giovedì, gennaio 10, 2008

Amicus Plato sed magis amica Santippe, VI

Sive: Initium Sapientiae Timor Domini.


Durante la riunione del Senato Accademico dell'Università La Sapienza di Roma avvenuta in data 23 ottobre 2007 il Rettore Magnifico Renato Guarini comunicò che il successivo venerdì 30 novembre si sarebbe svolta nell'Aula Magna del Rettorato l'inaugurazione dell'anno accademico 2007-2008 (il settecentocinquesimo dalla fondazione). A conclusione della cerimonia, annunciò il rettore, Papa Benedetto XVI avrebbe offerto all'eletto uditorio una "lezione magistrale"!

Ma poichè a differenza del buon Giovanni Paolo II il sedici volte Benedetto non è paralizzato su una sedia a rotelle e non ha la mandibola atrofizata cosicchè egli non si esprime solo con poche biascicate parole ma riesce ad enunciare, col suo teutonico eloquio, ragionamenti articolati e ben argomentati, ecco che: alcuni illuminati docenti dello Studium Urbis si sono garibaldinamente ribellati all'ingerenza clericale nell'università fondata da Papa Bonifacio VIII.

Il "magnifico" Renato Guarini ha pertanto dovuto prendere dei provvedimenti per minimizzare le proteste degli spiriti liberi; ragion per cui la cerimonia d'inaugurazione è stata posticipata al 17 gennaio 2008 ma secondo una acconcia nota emanata dall'ateneo romano non a causa delle grottesche professioni di ghibellinismo di parte del corpo accademico ma esclusivamente per sovrana disposizione pontificia: "Benedetto XVI, che intendeva compiere una visita pastorale alla Sapienza, ha espresso la volontà di incontrare la comunità universitaria in questa particolare occasione"!

La cerimonia prevede la consueta relazione introduttiva del Magnifico Rettore alla quale seguiranno gli interventi del rappresentate degli studenti e di quello del personale tecnico amministrativo. La lectio magistralis “Pena senza morte” sarà pronunciata dal professor Mario Caravale, docente di storia del diritto italiano, alla presenza del sindaco di Roma Walter Veltroni e del ministro dell’Università e della ricerca Fabio Mussi.

Solo al termine della "laica" cerimonia ufficiale ("Un Papa che incarna uno dei poteri forti che fa di interiorizzazioni millenarie e moraliste la sua battaglia cattopolitica, rendendosi artefice di un forte arretramento culturale. Un Papa che, condannando secoli di crescita scientifica e culturale, afferma dogmi anacronistici quali il creazionismo, attacca il libero pensiero scientifico e ci propone l'eterosessualità obbligata. Un Papa che vorrebbe relegare la donna ai soli ruoli di madre e moglie": un Papa non certo peggiore di tanti altri, insomma) potrà fare il suo ingresso in quell'Aula Magna, divenuta per un giorno il catafalco dell'orgoglio laico, per rivolgere "un saluto ai presenti, senza in alcun modo influenzare -percaritàddiddio!-lo svolgimento della cerimonia accademica"!

Che con la sua sola presenza Benedetto XVI possa mettere in crisi "la santità" dell'accademica cerimonia? Di che avevano paura le autoproclamatisi vestali della scienza e del progresso illuministico? Forse che Benedetto XVI con la sola imposizione delle mani facesse saltare l'impianto di amplificazione, con le sue giagulatorie provocare la combustione spontanea delle toghe dei magnifici professori, o che alzando la mano benedicente facesse crollare il mastodontico (e fascistissimo) affresco di Mario Sironi per farvi apparire miracolosamente una crocifissione del Beato Angelico?

Il sedici volte Benedetto offrirà, pertanto, il suo saluto ("a cose fatte") alla comunità universitaria che lo ha "accolto". Si è detto, poi, che il "suo saluto" sarebbe stato anche "una sua riflessione" e nel programma definitivo si parla di "Discorso".
Orbene, dopo queste baronali forche caudine il sedici volte mite e pio Benedetto lascerà quel laico palcoscenico per ritirarsi nella Cappella Universitaria "restaurata di recente" (leggasi: ritinteggiata in fretta e furia per l'occasione) che si trova in un angolo appena all'ingresso della Città Univesitaria, ben lungi dall'edificio del Rettorato.
Ivi , si spera in un clima catacombale, il Papa dovrebbe incontrare quel risicato gruppo di giovani universitari, gli unici dell'Ateneo la cui ragione non è ancora uscita dallo stato di minorità, i quali ancora credono che sia il sole a girare attorno alla Terra, che ovviamente per loro è piatta.

Difficile giustificare proprio nel nostro mondo così pluralista e globalizzato il rifiuto nell'ascoltare la riflessione sapienziale di un antico professore divenuto leader di una delle religioni più numerose al mondo! Che sgarbo di risonanza mondiale sarebbe stato il contestare la presenza nell'Ateneo del Dalai Lama (che non è esattamente la reincarnazione di Auguste Compte)! Invece c'è addirittura chi ritiene la presenza del Papa “improvvida e lesiva dell’immagine de La Sapienza nel mondo”!

Non si può, per giunta, far finta di ignorare che il Papa è il Vescovo di Roma pertanto, essendo l'università La Sapienza ubicata in Roma, la sovranità spirituale del pontefice si estende legittimamente anche all'interno del perimetro della città universitaria.
Quante e quali sarebbero le credenze anti-scientifiche ed anti-progressiste che Benedetto XVI possiede in numero maggiore rispetto ai suoi predecessori da renderlo indegno di varcare i propilei della Sapienza che furono invece varcati da Paolo VI nel 1964 e da Paolo II nel 1991? Quali novelli dogmi antiscientifici sono stati, di Grazia, nel frattempo coniati dal Cattolicesimo?

Il Pontefice entrando nel "tempio" della Dea Ragione non potrà certo col solo suo rammentare la dottrina scolastica dei "preambula fidei" far crollare i pregiudizi antidogmatici degli eruditi di quella candida rosa! E' proprio così tanta la paura ( e la rabbia) al pensiero che il lineare argomentare ratzingeriano possa far collassale nelle fragili menti degli studenti universitari gli illuministici baluardi dello spirito critico?
Davvero, dai membri del mondo accademico romano, non possono essere rivolte al Vicario di Cristo se non indegne e volgari polemiche le quali altro non possono fare che risultare dannose della reputazione di chi ha ricevuto una istruzione "superiore"?


Esempio illuminante della protesta accademica contro la "benedetta" visita delo papa presso l'ateneo romano è la lettera aperta al "magnifico" Guarini dei sassantatrè "sapientini" della facoltà di Fisica che, pertanto manifestano di difettare assai di "spirito":

"Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.
In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato.
Le porgiamo doverosi saluti,

Gabriella Augusti Tocco, Luciano M. Barone, Carlo Bernardini, Maria Grazia Betti, Enrico Bonatti, Maurizio Bonori, Federico Bordi, Bruno Borgia, Vanda Bouche', Marco Cacciani, Francesco Calogero, Paolo Calvani, Paolo Camiz, Mario Capizzi, Antonio Capone, Sergio Caprara, Marzio Cassandro, Claudio Castellani, Flippo Cesi, Guido Ciapetti, Giovanni Ciccotti, Guido Corbo', Carlo Cosmelli, Antonio Degasperis. Francesco De Luca, Francesco De Martini, Giovanni Destro-Bisol, Carlo Di Castro, Carlo Doglioni, Massimo Falcioni, Bernardo Favini, Valeria Ferrari, Fernando Ferroni, Andrea Frova, Marco Grilli, Maria Grazia Ianniello, Egidio Longo, Stefano Lupi, Maurizio Lusignoli, Luciano Maiani, Carlo Mariani, Enzo Marinari, Paola Maselli, Enrico Massaro, Paolo Mataloni, Mario Mattioli, Giovanni Organtini, Paola Paggi, Giorgio Parisi, Gianni Penso, Silvano Petrarca, Giancarlo Poiana, Federico Ricci Tersenghi, Giovanni Rosa, Enzo Scandurra, Massimo Testa, Brunello Tirozzi, Rita Vargiu, Miguel A. Virasoro, Angelo Vulpiani, Lucia Zanello.
"

2 commenti:

Duque de Gandìa ha detto...

© Copyright Il Giornale, 14 gennaio 2008 "...infine Andrea Rivera, se non altro perché, dopo le sue esternazioni sul Vaticano sul palco del Concerto del Primo Maggio, persino l’Osservatore Romano lo aveva crocefisso. Lì per lì riassume: «Sarà poco probabile che vada alla Sapienza, quella sera mi esibisco a Gattatico».

Poi però racconta tutto per filo e per segno: «Io non conosco questi ragazzi dei collettivi, sono stato contattato solo via email. Ma non voglio essere strumentalizzato: strumentalizzate tutto ma non la satira». Oddio, certe volte Andrea Rivera non usa giri di parole e la sua satira fa male, qualche volta anche gratis. Però stavolta dice: «Non parlo mai contro: io parlo su. E in questo caso mi viene da chiedermi: perché impedire la presenza del Papa? Prima ascoltiamo che cos’ha da dire, poi ironizziamo. Magari può fare un discorso contro le tasse universitarie troppo elevate e allora non avrei nulla da ridire».

E poi chiude scherzando: «Mica sono io il critico ufficiale del Papa. Altrimenti dovrei stare tutte le domeniche a San Pietro. E poi non sono neanche ateo, sono credente part time».

Duque de Gandìa ha detto...

Lungo estratto dall'articolo di LANFRANCO PACE sul FOGLIO di venerdì 18 gennaio 2008:

"...La vicenda sarebbe rimasta un semplice epifenomeno, un sintomo ordinario di malessere generazionale e miseria accademica se anche la politica non ci avesse messo del suo.
E’ mai possibile che non arrivi mai in tempo, che sia perennemente in ritardo e non sappia fare altro che entrare in modo scomposto a cose fatte?
Passi l’emergenza sicurezza, passi anche l’emergenza rifiuti: emergono da tanto tempo che ormai sembrano di normale amministrazione e poi sono oggettivamente complicati. Ma il Papa, no: si sapeva da settimane dell’invito rivoltogli dal rettore e che una minoranza della minoranza si preparava a contestarlo.
Allora delle due l’una. O il presidente del Consiglio e il ministro dell’Università pensavano che si trattasse di una mattana goliardica che sarebbe rientrata da sola. Oppure pensavano che la vicenda non li riguardasse, che al massimo potesse essere un problema di ordine pubblico, senza ripercussioni sull’immagine internazionale del paese che governano. In tutti e due i casi, l’hanno fatta fuori dal vaso.

E’ quanto meno singolare che non ci sia stata nessuna reazione, nessuna iniziativa, nessuna indignazione “prima” della decisione di Benedetto XVI di annullare la visita.
Dopo sì, dopo tanti hanno preso un’aria contrita, in Parlamento il ministro ha persino detto che si è trattato di un episodio grave, molto grave.
Appare inspiegabile il laissez-faire di Romano Prodi, cattolico e leader politico che annette grande importanza alla qualità delle sue relazioni con la chiesa.

Ma ancora più inspiegabile e in parte equivoco è il comportamento di Fabio Mussi. D’Alema, fuori di sé, ha detto che “abbiamo un’altra bella palata di fango addosso” grazie ai professori.
Ma i professori universitari, si sa che dovrebbero essere il pane quotidiano del ministro Mussi. Quelli poi come il caposcuola Cini e i suoi allievi dovrebbero esserlo due volte, se non altro per la passata militanza nel Pci e per il persistere di una certa affinità ideologica.
Perché non se ne è fatto carico, perché non è intervenuto nella polemica? Nascondersi dietro il rispetto dell’autonomia dell’università e il dovere di riserva a cui è tenuta l’autorità di tutela fa sorridere. Soprattutto se il ministro ha già dimostrato di essere interventista vigile e severo in tante occasioni, per dirne una sulla laurea honoris da assegnare alla rampolla Ligresti.

Non che Mussi avrebbe dovuto fare chi sa cosa. Gli sarebbe bastato prendere carta e penna e scrivere a sua volta una lettera aperta a Marcello Cini e agli altri. Non da ministro a professore, ma da scienziato a scienziato, da filosofo a filosofo, da epistemologo a epistemologo, perché no da marxista a marxista, magari da ex a ex, in fondo gli ex mantengono sempre le chiavi del codice comune e dirsi le cose in modo più efficace di quanto possano fare gli altri.
Gli sarebbe bastato dunque controbattere i loro argomenti con altri argomenti, contrapporre alla loro visione dei rapporti tra scienza e fede, tra il mondo accademico e qualsiasi autorità religiosa, una visione meno povera e rozza.
Gli sarebbe bastato dire prima che lo facessero altri come stava davvero la vaexata questio di Ratzinger e Feyerabend sul processo della chiesa a Galileo. Ne sarebbe venuta fuori una bella battaglia di cultura e di modernità, di quelle che i capi della sinistra dicono sempre di desiderare, di voler fare e che poi non fanno.
Far esplodere una contraddizione in termini civili e con argomenti ricchi, avrebbe anzitutto reso un servizio agli studenti della cui formazione il ministro dell’Università è comunque responsabile, avrebbe inoltre costruito il giusto contesto, il giusto clima per la visita del Papa. E infine avrebbe fatto fare un passo avanti alla sinistra, quindi a tutto il paese. Che invece è stato proiettato in un passato vecchio di anni, come ha detto il presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Sarebbe dunque bastata una lettera. Una bella densa lettera.
Viene il sospetto che se non l’ha scritta è perché nel suo foro interiore è d’accordo con gli argomenti dei contestatori. Come si dice, a pensare male eccetera eccetera.
Lanfranco Pace