il Papa aveva indicato solo in termini molto generali la sua intenzione riguardo al Concilio lasciando ai Padri uno spazio quasi illimitato per la concreta configurazione: la fede doveva tornare a parlare a questo tempo in modo nuovo, mantenendo pienamente l’identità dei suoi contenuti, e, dopo un periodo in cui ci si era preoccupati di fare definizioni restando su posizioni difensive, non si doveva più condannare, ma “usare la medicina della misericordia”. C’era, certo, un tacito consenso circa il fatto che la Chiesa sarebbe stato il tema principale dell’adunanza conciliare, che in tal modo avrebbe ripreso e portato a termine il cammino del concilio Vaticano I, precocemente interrotto a causa della guerra franco-prussiana del 1870. I cardinali Montini e Suenens predisposero dei piani per un impianto teologico di vasto respiro dei lavori conciliari, in cui il tema “Chiesa” doveva essere articolato nelle questioni “Chiesa ad intra” e “Chiesa ad extra”.
La seconda articolazione tematica doveva permettere di affrontare le grandi questioni del presente dal punto di vista del rapporto Chiesa-mondo.

Per la maggioranza dei padri conciliari la riforma proposta dal movimento liturgico non costituiva una priorità, anzi per molti di loro essa non era nemmeno un tema da trattare. Per esempio, il cardinale Montini, che poi come Paolo VI sarebbe divenuto il vero papa del Concilio, presentando una sua sintesi tematica all’inizio dei lavori conciliari aveva detto con chiarezza di non riuscire a trovare qui alcun compito essenziale per il Concilio. La liturgia e la sua riforma erano divenute, dalla fine della prima guerra mondiale, una questione pressante solo in Francia e in Germania, e più precisamente nella prospettiva di una restaurazione la più pura possibile dell’antica liturgia romana; a ciò si aggiungeva anche l’esigenza di una partecipazione attiva del popolo all’evento liturgico. Questi due paesi, allora teologicamente in primo piano (a cui bisognava ovviamente associare il Belgio e l’Olanda), nella fase preparatoria erano riusciti a ottenere che venisse elaborato uno schema sulla sacra liturgia, che si inseriva piuttosto naturalmente nella tematica generale della Chiesa. Che, poi, questo testo sia stato il primo a essere esaminato dal Concilio non dipese per nulla da un accresciuto interesse per la questione liturgica da parte della maggioranza dei Padri, ma dal fatto che qui non si prevedevano grosse polemiche e che il tutto veniva in qualche modo considerato come oggetto di un’esercitazione, in cui si potevano apprendere e sperimentare i metodi di lavoro del Concilio.

A nessuno dei Padri sarebbe venuto in mente di vedere in questo testo una “rivoluzione”, che avrebbe significato “la fine del medioevo”, come nel frattempo alcuni teologi hanno ritenuto di dover interpretare. Il tutto, poi, era visto come una continuazione delle riforme avviate da Pio X e portate avanti, con prudenza, ma anche con risolutezza, da Pio XII. Le norme generali come “i libri liturgici siano riveduti quanto prima” (n. 25) intendevano appunto dire: in piena continuità con quello sviluppo che vi è sempre stato e che con i pontefici Pio X e Pio XII si è configurato come riscoperta delle classiche tradizioni romane. Ciò comportava naturalmente anche il superamento di alcune tendenze della liturgia barocca e della pietà devozionale del secolo XIX, promuovendo una sobria sottolineatura della centralità del mistero della presenza di Cristo nella sua Chiesa.
In questo contesto non sorprende che la “messa normativa”, che doveva subentrare all’Ordo missae precedente, e di fatto poi vi subentrò – venne respinta dalla maggioranza dei Padri convocati in un sinodo speciale nel 1967.


Che poi, alcuni (o molti?) liturgisti, che erano presenti come consulenti, avessero fin dal principio intenzioni che andavano molto più in là, oggi lo si può dedurre da certe loro pubblicazioni; sicuramente, essi però non avrebbero avuto il consenso dei Padri conciliari a questi loro desideri. In ogni caso di essi non si parla nel testo del Concilio, anche se in seguito si è cercato di trovarne a posteriori le tracce in alcune delle norme generali.

Il dibattito sulla liturgia fu tranquillo e procedette senza vere tensioni. Vi fu, invece, uno scontro drammatico quando venne presentato per la discussione il documento sulle fonti della rivelazione."

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