domenica, gennaio 27, 2008

ADVERSUS HAERESES, XII


Ovvero:
"O papa Bonifazio,
eo porto el tuo prefazio
d'emmaledizione
e scommunicazione."


Era il 20 aprile dell'anno 1303 quando, in solenne concistoro, Papa Bonifacio VIII emanava la bolla "In Supremae praeminentia Dignitatis" con la quale istituiva lo Studium Urbis , ovvero l'Università di Roma che poi avrebbe assunto il nome di "Sapienza". Papa Caetani faceva rientrare la decisione difondare una Università a Roma tra i suoi doveri pastorali di Vescovo: "alla Città delle città , cioè alla città di Roma, che la clemenza divina ha costituito capitale del mondo, Noi riserviamo un'interesse tanto più attento in quanto in essa la Provvidenza celeste ha principalemte stabilito la sede del Nostro ministero apostolico e consolidato i fondamenti della Chiesa".

Nello stesso giorno Bonifacio VIII emanava un'altra bolla con cui confermava l'elezione fatta dai principi tedeschi dell'imperatore Rodolfo d'Asburgo e in tale bolla riaffermava la dottrina della preminenza del potere spirituale su quello temporale, ammonendo: "Noi possimo dire arditamente che se tutti i principi del mondo fossero oggi alleati contro di Noi e contro questa Chiesa saremmo sempre Noi a detenere la verità e per la forza della verità Noi non arretreremmo. Noi non consideriamo [i suddetti principi] più che un fuscello di paglia".

Interessante notare che invitato a parlare alla Università della Sapienza in occasione delle celebrazioni ufficiali per l'apertura del settecentocinquesimo anno accademico, Benedetto XVI ha preparato una allocuzione tutta incentrata intorno ai due temi trattati congiuntamente dal suo antecessore di imperitura memoria all'epoca della stessa fondazione della Sapienza, cioè il ruolo e i compiti dell'Università ed il ruolo ed i compiti del Papa:
"...che cosa può e deve dire il Papa nell'incontro con l'università della sua città?
Riflettendo su questo interrogativo, mi è sembrato che esso ne includesse due altri, la cui chiarificazione dovrebbe condurre da sé alla risposta. Bisogna, infatti, chiedersi: qual è la natura e la missione del Papato? E ancora: qual è la natura e la missione dell'università?"


Ma il preventivo, e quanto mai volgare, schiaffo mediatico dei professori del dipartimento di Fisica, non tanto all'autorità pontificia di Papa Benedetto ma alla intelligenza di professore universitario di Joseph Ratzinger, ha consigliato al sedici volte e vieppiù ragionevole Benedetto di non compiere in data 17 gennaio 2008 quel pubblico segno di stima e rispetto per la "laica" Università della Sapienza, al fine di evitare che l'assembramento dei "sapienti" contestatori della "Libertas Ecclesiae" fosse per gli studenti, causa oltre che di danni intellettuali, anche causa di danni corporali.


La contestazione alla presenza fisica di un Romano Rontefice alla cerimonia accademica è stata difesa in nome della laicità dell'Università, in quanto Università statale, di quello stesso laico Stato italiano le cui massime cariche istituzionali avevano accolto -ossequiato nonchè plebiscitariamente applaudito- un papa nell'aula del Parlamento a Camere riunite!

Essendo il Papa un'autorità religiosa, che governa i fedeli con argomenti dogmatici non criticabili col metodo scientifico, pertanto, nonostante il mondo sia pieno di Università pontificie, la presenza della Sua Santità avrebbe significato un'onta per il prestigio internazionale dello scientifico lavoro accademico dei professori e studenti tutti.

Contestando poi quelli che hanno sostenuto che essendo il Pontefice anche un Capo di Stato avrebbe dovuto essere accolto con la cortesia che la diplomazia impone, si è ribattuto altresì che proprio essendo Benedetto XVI "un sovrano straniero" egli non avrebbe dovuto intervenire in un consesso che con la politica non ha nulla a che fare e men che meno con la qualsivoglia ideologia politica e religiosa! Poi però al Corriere della Sera del 16 gennaio 2008 l'adamantino professor Marcello Cini confessa: «Ho passato gran parte della mia vita concentrandomi sul comunismo e sulla fisica. Ora viviamo in un mondo in cui non c'è il comunismo e non c'è la fisica».

Forse è troppo candido chiedersi quale attentato per la libertà di coscienza degli uomini e per la democrazia dei popoli rappresenti l'esistenza stesa del Papato?
Un atteggiamento veramente laico (e non ideologicamente prevenuto) dovrebbe prendere serenamente atto del fatto che la Santa Sede agisce (ed ha sempre agito) "opportune et importune" nel campo internazionale con l'autocoscienza di rappresentare una autorità morale. Pertanto ogni italico e provinciale scandalizzato piagnisteo per l'ingerenza del Vaticano nella sfera politica, appare strumentale nonchè ideologicamente anacronistico dato che la Santa Sede ha sempre perseguito l'opera di intervento nella sfera sociale (anche durante quel lungo periodo tra il 20 settembre 1870 e l'11 febbraio 1929 in cui fu priva del potere temporale).
Non solo, proprio nel dopo Concilio c'è stato un'aumento vertiginoso del riconoscimento diplomatico del ruolo della Santa Sede da parte degli Stati delle più disparate parti del Mondo proprio perchè, venute meno le aprioristici motivazioni ideologiche, si è dovuto francamente riconoscere l'indiscusso ruolo planetario del Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica:
"questa comunità della quale il Vescovo si prende cura - grande o piccola che sia - vive nel mondo; le sue condizioni, il suo cammino, il suo esempio e la sua parola influiscono inevitabilmente su tutto il resto della comunità umana nel suo insieme. Quanto più grande essa è, tanto più le sue buone condizioni o il suo eventuale degrado si ripercuoteranno sull'insieme dell'umanità.
Vediamo oggi con molta chiarezza, come le condizioni delle religioni e come la situazione della Chiesa - le sue crisi e i suoi rinnovamenti - agiscano sull'insieme dell'umanità. Così il Papa, proprio come Pastore della sua comunità, è diventato sempre di più anche una voce della ragione etica dell'umanità
."



I più ragionevoli hanno apologizzato che Benedetto XVI doveva essere accolto in quanto professore emerito di degnissime università statali tedesche ma dall'empireo del dipartimento di Fisica si è aristocraticamente risposto che il professor Ratzinger essendo professore di Teologia si occupava di propagandare dottrine dogmatiche perciò non criticabili con i parametri della "vera" scienza.

Ora, da tali argomentazione parrebbe evidente concludere che da parte dei professori del dipartimento di Fisica c'è un sostanziale pregiudizio non tanto e solo verso la superstizione religiosa ma verso tutto lo scibile umano non classificato e classificabile dalle scienze naturali e matematiche.
Oltre lo sfoggio di pose da ottocentesco anticlericalismo positistico, gli "scienziati" de La Sapienza non hanno fino in fondo confessato che per loro le "Scienze umane", ampiamente studiate presso la Sapienza stessa, sono pseudo-scienze, non potendo usufruire dei medesimi parametri veritativi delle scienze esatte.
Conseguenza inevitabile di un simile forma mentis è la ragion per cui nella vexata qaestio dell'invito al Papa essi presuppongono che, all'interno del corpo accademico,le loro argomentazioni e valutazioni contarie alla visita papale dovessero avere un peso esponenzialmente superiore al parere del resto dei docenti.

La presunzione che li ha spinti fino ad ignorare completamente gli assunti del contemporaneo dibattito epistemologico, svela così il loro immortale odium anche quando, abbandonati i toni ottocenteschi, si camuffa da dottrina del pluralismo culturale che definisce la laicità come: il neutro terreno su cui ogni diversità può esprimersi in libertà nel rispetto dell'alterità.
Dispiace poi che l'applicazione pratica di queste larghe dottrine si riduca a plaudire al diniego a lasciar parlare il Papa in un ambiente laico al fine di evitare l'impressione che il mondo accademico approvi le pontificie e cattoliche tesi a tutto discapito e discrimine degli altri orientamenti culturali, religiosi ed ideologici. Per questi novatori del multiculturalismo (ed inventori dei una nuova categoria dello spirito quale :"l'arte dell'arredamento delle aule magne") il modello alto cui ispirarsi sarebbe una specie di Maurizio Costanzo show, o una sua mimesi.

Essendo quella della Chiesa Romana una voce del della contemporanea e secolarizzata società pluralista si sarebbe dovuto invitare il Sommo Pontefice ad una tavola rotonda con gli esponenti delle altre religioni. Purltroppo una volta assolto al tributo del politically correct rimarrebbe totalmente insoddifatta la domanda sostanziale, ovvero quello del diritto del Pontefice romano di esprimersi intorno alla categoria del "Vero" ed al concetto di "Verità"! Poichè il papa, il rabbino, il mufti, il bonzo e lo sciamano, messi attorno ad un tavolo, potranno dire delle cose classificabili come Teologia, filosofia o anche sociologia, poesia e filologia, ma per i professori del dipartimento di Fisica e per i loro seguaci, nè la teologia, nè la filosofia, nè la sociologia, nè la letteratura non sono vere scienze in quanto non rispondono appieno allo scopo di definire "la verità" e che sarebbe pertanto il campo su cui regna sovrana solo la scienza matemantica, fisica e chimica.

Invece, per il professore emerito Joseph Ratzinger (e per tutti coloro che non hanno trovato controproducente il suo ingresso nella cittadella romana del sapere scientifico) tutti i risultati dello sforzo della ragione umana sono degni di rispetto e di tale proposizione l'esistenza stessa delle Università ne è il corollario.
Ebbe a dire nel famigerato discorso all'Università statale di Ratisbona: "nonostante tutte le specializzazioni, che a volte ci rendono incapaci di comunicare tra di noi, formiamo un tutto e lavoriamo nel tutto dell'unica ragione con le sue varie dimensioni, stando così insieme anche nella comune responsabilità per il retto uso della ragione – questo fatto diventava esperienza viva. L'università, senza dubbio, era fiera anche delle sue due facoltà teologiche. Era chiaro che anch'esse, interrogandosi sulla ragionevolezza della fede, svolgono un lavoro che necessariamente fa parte del "tutto" dell'universitas scientiarum, anche se non tutti potevano condividere la fede, per la cui correlazione con la ragione comune si impegnano i teologi. Questa coesione interiore nel cosmo della ragione non venne disturbata neanche quando una volta trapelò la notizia che uno dei colleghi aveva detto che nella nostra università c'era una stranezza: due facoltà che si occupavano di una cosa che non esisteva – di Dio. Che anche di fronte ad uno scetticismo così radicale resti necessario e ragionevole interrogarsi su Dio per mezzo della ragione e ciò debba essere fatto nel contesto della tradizione della fede cristiana: questo, nell'insieme dell'università, era una convinzione indiscussa."

La laicità dello Stato pertanto non può nè deve essere confuso con la pretesa imporre l'agnosticismo alla società e alla cultura come ha ben espesso il Presidente francese Nicolas Sarkozy nella sua allocuzione ai notabili mussulmani durante il suo viaggio ufficiale in Arabia Saudita: "In quanto capo di uno stato che si fonda sul principio di separazione tra chiesa e stato, ho il dovere di fare in modo che ciascuno, che sia ebreo, cattolico, protestante, musulmano, ateo, massone o razionalista (...) si senta libero, si senta rispettato nelle proprie convinzioni, nei propri valori, nelle proprie origini. Ma ho anche il dovere di preservare l’eredità di una grande storia, di una cultura e, oso la parola, di una civiltà. E non conosco paesi la cui eredità, la cui cultura, la cui civiltà non abbiano radici religiose. In fondo a ogni civiltà c’è qualcosa di religioso, qualche cosa che viene dalla religione. Forse ciò che vi è di universale nelle civiltà è l’aspetto religioso. Sono le religioni, malgrado tutti i misfatti che hanno potuto essere perpetrati in loro nome, che ci hanno insegnato per prime i principi della morale universale, l’idea universale della dignità umana, il valore universale della libertà e della responsabilità, dell’onestà e della rettitudine."



Insomma il Papa recandosi alla Sapienza aveva deliberatamente l'obbietivo di corrompere le menti dell'augusto uditorio riaffermano che l'uso della Ragione non può mai prescindere dalla formulazione di una qualsivoglia impostazione metafisica: "Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga" come ha sostenuto garibaldinamente il fisico Cini.

Degna di nota la posizione dei cari fratelli protestanti italiani per bocca dell'autorevole pastore Daniele Garrone, decano della Facoltà valdese di teologia che così ammonisce le "pecore matte":
"Il Papa non è un semplice accademico che sostiene tesi controverse o formula ipotesi non condivise da pochi o da molti. Il Papa parla di valori non negoziabili, non formula ipotesi; pretende di esplicitare la verità; si pronuncia non come esponente di una delle varie religioni e confessioni presenti sulla agorà, ma come esperto di umanità in grado di indicare i fondamenti dello Stato e i criteri di una corretta laicità. Il Papa pretende di sapere per tutti noi come si debbano rettamente coniugare fede e ragione. Se vogliamo, il Papa è anche l’ultimo sovrano assoluto per diritto divino. Benedetto XVI bolla la ricerca del pensiero scientifico e filosofico della modernità “post-cristiana” come dittatura del relativismo. Cioè pronuncia una drastica censura nei confronti di quello che è lo spirito della ricerca libera e senza presupposti che spero presieda all’insegnamento nelle nostre università. Benedetto XVI persegue, con grande intelligenza, una strategia di rimonta nei confronti della società laica e pluralista."

Una novella islamica racconta che il buon Gesù diceva sempre bene di tutti tanto che un giorno volgendo lo sguardo sulla fetida carogna di un cane ebbe a lodare la bianchezza dei denti. Il buon pastore valdese non lesina di riconoscere la "grande intelligenza" del sedici volte Benedetto. E visti i tristi tempi non appare affatto pleonastico il riaffermare che al Pontefice l'intelleto ed il ragionamento non difettano! Appare comunque sconsolante che da simili pulpiti si faccia un ritatto caricaturali di una Chiesa e del suo Papa per il fattio che: "Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare qua e lá da qualsiasi vento di dottrina, appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni."

Ma per il sedici volte e vieppiù raziocinante Benedetto, avere una fede chiara, sifnifica avere anche fiducia nella forza della Ragione che chiarifica, purifica, illumina ed addita il "quid est veritas". Perciò in virtù di tale dede e di tale fiducia può aferanare: "Varie cose dette da teologi nel corso della storia o anche tradotte nella pratica dalle autorità ecclesiali, sono state dimostrate false dalla storia e oggi ci confondono.

Ma allo stesso tempo è vero che la storia dei santi, la storia dell'umanesimo cresciuto sulla basa della fede cristiana dimostra la verità di questa fede nel suo nucleo essenziale, rendendola con ciò anche un'istanza per la ragione pubblica. Certo, molto di ciò che dicono la teologia e la fede può essere fatto proprio soltanto all'interno della fede e quindi non può presentarsi come esigenza per coloro ai quali questa fede rimane inaccessibile.
(...)Con ciò ritorno al punto di partenza. Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell'università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità"


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