giovedì, gennaio 31, 2008

San Giovanni "Degollado" [y tres]

"El Padre Álvaro Corcuera, director general, junto con los Legionarios de Cristo y los miembros del Movimiento Regnum Christi comunican la partida de su querido Padre Fundador, el Padre
MARCIAL MACIEL DEGOLLADO, L.C.

a la Patria celestial, acaecida el día 30 de enero de 2008, y expresan viva gratitud a cuantos quieran unirse en oración por el eterno descanso de su alma.

Por voluntad del Padre Maciel, el funeral se celebrará en un clima de oración, de forma sencilla y privada.
"


L'ottantasettenne sacerdote messicano "Fundador" dei Legionari di Cristo è, dunque, spirato in una residenza della propria congregazione negli Stati Uniti nella quale viveva ritirato (ed "absconditus") non soltanto in seguito alla decisione di abbandonare ogni mondana preoccupazione, compresa quella la gestione della propria prolifica creatura ecclesiastica, a causa dei naturali impedimenti dell'età avanzata ma anche in seguito all'esplicito comando della Santa Sede che aveva ordinato all'ottuagenario padre Marcial Maciel di terminare i propri giorni nella preghiera e nella penitenza .

Ritenere che con la morte del "discusso" "Fundador", così come la stessa volontà manifestata dal defunto che i propri funerali fossero "in forma umile e privata", possa significare la pietra tombale dell'increscioso "caso Maciel" è opinione assai candida.
Principia ora la vita oltre la vita del Padre Maciel Degollado: per i milioni di suoi figli spirituali la figura del fondatore dei Legionari di Cristo si trova adesso in quella dimensione ultraterrena nella quale il suo spirito può guardare faccia a faccia il suo "santo zio" vescovo già canonizzato che fu vittima di calunnie e oggetto di persecuzioni dalla stessa gerarchia cattolica. Ed un estimatore delle opere del Padre Degollado non rinuncerebbe a individuare un parallelismo tra le biografie dello zio vescovo e del nipote "fundadòr" e leggervi una (beneaugurante) analogia.

martedì, gennaio 29, 2008

SERVER servorum Dei


Avviso ai naviganti!

Poichè il Server su cui è aggrappato questo inutile blog, come a zattera nel periglioso pelago, stà affondando ecco che quanto prima il Duca di Gandìa dovrà approdare su più stabili "piattaforme"!

Il Duca pertanto ha benevolmente accolto il consiglio delle maestranze affinchè seguendo il segno dei tempi si proceda ad un "aggiornamento" della homepage. Ma l'adeguamento alle internettiane "moderne sorti e progressive" comporterà l'angustiante conseguenza di mandare in soffita la divota pittura caravaggesca!
Le maestranze, non senza qualche titubanza, stanno già venendo incontro al Nostro gusto tardo-barocco per predisporre nella novella home page l'acconcio tocco di "vivacità".

Epperò, ai viandanti che rimangono impigliati nel Nostro aracnide parto della mente mercè le "divote" immagini debbo annunziare che per adesso non ne verranno postate più, finchè non si approderà a nuovi lidi. Ma con maggior dolore debbo altresì ammonire che al momento del fatidico trapasso del blog, per un cospicuo lasso di tempo non saranno più visibili le divotisime immagini! Le maestranze avranno cura di catalogare tutti i sullodati simulacri dopodichè, con certosina pasienza, verrano reinserite nei post in cui "appaiono" necessarie.
L'umillimo Francisco

Una prece

domenica, gennaio 27, 2008

ADVERSUS HAERESES, XII


Ovvero:
"O papa Bonifazio,
eo porto el tuo prefazio
d'emmaledizione
e scommunicazione."


Era il 20 aprile dell'anno 1303 quando, in solenne concistoro, Papa Bonifacio VIII emanava la bolla "In Supremae praeminentia Dignitatis" con la quale istituiva lo Studium Urbis , ovvero l'Università di Roma che poi avrebbe assunto il nome di "Sapienza". Papa Caetani faceva rientrare la decisione difondare una Università a Roma tra i suoi doveri pastorali di Vescovo: "alla Città delle città , cioè alla città di Roma, che la clemenza divina ha costituito capitale del mondo, Noi riserviamo un'interesse tanto più attento in quanto in essa la Provvidenza celeste ha principalemte stabilito la sede del Nostro ministero apostolico e consolidato i fondamenti della Chiesa".

Nello stesso giorno Bonifacio VIII emanava un'altra bolla con cui confermava l'elezione fatta dai principi tedeschi dell'imperatore Rodolfo d'Asburgo e in tale bolla riaffermava la dottrina della preminenza del potere spirituale su quello temporale, ammonendo: "Noi possimo dire arditamente che se tutti i principi del mondo fossero oggi alleati contro di Noi e contro questa Chiesa saremmo sempre Noi a detenere la verità e per la forza della verità Noi non arretreremmo. Noi non consideriamo [i suddetti principi] più che un fuscello di paglia".

Interessante notare che invitato a parlare alla Università della Sapienza in occasione delle celebrazioni ufficiali per l'apertura del settecentocinquesimo anno accademico, Benedetto XVI ha preparato una allocuzione tutta incentrata intorno ai due temi trattati congiuntamente dal suo antecessore di imperitura memoria all'epoca della stessa fondazione della Sapienza, cioè il ruolo e i compiti dell'Università ed il ruolo ed i compiti del Papa:
"...che cosa può e deve dire il Papa nell'incontro con l'università della sua città?
Riflettendo su questo interrogativo, mi è sembrato che esso ne includesse due altri, la cui chiarificazione dovrebbe condurre da sé alla risposta. Bisogna, infatti, chiedersi: qual è la natura e la missione del Papato? E ancora: qual è la natura e la missione dell'università?"


Ma il preventivo, e quanto mai volgare, schiaffo mediatico dei professori del dipartimento di Fisica, non tanto all'autorità pontificia di Papa Benedetto ma alla intelligenza di professore universitario di Joseph Ratzinger, ha consigliato al sedici volte e vieppiù ragionevole Benedetto di non compiere in data 17 gennaio 2008 quel pubblico segno di stima e rispetto per la "laica" Università della Sapienza, al fine di evitare che l'assembramento dei "sapienti" contestatori della "Libertas Ecclesiae" fosse per gli studenti, causa oltre che di danni intellettuali, anche causa di danni corporali.


La contestazione alla presenza fisica di un Romano Rontefice alla cerimonia accademica è stata difesa in nome della laicità dell'Università, in quanto Università statale, di quello stesso laico Stato italiano le cui massime cariche istituzionali avevano accolto -ossequiato nonchè plebiscitariamente applaudito- un papa nell'aula del Parlamento a Camere riunite!

Essendo il Papa un'autorità religiosa, che governa i fedeli con argomenti dogmatici non criticabili col metodo scientifico, pertanto, nonostante il mondo sia pieno di Università pontificie, la presenza della Sua Santità avrebbe significato un'onta per il prestigio internazionale dello scientifico lavoro accademico dei professori e studenti tutti.

Contestando poi quelli che hanno sostenuto che essendo il Pontefice anche un Capo di Stato avrebbe dovuto essere accolto con la cortesia che la diplomazia impone, si è ribattuto altresì che proprio essendo Benedetto XVI "un sovrano straniero" egli non avrebbe dovuto intervenire in un consesso che con la politica non ha nulla a che fare e men che meno con la qualsivoglia ideologia politica e religiosa! Poi però al Corriere della Sera del 16 gennaio 2008 l'adamantino professor Marcello Cini confessa: «Ho passato gran parte della mia vita concentrandomi sul comunismo e sulla fisica. Ora viviamo in un mondo in cui non c'è il comunismo e non c'è la fisica».

Forse è troppo candido chiedersi quale attentato per la libertà di coscienza degli uomini e per la democrazia dei popoli rappresenti l'esistenza stesa del Papato?
Un atteggiamento veramente laico (e non ideologicamente prevenuto) dovrebbe prendere serenamente atto del fatto che la Santa Sede agisce (ed ha sempre agito) "opportune et importune" nel campo internazionale con l'autocoscienza di rappresentare una autorità morale. Pertanto ogni italico e provinciale scandalizzato piagnisteo per l'ingerenza del Vaticano nella sfera politica, appare strumentale nonchè ideologicamente anacronistico dato che la Santa Sede ha sempre perseguito l'opera di intervento nella sfera sociale (anche durante quel lungo periodo tra il 20 settembre 1870 e l'11 febbraio 1929 in cui fu priva del potere temporale).
Non solo, proprio nel dopo Concilio c'è stato un'aumento vertiginoso del riconoscimento diplomatico del ruolo della Santa Sede da parte degli Stati delle più disparate parti del Mondo proprio perchè, venute meno le aprioristici motivazioni ideologiche, si è dovuto francamente riconoscere l'indiscusso ruolo planetario del Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica:
"questa comunità della quale il Vescovo si prende cura - grande o piccola che sia - vive nel mondo; le sue condizioni, il suo cammino, il suo esempio e la sua parola influiscono inevitabilmente su tutto il resto della comunità umana nel suo insieme. Quanto più grande essa è, tanto più le sue buone condizioni o il suo eventuale degrado si ripercuoteranno sull'insieme dell'umanità.
Vediamo oggi con molta chiarezza, come le condizioni delle religioni e come la situazione della Chiesa - le sue crisi e i suoi rinnovamenti - agiscano sull'insieme dell'umanità. Così il Papa, proprio come Pastore della sua comunità, è diventato sempre di più anche una voce della ragione etica dell'umanità
."



I più ragionevoli hanno apologizzato che Benedetto XVI doveva essere accolto in quanto professore emerito di degnissime università statali tedesche ma dall'empireo del dipartimento di Fisica si è aristocraticamente risposto che il professor Ratzinger essendo professore di Teologia si occupava di propagandare dottrine dogmatiche perciò non criticabili con i parametri della "vera" scienza.

Ora, da tali argomentazione parrebbe evidente concludere che da parte dei professori del dipartimento di Fisica c'è un sostanziale pregiudizio non tanto e solo verso la superstizione religiosa ma verso tutto lo scibile umano non classificato e classificabile dalle scienze naturali e matematiche.
Oltre lo sfoggio di pose da ottocentesco anticlericalismo positistico, gli "scienziati" de La Sapienza non hanno fino in fondo confessato che per loro le "Scienze umane", ampiamente studiate presso la Sapienza stessa, sono pseudo-scienze, non potendo usufruire dei medesimi parametri veritativi delle scienze esatte.
Conseguenza inevitabile di un simile forma mentis è la ragion per cui nella vexata qaestio dell'invito al Papa essi presuppongono che, all'interno del corpo accademico,le loro argomentazioni e valutazioni contarie alla visita papale dovessero avere un peso esponenzialmente superiore al parere del resto dei docenti.

La presunzione che li ha spinti fino ad ignorare completamente gli assunti del contemporaneo dibattito epistemologico, svela così il loro immortale odium anche quando, abbandonati i toni ottocenteschi, si camuffa da dottrina del pluralismo culturale che definisce la laicità come: il neutro terreno su cui ogni diversità può esprimersi in libertà nel rispetto dell'alterità.
Dispiace poi che l'applicazione pratica di queste larghe dottrine si riduca a plaudire al diniego a lasciar parlare il Papa in un ambiente laico al fine di evitare l'impressione che il mondo accademico approvi le pontificie e cattoliche tesi a tutto discapito e discrimine degli altri orientamenti culturali, religiosi ed ideologici. Per questi novatori del multiculturalismo (ed inventori dei una nuova categoria dello spirito quale :"l'arte dell'arredamento delle aule magne") il modello alto cui ispirarsi sarebbe una specie di Maurizio Costanzo show, o una sua mimesi.

Essendo quella della Chiesa Romana una voce del della contemporanea e secolarizzata società pluralista si sarebbe dovuto invitare il Sommo Pontefice ad una tavola rotonda con gli esponenti delle altre religioni. Purltroppo una volta assolto al tributo del politically correct rimarrebbe totalmente insoddifatta la domanda sostanziale, ovvero quello del diritto del Pontefice romano di esprimersi intorno alla categoria del "Vero" ed al concetto di "Verità"! Poichè il papa, il rabbino, il mufti, il bonzo e lo sciamano, messi attorno ad un tavolo, potranno dire delle cose classificabili come Teologia, filosofia o anche sociologia, poesia e filologia, ma per i professori del dipartimento di Fisica e per i loro seguaci, nè la teologia, nè la filosofia, nè la sociologia, nè la letteratura non sono vere scienze in quanto non rispondono appieno allo scopo di definire "la verità" e che sarebbe pertanto il campo su cui regna sovrana solo la scienza matemantica, fisica e chimica.

Invece, per il professore emerito Joseph Ratzinger (e per tutti coloro che non hanno trovato controproducente il suo ingresso nella cittadella romana del sapere scientifico) tutti i risultati dello sforzo della ragione umana sono degni di rispetto e di tale proposizione l'esistenza stessa delle Università ne è il corollario.
Ebbe a dire nel famigerato discorso all'Università statale di Ratisbona: "nonostante tutte le specializzazioni, che a volte ci rendono incapaci di comunicare tra di noi, formiamo un tutto e lavoriamo nel tutto dell'unica ragione con le sue varie dimensioni, stando così insieme anche nella comune responsabilità per il retto uso della ragione – questo fatto diventava esperienza viva. L'università, senza dubbio, era fiera anche delle sue due facoltà teologiche. Era chiaro che anch'esse, interrogandosi sulla ragionevolezza della fede, svolgono un lavoro che necessariamente fa parte del "tutto" dell'universitas scientiarum, anche se non tutti potevano condividere la fede, per la cui correlazione con la ragione comune si impegnano i teologi. Questa coesione interiore nel cosmo della ragione non venne disturbata neanche quando una volta trapelò la notizia che uno dei colleghi aveva detto che nella nostra università c'era una stranezza: due facoltà che si occupavano di una cosa che non esisteva – di Dio. Che anche di fronte ad uno scetticismo così radicale resti necessario e ragionevole interrogarsi su Dio per mezzo della ragione e ciò debba essere fatto nel contesto della tradizione della fede cristiana: questo, nell'insieme dell'università, era una convinzione indiscussa."

La laicità dello Stato pertanto non può nè deve essere confuso con la pretesa imporre l'agnosticismo alla società e alla cultura come ha ben espesso il Presidente francese Nicolas Sarkozy nella sua allocuzione ai notabili mussulmani durante il suo viaggio ufficiale in Arabia Saudita: "In quanto capo di uno stato che si fonda sul principio di separazione tra chiesa e stato, ho il dovere di fare in modo che ciascuno, che sia ebreo, cattolico, protestante, musulmano, ateo, massone o razionalista (...) si senta libero, si senta rispettato nelle proprie convinzioni, nei propri valori, nelle proprie origini. Ma ho anche il dovere di preservare l’eredità di una grande storia, di una cultura e, oso la parola, di una civiltà. E non conosco paesi la cui eredità, la cui cultura, la cui civiltà non abbiano radici religiose. In fondo a ogni civiltà c’è qualcosa di religioso, qualche cosa che viene dalla religione. Forse ciò che vi è di universale nelle civiltà è l’aspetto religioso. Sono le religioni, malgrado tutti i misfatti che hanno potuto essere perpetrati in loro nome, che ci hanno insegnato per prime i principi della morale universale, l’idea universale della dignità umana, il valore universale della libertà e della responsabilità, dell’onestà e della rettitudine."



Insomma il Papa recandosi alla Sapienza aveva deliberatamente l'obbietivo di corrompere le menti dell'augusto uditorio riaffermano che l'uso della Ragione non può mai prescindere dalla formulazione di una qualsivoglia impostazione metafisica: "Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga" come ha sostenuto garibaldinamente il fisico Cini.

Degna di nota la posizione dei cari fratelli protestanti italiani per bocca dell'autorevole pastore Daniele Garrone, decano della Facoltà valdese di teologia che così ammonisce le "pecore matte":
"Il Papa non è un semplice accademico che sostiene tesi controverse o formula ipotesi non condivise da pochi o da molti. Il Papa parla di valori non negoziabili, non formula ipotesi; pretende di esplicitare la verità; si pronuncia non come esponente di una delle varie religioni e confessioni presenti sulla agorà, ma come esperto di umanità in grado di indicare i fondamenti dello Stato e i criteri di una corretta laicità. Il Papa pretende di sapere per tutti noi come si debbano rettamente coniugare fede e ragione. Se vogliamo, il Papa è anche l’ultimo sovrano assoluto per diritto divino. Benedetto XVI bolla la ricerca del pensiero scientifico e filosofico della modernità “post-cristiana” come dittatura del relativismo. Cioè pronuncia una drastica censura nei confronti di quello che è lo spirito della ricerca libera e senza presupposti che spero presieda all’insegnamento nelle nostre università. Benedetto XVI persegue, con grande intelligenza, una strategia di rimonta nei confronti della società laica e pluralista."

Una novella islamica racconta che il buon Gesù diceva sempre bene di tutti tanto che un giorno volgendo lo sguardo sulla fetida carogna di un cane ebbe a lodare la bianchezza dei denti. Il buon pastore valdese non lesina di riconoscere la "grande intelligenza" del sedici volte Benedetto. E visti i tristi tempi non appare affatto pleonastico il riaffermare che al Pontefice l'intelleto ed il ragionamento non difettano! Appare comunque sconsolante che da simili pulpiti si faccia un ritatto caricaturali di una Chiesa e del suo Papa per il fattio che: "Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare qua e lá da qualsiasi vento di dottrina, appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni."

Ma per il sedici volte e vieppiù raziocinante Benedetto, avere una fede chiara, sifnifica avere anche fiducia nella forza della Ragione che chiarifica, purifica, illumina ed addita il "quid est veritas". Perciò in virtù di tale dede e di tale fiducia può aferanare: "Varie cose dette da teologi nel corso della storia o anche tradotte nella pratica dalle autorità ecclesiali, sono state dimostrate false dalla storia e oggi ci confondono.

Ma allo stesso tempo è vero che la storia dei santi, la storia dell'umanesimo cresciuto sulla basa della fede cristiana dimostra la verità di questa fede nel suo nucleo essenziale, rendendola con ciò anche un'istanza per la ragione pubblica. Certo, molto di ciò che dicono la teologia e la fede può essere fatto proprio soltanto all'interno della fede e quindi non può presentarsi come esigenza per coloro ai quali questa fede rimane inaccessibile.
(...)Con ciò ritorno al punto di partenza. Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell'università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità"


giovedì, gennaio 24, 2008

Divina Enfermera [4]


Ovvero: Amplissimo stralcio dell' intervista di Sabrina Cottone (Il Giornale di giovedì 24 gennaio 2008) alla ginecologa Alessandra Kustermann che negli anni settanta era una attivista femminista e propugnatriìce della legge sull'interruzuine di gravidanza, la quale spiega le motivazioni per cui aderisce pienamente alle nuove linee di indirizzo della Regione Lombardia per l’attuazione della legge 194: un nuovo limite all’aborto terapeutico fissato alla ventiduesima settimana più tre giorni di gravidanza; l'istituito di un Registro regionale degli aborti terapeutici, che (senza fare menzione dell’identità della donna) metterà a confronto la diagnosi prenatale con l’autopsia del feto abortito; un’équipe con la consulenza di uno psicologo o psichiatra (e non più solo un singolo medico) che avrà il compito di accertare quei gravi pericoli per la salute fisica o psichica della donna in base ai quali è autorizzato l’aborto oltre il terzo mese di gestazione.

La dottoressa Kustermann (animatrice dei circoli "pro Veltroni") che è la responsabile del servizio diagnosi neonatale dell'ospedale Mangiagalli sostiene che se per lei il nemico di trent’anni prima erano i ferri delle mammane, oggi è «la rupe Tarpea» della tentazione eugenetica:

La Cgil, Uscire dal silenzio, i radicali sono tutti contro le linee della Regione sull’aborto che lei ha contribuito a stendere. Non si sente in contraddizione con la sua storia?

«No, sono convinta che quel che ho fatto sia una difesa della 194 e non un attacco. Io non sono certo di destra e se ho accettato di collaborare è perché ritengo necessarie politiche trasversali per tentare di aiutare le donne a non abortire. Ricordo che lo Stato italiano tutela la vita fin dall’inizio, lo dice l’articolo 1 della 194 che non è una legge per l’aborto, ma per prevenire le gravidanze indesiderate».

Vuol dire che si sente più in sintonia con Formigoni che con certe posizioni della sinistra?

«I piani su cui ci muoviamo rispetto a Usciamo dal silenzio e Cgil sono diversi. Una cosa è dire: la 194 non si tocca. Altro è sostenere da tecnico e ginecologo che il testo della Regione è un indirizzo che facilita il mio lavoro come ginecologa. Inoltre forse la Cgil non sapeva che il ministro Turco ha reso pubblico il lavoro di una commissione di esperti che pone alla ventitreesima settimana l’epoca in cui bisogna dare cure ai neonati prematuri. Può esserci un errore di datazione della gravidanza e per questo la Lombardia ha fissato il limite di ventidue settimane più tre giorni».

Lei ha detto che a breve lo stesso limite potrebbe essere abbassato a ventuno settimane...

«Se ci saranno progressi scientifici certamente sì. Oggi a ventidue settimane in Italia la sopravvivenza è molto rara, ma in Giappone per esempio già ne sopravvivono un po’ di più. Il giorno in cui in Italia ne sopravviverà una quota rilevante, tipo il 5 o 10 cento, è ovvio che non si potrà più fare l’aborto a quell’epoca. Non c’è mica la rupe Tarpea, se con un aborto nasce un bimbo che nasce e piange non posso mica eliminarlo!».

Chi vuole la rupe Tarpea? Come risponde ai radicali che accusano le nuove norme lombarde di intimidire i medici abortisti?

«Non sanno ciò di cui parlano. È l’autonomia del medico a decidere. Se il feto non può sopravvivere non c’è limite all’aborto terapeutico. Chi non si occupa di questi problemi non si rende conto ma un feto abortito alla ventiduesima settimana, se è vitale, ha la stessa faccia di uno che nasce un mese dopo. E tu che fai, lo ignori? Respirano, urlano, poi vanno in affanno, se non gli dai nessuna assistenza possono impiegare fino a dodici ore prima di morire. Ma che cosa vogliono che facciamo, che li sopprimiamo? E non è certo interesse della madre un aborto terapeutico a 23 settimane se poi il neonato sopravvive con gravi handicap».
[...]
È stato istituito un registro degli aborti terapeutici. Una schedatura utile?

«Esiste quasi in tutto il mondo il registro dei nati malformati: permette di migliorare l’accuratezza diagnostica perché controlli il tuo errore ed eventualmente lo correggi. In genere l’errore è in difetto di diagnosi, non in eccesso. Capita anche il contrario, come capitano le diagnosi incerte ma non è frequente. Per fortuna capitano molti pochi casi come quello di Careggi in cui un feto abortito perché ritenuto malformato in realta sarebbe stato un bimbo sano».

Come valuta che a decidere dell’aborto terapeutico adesso debba essere un’équipe con lo psicologo?

«Solo una donna su cinque chiede l’aborto dopo aver scoperto malformazioni del feto. La legge italiana non è eugenetica, parte dal dolore della donna, dalla sua depressione e della sua incapacità di affrontare la malformazione fetale. L’équipe è necessaria perché difficilmente puoi spiegare da solo una diagnosi prenatale del genere e il ruolo dello psicologo è di consulenza. È una scelta complessa per la donna ma pesante anche per il medico».

martedì, gennaio 22, 2008

Breve ai Principi, V

Ovvero: "Gli disse allora Pilato: "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?".
Rispose Gesù: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto."

A tutti coloro che hanno lamentato la mancanza di laicità nella politica italiana, additando l'ingerenza clericale , e disgustandosi per l'opportunismo ed il clericalismo della classe politica italiana che, rispondendo all'invito del "vicario del vicario" cardinal Ruini, in gran numero e prescindendo dalla propria personale conformazione ai dictat sulla fede e sulla morale di Santa Romana Chiesa, si sono presentati in Piazza San Pietro per l'Angelus di domenica 20 gennaio 2008 per significare la propria solidarietà a Benedetto XVI dopo la mancata visita all'Università della Sapienza, vorrei segnalare gli Stati Uniti d'America quale sommo modello di vera ed autentica laicità.

La medesima mattina di domenica 20 gennaio, nella città di Columbia nello Stato del South Carolina, Stato in cui si sarebbe dovuto scegliere il candidato denocratico per la Casa Bianca, la moglie di Barak Obama e la figlia di Hillary Clinton si sono presentate a lodare Iddio nella stessa chiesa la "Bible Way Church", una chiesa frequentata solo da afroamericani. La scelta manifestamente politica di mostrare la vicinanza dei due candidati democratici alla gente di colore è avvenuta a ridosso della ricorrenza del Martin Luther King Day, "la festa dei diritti civili" una festa nazionale che si celebra ogni anno il terzo lunedì di gennaio per commemorare il grande apostolo della lotta contro il razzismo e la discriminazione.

Forse se ci fosse un Eugenio Scalfari americano tuonerebbe dall'alto delle colonne di un suo editoriale che i Clinton e gli Obama sono degli ipocriti e degli schifosi che dovrebbero solo vergognarsi per aver deliberatamente usato la religione per accaparrarsi voti. Ma proprio perchè l'America è una Nazione laica nessuno si sognerebbe di inveire contro Michelle Obama Chelsea Clinton per le loro convinzioni religiose.

La "laicità" è quel principio politico-filosofico secondo cui le autorità religiose non hanno alcun potere nè pertanto il diritto in forza della loro potere spirituale di intervento diretto nell'amministazione dello Stato. Ma escludere il clero dall'esercizio del potere temporale non significa negare a Dio il potere di intervenire nella sfera temporale.
Laicità non è sinonimo di ateismo o di agnosticisno elevato al rango di religione di Stato.

A Bonifacio VIII cui gli ambasciatori di Filippo il Bello rimproveravano di aver sostenuto in una sua bolla che il Re di Francia era politicamente assoggettato al Papa, egli indignato rispose: "Quadraginta anni sunt, quod Nos sumus experti in iure, et scimus, quod duae sunt potestates ordinatae a Deo; quis ergo debet credere vel potest, quod tanta fatuitas, tanta insipientia sit vel fuerit in capite Nostro? Dicimus quod in nullo volumus usurpare iurisdictionem regis".
Pertanto la questione sulla laicità non è una disputa tra la fede e indifferentismo religioso, o clericalismo o non clericalismo, ma la formula della "sana laicità" stà nella capacità o meno di individuare, distinguere e separare i compiti e quindi le finalità della Chiesa e dello Stato.

In quella America dove c'è una assoluta separazione tra Stato e Chiesa e dove pertanto non c'è un "Concordato" con la Santa Sede nè "le intese" con le altre confessioni, dove pertanto non sarebbe nemmeno lontanamente immaginabile che sia direttamente lo Stato a distribuisce a nome dei cittadini il sostegno economico alle confessioni religiose, ma dove sono invece i cittadini a finanziare direttamente le istituzioni religiose, ecco che laicità significa che, in tutta libertà e con pieno diritto, gli uomini politici possono "strumentalizzare" Dio direttamente senza necessità di attaccarsi alla bianca sottana del Suo Vicario in Terra.
In tutti i culti monoteistici si rivolgono preghiere affinchè Dio protegga i governanti e custodisca la pace sociale perchè anche quando in uno "Stato laico" si è eliminata l'invadenza dei preti nella politica non si può eliminare invece l'etica dalla sfera pubblica. Non si può non teren conto del fatto che gli individui ed i gruppi che costituiscono la società civile abbiano delle convinzioni intorno a ciò che è "vero" e a quello che è non lo è, ciò che è "bene" e ciò che è "male", ciò che è "giusto" e ciò che è "sbagliato".
"Alla struttura fondamentale del cristianesimo appartiene la distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cfr Mt 22, 21), cioè la distinzione tra Stato e Chiesa o, come dice il Concilio Vaticano II, l'autonomia delle realtà temporali.
Lo Stato non può imporre la religione, ma deve garantire la sua libertà e la pace tra gli aderenti alle diverse religioni; la Chiesa come espressione sociale della fede cristiana, da parte sua, ha la sua indipendenza e vive sulla base della fede la sua forma comunitaria, che lo Stato deve rispettare." (Deus Charitas).

Nella democratica e laica America nessuno voterebbe per qualcuno che dichiarasse apertamente di non credere in Dio, così come in Inghilterra nessun cittadino ateo sente minacciata la propria libertà dal fatto che Sua Maestà Britannica regni per diritto divino!

Nella conservazione e nella promozione del bene comune, pertanto, non si può negare ai governanti, e ai cittadini che li hanno scelti come propri rappresentanti, di ispirarsi ai propri personali principi etici o religiosi seppur nella nettissima distinzione tra peccato e reato. Soprattutto non si può negare ai cittadini e alle loro libere e legittime forme associative riconosciute legalmente dallo Stato stesso tra cui è anche "la Chiesa" di manifestare il proprio giudizio di valore: "vagliate ogni cosa e trattenete ciò che è buono" insegnava San Paolo.
La "Chiesa" come ogni comunità religiosa è un corpo sociale pienamente inserito nella più ampia società civile e ne fa parte legittimamente, la Chiesa non è un corpo estraneo, quasi un cancro sociale. Cinquant'anni di imperio democristiano dovrebbero essere la prova provata che nella Repubblica Italiana i cattolici non si sono comportati da pericolosi sudditi di un sovrano straniero!

Resiste però dilagante il pregiudizio "laico" secondo cui se un sedicente cattolico esprime un'opinione in sintonia col Magistero cattolico ciò vuol dire che il tale individuo non è in grado di ragionare con la propria testa.
Scriveva magnificamente il cardinal Newman: "L'accusa è questa: io, come cattolico, non solo dichiaro di aderire a dottrine a cui è impossibile che io creda col cuore, ma credo anche che sulla terra esista un potere che per sua volontà e a suo compiacimento impone qualsiasi nuova serie di 'credenda' per la sua pretesa infallibilità; ne consegue che io non sono più padrone dei miei pensieri, e che chissà se domani non mi tocchi rinunciare a quello che affermo oggi; necessariamente l'effetto di una tale condizione di spirito dev'essere una schiavitù degradante o un'amara ribellione interiore che si sfoga in'unincredulità segreta, o la necessità di abbandonare ogni pensiero religioso per una sorta di disgusto, affermando meccanicamente tutto ciò che dice la Chiesa".
Ragion per cui i "laici" sostenitori di una tale ipotesi considerano ogni pubblica dichiarazione della gerarchia ecclesiastica come la messa in opera di un plagio di fragili menti confuse.

La vera domanda ragionevole su cui interrogarsi "laicamente", pertanto non mi pare essere quella intorno al diritto del cardinal Bagnasco di additare "l´ignavia delle istituzioni" quanto piuttosto il diritto dei politici italiani di prendere posizione su temi prettamente religiosi.
Con quale autorità la Ministra della Salute Livia Turco dichiara ai mass media di non approvare la decisione di Benedetto XVI di celebrare la messa dando le spalle ai fedeli?
Con quale autorità la senatrice Manuela Palermi del Partito della Rifondazione Comunista emana una nota "teologica" a commento della lettera pastorale del Cardinale Tettamanzi alla diocesi di Milano?
La apprendista teologa Palermi infatti, che ritiene innammissibile che un cardinale come Bagnasco si faccia portavoce dei cattolici italiani, ritiene legittimo invece farsi portavoce dei fedeli e ringrazia "Dionigi il piccolo" a nome di tutti quei cattolici divorziati "che non si riconoscono nelle idee di intolleranza e chiusura dell'attuale Papa, che hanno fede e vogliono praticarla senza sentirsi peccatori. Dal cardinale Tettamanzi arrivano finalmente prime parole di comprensione e di pietà verso tante situazioni dolorose".

All'intervistatore che domandava di esprimere il suo autorevole parere sul ritono in auge del messale di San Pio V e del latino nella Chiesa Cattolica, il Patriarca di Mosca Alessio II ha risposto: "Penso che la questione della lingua liturgica e le relazioni tra le diverse componenti della Chiesa romano-cattolica siano questioni interne".

domenica, gennaio 20, 2008

LA DIVINA PASTORA [6]



Sive: Historia Ecclesiastica Anglorum

Una curiosità tutta puritana nei confronti del Cattolicesimo è stata provocato dalla buona novella della pia sottomisione alla Chiesa Cattolica Romana dell'anglicano Tony Blair (ex primo ministro di Sua Maestà britannica) avvenuta a Londra il venerdì 21 dicembre 2007 per mezzo dell'Arcivescovo di Westminster il Cardinale Cormac Murphy-O'Connor nella di lui cappella privata del palazzo arcivescovile.
L'interesse si è rivolto più che altro sul responsabile per l'ecumenismo dell’arcidiocesi di Westminster meglio noto come "il Grande Convertitore" o "il cappellano delle celebrità": il cinquantenne francescano padre Michael Seed. Per suo tramite si sono convertite al cattolicesimo molte personalità assai note sul suolo britannico, nonchè aristocratici tra cui la Duchessa di Kent, parente stretta della "papessa" Elisabetta II.


Per i buoni uffici del "Father" francescano sono approdati tra le materne braccia di Santa Romana Chiesa molti pastori anglicani che non hanno accettato il sacerdozio femminile.

Intervistato ("the Indipendent", 15 gennaio 2008 ) padre Michael Seed ha dichiarato che adesso anche le "pretesse" anglicane passano alla Chiesa Cattolica Romana perché sono "trattate come spazzatura nella loro Chiesa".

Padre Seed ha "confessato" che lui personalmente ha ricevuto la professione di fede cattolica di due donne prete che hanno, così, preferito essere semplici laiche nella Chiesa di Roma che essere ministri del culto anglicano ma oggetto di "apartheid" da parte dei confratelli maschi! Anzi, secondo padre Michael Seed ci sarebbero molte altre donne prete che si sarebbero fatte cattoliche sulla spinta della "persecuzione" di cui erano vittima nella Chiesa d'Inghilterra:
"Ci sono altri preti cattolici che hanno avuto a che fare con casi simili. Le donne prete anglicane generalmente sono scioccate dal modo in cui vengono trattate. Questo non è il Terzo Segreto di Fatima. La persecuzione delle donne prete è ben nota tra i sacerdoti, i vescovi e i laici anglicani".


venerdì, gennaio 18, 2008

Cardinali in vacanza (della Sede Apostolica) /4

Sive: Deus lo vult!


Al cardinale che in Conclave superi il quorum previsto per l'elezione a pontefice, è previsto che il Cardinale Decano (o in caso di qualche impedimento il cardinale più anziano nell'ordine dei cardinali vescovi), si prensenti davanti al suo scranno e gli pongano la fatale domanda: "Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?" .
La legislazione ecclesiastica non prevede una "formula di rito" con cui il neoeletto debba manifestare la propria accettazione. Basterebbe un laico "si" ma spesso i neoeletti pontefici hanno preferito più diffusamente argomentare la volontà di accettare la tiara.
Come avvenne, che in quel pomeriggio del 19 aprile 2007 il Cardinal Ratzinger abbia argomentato il proprio si alla chiamata dello Spirito Santo per voce del Cardinale vicedecano Angelo Sodano , il neoeletto Benedetto XVI non lo ha rivelato, manifestando così tutto così il proprio spirituale pudore.

Mercoledì 19 dicembre 2007, è stato il Cardinale Michele Giordano (Arcivescovo emerito di Napoli), in occasione della presentazione del libro “Compromettiti con Dio. La rivoluzione di Benedetto XVI” (L’Orientale Editrice) del giornalista Francesco Antonio Grana, a svelare la formula usata dal Cardinale Joseph Ratzinger per l’accettazione del soglio pontificio da parte.

Innanzitutto il cardinal Giordanio ha testimoniato tutta la riluttanza del settantottenne Cardinal Decano alla sola idea di una propria candidatura alla successione di Giovanni Paolo II, infatti racconta il porporato:
“Prima che il Cardinale Ratzinger fosse eletto, siccome oramai si pensava già a lui, io, con la confidenza che avevo, mi sono avvicinato a lui e gli ho detto, avendo anch’egli superato i 75 anni che è l’età in cui noi andiamo a riposo, “ma se dovesse capitare qualche cosa a lei, mica ci fa qualche scherzo?”. Lui si turbò in volto e mi disse: “Eminenza, non posso, non posso accettare. Per favore, non pensate a me, non pensate a me”.
E poi dopo che il Conclave lo ha eletto, disse “Propter voluntatem Dei accepto”, con la serenità che gli veniva dal sapere che Dio lo aveva prescelto”.

mercoledì, gennaio 16, 2008

L'allodola di Frisinga /8

Sive: "Initium Sapientiae Timor Domini"


"Il pericolo del mondo occidentale — per parlare solo di questo — è oggi che l'uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all'attrattiva dell'utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo.

Detto dal punto di vista della struttura dell'università: esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi più capace del suo vero compito, si degradi in positivismo; che la teologia col suo messaggio rivolto alla ragione, venga confinata nella sfera privata di un gruppo più o meno grande. Se però la ragione — sollecita della sua presunta purezza — diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità e così non diventa più grande, ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea ciò significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a ciò che al momento la convince e — preoccupata della sua laicità — si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma.
Con ciò ritorno al punto di partenza.
Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell'università?

Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà.

Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro."

Nel nome di Allah, Clemente (Mastella) e Misericodioso! 4

Ovvero: C'erano con Lui i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni. (Lc VIII, 2-3)


Nel primo mattino di mercoledì 16 gennaio 2008 la signora Sandra Lonardo , la bella consorte del Ministo della Giustizia, senatore Clemente Mastella, nonchè essa stessa Onorevole Presidente del Consiglio regionale della Campania ha appreso, mercè gli organi di informazione, di essere stata posta agli arresti domiciliari dal giudice per le indagini preliminari di Santa Maria Capua Vetere, Francesco Chiaromonte, su richiesta del pubblico ministero Alessandro Cimmino. Il capo d'imputazione per l'onorevole signora Mastella è quella di "concussione" o per meglio dire "tentata concussione" sul direttore generale dell’ospedale di Caserta.

Appresa la trista notizia Sandra Mastella ha dichiarato "sconcertata" che ad ella non era inputabile alcuna macchia di peccato e, pertanto: "anche questo è l’amaro prezzo che, insieme a mio marito, stiamo pagando per la difesa dei valori cattolici in politica"!

lunedì, gennaio 14, 2008

Pro Missa bene cantata [6]

Sive: De Mysterio Altariis
Tra le più suggestive innovazioni pastorali del pontificato wojtyliano è da iscriversi la somministrazione del battesimo ad alcuni pargoli nella Cappella Sistina per mano dello stesso pontefice nella Festa liturgica del Battesimo del Signore, ovvero la domenica successiva all'Epifania, con la quale si conclude il Tempo liturgico del Natale.

Il sedici volte Benedetto nella domenica 13 gennaio dell'anno del Signore 2008 ha personalmente amministrato il battesimo a tredici pargoletti, prole di dipendenti vaticani, durante la celebrazione eucaristica propria della la Festa del battesimo di Cristo.
La messa è stata celebrata all'altare della Cappella Sistina, l'unico altare presente nella cappella, ai piedi del Giudizio michelangiolesco.

Benedetto XVI non ha celebrato messa all'altare "pre-conciliare" come si è detto da molti proprio perchè "in Sacello Sixtino" non v'è anche un altare post-conciliare.
Ma gli avversari di ogni tradizionalismo invocherebbero quale "accusatio manifesta" la stessa nota dell'ufficio delle cerimonie liturgiche che aveva tenuto a sottolinerare il motivo per cui non si è utilizzato un altare mobile: “Si è ritenuto di celebrare all’altare antico per non alterare la bellezza e l’armonia di questo gioiello architettonico, preservando la sua struttura dal punto di vista celebrativo e usando una possibilità contemplata dalla normativa liturgica. Ciò significa che in alcuni momenti il Papa si troverà con le spalle rivolte ai fedeli e lo sguardo alla Croce, orientando così l’atteggiamento e la disposizione di tutta l’assemblea”.

Or dunque, parrebbe proprio una "explicatio non petita" questo insistere di Monsignor Guido Marini sul fatto che la scelta di quale altare utilizzare per celebrare la messa è stata solo una questione di gusto estetico e di sensibilità scenografica. Dichiarazione più degne sulle labbra di un direttore museale quale Paolucci o di un regista come Zeffirelli che su quelle di un pio sacerdote la cui preoccupazione dovrebbe essere l'obbedienza alle norme liturgiche rinnovate dopo il Concilio Vaticano II.
In realtà e proprio questa immagine "glamour" che tutti i commentatori di cose vaticane hanno volutamente (e maliziosamente!) sottolineato del ristyling di monsignor Guido allo stile delle "cappelle papali" in Sacello Sixtino!
Si è velatamente descritto il nuovo Maestro delle Cerimonie quasi come un profano scenografo sul set di una fiction su Michelangelo, che "volta le spalle" alle autentiche esigenze di spiritualità dei fedeli del XXI secolo poichè tutto preso nell'architettare la propria pantomima del fasto rinascimentale.

Secondo l'orrida schiatta dei vaticanisti, la chiarificazione preventiva di Monsignor Marini sul fatto che Benedetto XVI avrebbe indossato solo e soltanto abiti appartenuti ad un papa postconcilare quale Giovanni Paolo II, che avrebbe celebrato una messa tutta rigorosamente in lingua italiana e secondo il messale postconciliare approvato da Paolo VI, parrebbe quasi il necessario contappasso -e al contempo la indiretta confessione- del proprio peccato di liturgica sensualità estetizzante.

In realtà ci troviamo tutti vittime in balìa dell'immensa ignoranza liturgica degli operatori dei mass media che discettano beatamente di cosa sia "tradizione pre-concilare" e di cosa invece sia "secondo il copione post-conciliare", cercando sempre di infondere nell'uomo qualunque l'impressione che egli sia sempre un cattolico più "adulto" e più di buon senso del papa stesso.


Se potessi parlarle faccia a faccia chiederei alla vaticanista del "Messaggero" cosa vuol dire che: "il Papa ha voluto adoperare infatti l'antico altare della Cappella, addossato al muro, e non più quello mobile caro a Giovanni Paolo II"?
Per quale motivo, secondo l'eminentissima Franca Giansoldati, Giovanni Paolo avrebbe manifestato speciali effusioni del proprio affetto a quell'altare mobile? Forse che il defunto pontefice lo nomini nel proprio testamento tra gli incontri fondamentali della propria missione evangelizzatrice o lo citi nelle proprie memorie tra i più validi aiuti degli anni del proprio servizio petrino?
Forse la signora Giansoldati dovrebbe al fine convenire che: Giovanni Paolo II nè per l'altare mobile nè per quello stabile nutrisse un particolare trasporto emotivo. Papa Wojtyla celebrò nella cappella Sistina in entambi i modi, ovvero nel modo che piacque e parve più opportuno ai suoi tre maestri delle cerimonie, poichè entrambi i modi di celebrare sono validi, opportuni ed ammessi.

Non vi è alcun obbligo di celebrare "verso il popolo"!
La costituzione "Sacrosantum Concilium" (con cui i duemila e cinquecento vescovi partecipanti al Concilio Vaticano II decretarono il rinnovamento liturgico) della posizione dell'altare non si occupa minimamente.
Il successivo documento "Inter Oecumenici" del 1964, emanato dalla commissione addetta all'attuazione della riforma liturgica, al numero 91 recita: "Nella chiesa vi sia di norma l’altare fisso e dedicato, costruito ad una certa distanza dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo". La norma riguardava l'arredo delle chiese nuove invece, per un generale spirito di aggiornamento, molti antichi altari furono abbattuti per erigerne dei nuovi oppure, dove le circostanze (e le Belle Arti) non lo permisero, gli ecclesiastici semplicemente volsero le spalle agli altari di marmo per poter celebrare in perpetuo su tavolini di legno poichè si ritenne che il modo migliore acchè "tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche" (come aveva comandato il Concilio) fosse quello di celebrare la messa guardando in faccia i fedeli.

Il cardinale Giacomo Lercaro presidente del Consilium per la riforma liturgica, che poi dovette dimettersi perchè accusato da eminentissimi colleghi di essere fautore di una liturgia troppo progressista (e "modernista"), in una lettera indirizzata ai capi delle Conferenze episcopali, datata 25 gennaio 1966, riguardo al rinnovamento degli altari scrisse che: «per una liturgia vera e partecipe, non è indispensabile che l’altare sia rivolto versus populum: nella messa, l’intera liturgia della parola viene celebrata dal seggio, dall’ambone o dal leggio, quindi rivolti verso l’assemblea; per quanto riguarda la liturgia eucaristica, i sistemi di altoparlanti rendono la partecipazione abbastanza possibile. In secondo luogo si dovrebbe pensare seriamente ai problemi artistici e architettonici essendo questi elementi protetti in molti Paesi da rigorose leggi civili».

Se un generalizzato riposizionamento degli altari ci fu nel post-concilio non fu pertanto dovuto ad una necessità insita nella struttura del nuovo rito della messa approvato da Paolo VI nel 1969 ma, piuttosto, fu motivato dalla volontà dalle gerarchie ecclesiastiche di uniformare all'occhio del volgo (profano o meno) l'apparato più esteriore del rito liturgico.

Come negli anni sessanta anche oggi l'intelligentzia si pone il problema di dover spiegare all'uomo qualunque, al non credente che fatalmente di ogni liturgia si burla, al cattolico distratto che non si ricorda nemmeno con quale mano si fa il segno della croce, ecco che a tutti costoro ci si cruccia di spiegare -e rassicurare!- che se il Papa "ha voltato le spalle ai fedeli" questo però non significa, giammai, che il Papa voglia "arrivare alla negazione del modello di Chiesa e di popolo di Dio che il Concilio ha voluto"!

Perchè tanto inutile sfoggio di birignao ecclesialese invece di dire papale-papale che ciò che ha fatto Benedetto XVI (ed il suo "mestro") in materia liturgica non è un'eccezione (o peggio un sopruso!) ma che egli ha obbedito alle norme proprie del Rito Romano in vigore?

Nessuno pertanto ha dato la grande notizia: in data 13 gennaio 2008 il Novus Ordo di Paolo VI è uscito dallo stato di minorità!
I Sommi Pontefici hanno benedetto e "canonizzato" la riforma liturgica, l'hanno difesa ed incoraggiata, guidata, hanno tollerato bizzarrie ed esagerazioni con l'animo guardingo con cui si indulge sulle giovanili intemperanze della propria creatura amatissima ma d'ora in poi in Vaticano ogni lettura ideologica del Nuovo Messale Romano, quale segno e strumento della discontinuità tra la "nuova" Chiesa del Concilio nei confronti della Chiesa della Controriforma, non verrà più tollerata.
Il sedici volte Benedetto celebrando in pubblico "rivolto verso il Signore" ha voluto sottolineare che "la costante cura dei Sommi Pontefici per il culto divino" non darà più giustificazioni ad ogni novità rituale che venga introdotta per il presunto bene della "attiva partecipazione" dei fedeli alla liturgia.

sabato, gennaio 12, 2008

DEVOTIO MODERNA [10]

1. La Monnezza ha corpo come noi?
La Monnezza non ha corpo come noi, ma è purissimo puzzo.

2. Dov'è la Monnezza?
La Monnezza è in cielo, in terra e in ogni luogo:
Essa è immensa.

3.La Monnezza è sempre stata?
la Monnezza è sempre stata e sempre sarà: Essa è eterna.



Ovvero: "In verità, in verità vi dico: procuratevi amici con la disonesta Monnezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne."







Di fronte all'emergenza rifiuti che ha "sommerso" Napoli e la Campania tutta, la Conferenza Episcopale campana ha emanato in data 10 gennaio 2008 un acconcio documento al fine di far giungere ai fedeli la propria "ecclesialese" parola apportatrice di conforto:

"...Mai dobbiamo perdere la speranza; anzi dobbiamo reciprocamente incoraggiarci a nutrirla perché fondata nel «Dio vivente che è il Salvatore di tutti gli uomini» (1Tm 4, 10).

Quando, come accade in questi giorni, certe emergenze si mostrano in tutta la loro drammaticità non soltanto come effetti di mancate o errate scelte, o di precise responsabilità, ma anche come il frutto dei nostri stili di vita iperconsumistici; quando emerge tragicamente il risultato non soltanto di determinate pratiche sociali inadeguate o di omissioni colpevoli, ma anche di peccati da noi commessi; quando i nostri occhi e i nostri sensi sono costretti a vedere e percepire tutto questo, noi non possiamo, comunque, perdere la speranza e la fiducia.

Ma non possiamo neppure fingere di non vedere e interpretare quelli che appaiono dei segnali concreti ed evidenti, non soltanto di un inquinamento ambientale, bensì di un più profondo inquinamento interiore e, forse, di un possibile e deprecabile degrado morale.
Sentiamo, perciò, ancora più vivo e forte, il legame al nostro territorio, alla nostre coste ed ai nostri mari, alle nostre terre ed alle nostre falde acquifere, alle nostre città ed alle nostre case, alla nostra geologia profonda ed alle nostre bellezze di superficie, di cui il Creatore ci ha arricchito sia in senso spirituale che materiale. Ma, nello stesso tempo, non possiamo non riconoscere di aver offeso, a volte, la verità, la retta ragione, l’amore; di aver commesso peccato, dal momento che ogni peccato «è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell’uomo e attenta alla solidarietà umana» (Catechismo Chiesa Cattolica, 1849).

I tanti errori individuali stanno purtroppo diventando delle vere e proprie strutture di peccato, di cui siamo singolarmente responsabili, allorché prendiamo drammaticamente atto: di aver cooperato agli errori degli altri, prendendovi parte direttamente e volontariamente; di non averli denunciati o non impediti, quando invece saremmo stati tenuti a farlo; o infine, addirittura quando abbiamo protetto coloro che commettono il male...

...«Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12, 15). Le forme di amara ed acuta sofferenza delle nostre popolazioni che, a motivo di rifiuti non degradabili seppelliti sotto terra e di montagne di rifiuti davanti ai loro occhi, non vedono futuro per la propria salute e per il proprio territorio; il rammarico e l’afflizione di coloro che, pur volendolo, non sanno cosa fare di fronte alle tante emergenze; l’esasperazione dei cittadini di fronte ai cronici ritardi nelle soluzioni tecniche e politiche, pur possibili: queste lacrime vogliamo oggi condividere con voi, sorelle e fratelli, rivolgendo grida e suppliche, nella preghiera individuale e in quella liturgica che, da ogni parte ed in ogni momento, si stanno elevando, per Cristo, alla Trinità santissima nelle nostre rispettive Diocesi."


Dopo tanto straziante deprecazione l'Episcopato Campano vuol pur anco elargire al lettore un'ironico intermezzo:
"Sappiamo che la nostra gente possiede le capacità per trasformare anche questa emergenza in strategie creative e risolutive dei problemi..."


In conclusione, parrebbe chiaramente emergere dal presente documento che , messi di fronte alla scandalosa gestione che della monnezza hanno fatto i pubblici amministratori campani da oltre un decennio, i Vescovi della Campania si siano resi finalmente conto con intimo dolore che dello sfacelo della Campania si può incolpare innanzitutto la Chiesa Cattolica che in questi anni ha sottolineato l'ingiustizia sociale, molto ha parlato di condanna della Camorra e di lotta all'illegalità ma assai poco ha predicato la buona novella dell'ambientalismo, e di questo, la Chiesa santa di Dio che è in Campania, si propone di fare Mea Culpa:
"Come Pastori, siamo preoccupati che i valori della pace, della giustizia e del rispetto per il creato – temi fondanti della dottrina sociale cristiana – sono a volte ridotti a dei riferimenti a stento presenti, se non del tutto assenti, anche nell’ordinarietà della vita dei credenti."
E di conseguenza: "La stessa Commissione episcopale regionale “Giustizia Pace e Salvaguardia del Creato” non mancherà di predisporre, in collaborazione con la Facoltà di Teologica dell’Italia Meridionale e gli Istituti Superiori di Scienze religiose campani, opportuni contenuti e metodi per specifici itinerari formativi e catechetici, affinché tutti siano messi in grado di dare un informato apporto agli attuali temi della cosiddetta “agenda sociale” e, in particolare, in questi giorni, alla cura dell’ambiente e alla salvaguardia del creato. Le analoghe Commissioni diocesane aiuteranno le nostre comunità a essere maggiormente attente a quelle situazioni socialmente ed eticamente “sensibili”...

...Vi benediciamo nel nome della Santissima Trinità, invocando su tutti noi e sulle nostre terre l’intercessione di Maria, “Madre del Salvatore” e “Madre del Creatore”."


Tutti, orsù dunque, si uniscano alle preci alla Madre del Creatore affinche, quanto prima, dal cratere del Vesuvio Iddio stesso voglia far piovere sul territorio partenopeo quelle ceneri eruttive, simbolo eloquente di quell'auspicato clima penitenziale, sommersi dalle quale poter piangere con piena contrizione il frutto maleodorante dei propri consumi non eticamente "sensibili"!
O clemente,
o pia,
o dolce Vergine Maria!

giovedì, gennaio 10, 2008

Amicus Plato sed magis amica Santippe, VI

Sive: Initium Sapientiae Timor Domini.


Durante la riunione del Senato Accademico dell'Università La Sapienza di Roma avvenuta in data 23 ottobre 2007 il Rettore Magnifico Renato Guarini comunicò che il successivo venerdì 30 novembre si sarebbe svolta nell'Aula Magna del Rettorato l'inaugurazione dell'anno accademico 2007-2008 (il settecentocinquesimo dalla fondazione). A conclusione della cerimonia, annunciò il rettore, Papa Benedetto XVI avrebbe offerto all'eletto uditorio una "lezione magistrale"!

Ma poichè a differenza del buon Giovanni Paolo II il sedici volte Benedetto non è paralizzato su una sedia a rotelle e non ha la mandibola atrofizata cosicchè egli non si esprime solo con poche biascicate parole ma riesce ad enunciare, col suo teutonico eloquio, ragionamenti articolati e ben argomentati, ecco che: alcuni illuminati docenti dello Studium Urbis si sono garibaldinamente ribellati all'ingerenza clericale nell'università fondata da Papa Bonifacio VIII.

Il "magnifico" Renato Guarini ha pertanto dovuto prendere dei provvedimenti per minimizzare le proteste degli spiriti liberi; ragion per cui la cerimonia d'inaugurazione è stata posticipata al 17 gennaio 2008 ma secondo una acconcia nota emanata dall'ateneo romano non a causa delle grottesche professioni di ghibellinismo di parte del corpo accademico ma esclusivamente per sovrana disposizione pontificia: "Benedetto XVI, che intendeva compiere una visita pastorale alla Sapienza, ha espresso la volontà di incontrare la comunità universitaria in questa particolare occasione"!

La cerimonia prevede la consueta relazione introduttiva del Magnifico Rettore alla quale seguiranno gli interventi del rappresentate degli studenti e di quello del personale tecnico amministrativo. La lectio magistralis “Pena senza morte” sarà pronunciata dal professor Mario Caravale, docente di storia del diritto italiano, alla presenza del sindaco di Roma Walter Veltroni e del ministro dell’Università e della ricerca Fabio Mussi.

Solo al termine della "laica" cerimonia ufficiale ("Un Papa che incarna uno dei poteri forti che fa di interiorizzazioni millenarie e moraliste la sua battaglia cattopolitica, rendendosi artefice di un forte arretramento culturale. Un Papa che, condannando secoli di crescita scientifica e culturale, afferma dogmi anacronistici quali il creazionismo, attacca il libero pensiero scientifico e ci propone l'eterosessualità obbligata. Un Papa che vorrebbe relegare la donna ai soli ruoli di madre e moglie": un Papa non certo peggiore di tanti altri, insomma) potrà fare il suo ingresso in quell'Aula Magna, divenuta per un giorno il catafalco dell'orgoglio laico, per rivolgere "un saluto ai presenti, senza in alcun modo influenzare -percaritàddiddio!-lo svolgimento della cerimonia accademica"!

Che con la sua sola presenza Benedetto XVI possa mettere in crisi "la santità" dell'accademica cerimonia? Di che avevano paura le autoproclamatisi vestali della scienza e del progresso illuministico? Forse che Benedetto XVI con la sola imposizione delle mani facesse saltare l'impianto di amplificazione, con le sue giagulatorie provocare la combustione spontanea delle toghe dei magnifici professori, o che alzando la mano benedicente facesse crollare il mastodontico (e fascistissimo) affresco di Mario Sironi per farvi apparire miracolosamente una crocifissione del Beato Angelico?

Il sedici volte Benedetto offrirà, pertanto, il suo saluto ("a cose fatte") alla comunità universitaria che lo ha "accolto". Si è detto, poi, che il "suo saluto" sarebbe stato anche "una sua riflessione" e nel programma definitivo si parla di "Discorso".
Orbene, dopo queste baronali forche caudine il sedici volte mite e pio Benedetto lascerà quel laico palcoscenico per ritirarsi nella Cappella Universitaria "restaurata di recente" (leggasi: ritinteggiata in fretta e furia per l'occasione) che si trova in un angolo appena all'ingresso della Città Univesitaria, ben lungi dall'edificio del Rettorato.
Ivi , si spera in un clima catacombale, il Papa dovrebbe incontrare quel risicato gruppo di giovani universitari, gli unici dell'Ateneo la cui ragione non è ancora uscita dallo stato di minorità, i quali ancora credono che sia il sole a girare attorno alla Terra, che ovviamente per loro è piatta.

Difficile giustificare proprio nel nostro mondo così pluralista e globalizzato il rifiuto nell'ascoltare la riflessione sapienziale di un antico professore divenuto leader di una delle religioni più numerose al mondo! Che sgarbo di risonanza mondiale sarebbe stato il contestare la presenza nell'Ateneo del Dalai Lama (che non è esattamente la reincarnazione di Auguste Compte)! Invece c'è addirittura chi ritiene la presenza del Papa “improvvida e lesiva dell’immagine de La Sapienza nel mondo”!

Non si può, per giunta, far finta di ignorare che il Papa è il Vescovo di Roma pertanto, essendo l'università La Sapienza ubicata in Roma, la sovranità spirituale del pontefice si estende legittimamente anche all'interno del perimetro della città universitaria.
Quante e quali sarebbero le credenze anti-scientifiche ed anti-progressiste che Benedetto XVI possiede in numero maggiore rispetto ai suoi predecessori da renderlo indegno di varcare i propilei della Sapienza che furono invece varcati da Paolo VI nel 1964 e da Paolo II nel 1991? Quali novelli dogmi antiscientifici sono stati, di Grazia, nel frattempo coniati dal Cattolicesimo?

Il Pontefice entrando nel "tempio" della Dea Ragione non potrà certo col solo suo rammentare la dottrina scolastica dei "preambula fidei" far crollare i pregiudizi antidogmatici degli eruditi di quella candida rosa! E' proprio così tanta la paura ( e la rabbia) al pensiero che il lineare argomentare ratzingeriano possa far collassale nelle fragili menti degli studenti universitari gli illuministici baluardi dello spirito critico?
Davvero, dai membri del mondo accademico romano, non possono essere rivolte al Vicario di Cristo se non indegne e volgari polemiche le quali altro non possono fare che risultare dannose della reputazione di chi ha ricevuto una istruzione "superiore"?


Esempio illuminante della protesta accademica contro la "benedetta" visita delo papa presso l'ateneo romano è la lettera aperta al "magnifico" Guarini dei sassantatrè "sapientini" della facoltà di Fisica che, pertanto manifestano di difettare assai di "spirito":

"Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.
In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato.
Le porgiamo doverosi saluti,

Gabriella Augusti Tocco, Luciano M. Barone, Carlo Bernardini, Maria Grazia Betti, Enrico Bonatti, Maurizio Bonori, Federico Bordi, Bruno Borgia, Vanda Bouche', Marco Cacciani, Francesco Calogero, Paolo Calvani, Paolo Camiz, Mario Capizzi, Antonio Capone, Sergio Caprara, Marzio Cassandro, Claudio Castellani, Flippo Cesi, Guido Ciapetti, Giovanni Ciccotti, Guido Corbo', Carlo Cosmelli, Antonio Degasperis. Francesco De Luca, Francesco De Martini, Giovanni Destro-Bisol, Carlo Di Castro, Carlo Doglioni, Massimo Falcioni, Bernardo Favini, Valeria Ferrari, Fernando Ferroni, Andrea Frova, Marco Grilli, Maria Grazia Ianniello, Egidio Longo, Stefano Lupi, Maurizio Lusignoli, Luciano Maiani, Carlo Mariani, Enzo Marinari, Paola Maselli, Enrico Massaro, Paolo Mataloni, Mario Mattioli, Giovanni Organtini, Paola Paggi, Giorgio Parisi, Gianni Penso, Silvano Petrarca, Giancarlo Poiana, Federico Ricci Tersenghi, Giovanni Rosa, Enzo Scandurra, Massimo Testa, Brunello Tirozzi, Rita Vargiu, Miguel A. Virasoro, Angelo Vulpiani, Lucia Zanello.
"