domenica, marzo 16, 2008

Delle Cinque Piaghe del Nuovo Lezionario della Santa Chiesa

Ovvero: "Te possino dà tante cortellate/ pe quante messe ha detto l'arciprete/ Pe quante messe ha detto l'arciprete/ pe quante vorte ha detto: orate frate/.



Sant'Alfonso de Liguori diffuse una divota "Orazione a Gesù Crocifisso" al fine di meditare sovente i misteri della nostra redenzione: "cominciando da ciò che disse di Voi, o mio Gesù, il santo Profeta Davide: Traforarono le mie mani e i miei piedi ed enumerarono tutte le mie ossa."

A differenza di ciò che riteneva Sant'Alfonso, la Santa Madre Chiesa prendendo atto degli sviluppi storico-critici non attribuisce più al "santo profeta Davide" la compilazione di tutti e centocinquanta salmi del salterio, e nel frattempo la corrente traduzione della Bibbia in lingua italiana, abbandonando le affettazioni settecentesce, recita: "Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa" (Salmo 21,17-18).
Non di meno, però, la tradizione cristiana non ha mai cessato di additare nel Salmo 21 -che principia con le parole "Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?" - un testo vaticinante l'opera redentiva del venturo Messia d'Israele. Fu lo stesso Cristo in croce ad intonare il primo versetto di quel salmo quasi volendo invitare gli astanti a comparare quell'antico testo delle Sacre Scritture con la scena che sul Golgota si stava avverando ed inverando.

Tutti e quattro gli Evangelisti sottolineano, manifestando così la convinzione della primitiva comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme, che la Passione, morte, Risurrezione di Gesù di Nazaret si compirono "secondo le Scritture".

Di questa costante fede cristina del compimento di tutte le promesse messianiche nella persona dell'ebreo Gesù di Nazaret, ne è garante il culto liturgico che, massimamente nella Settimana Santa, ripropone, all'orecchio, alla mente, ed al cuore del credente in Cristo, non soltanto quei brani del Nuovo Testamento che enarrano la Passione ma anche quei brani delle antiche scritture di Israele che ne paiono una terribile e mirabile descrizione profetica.

Il pio cattolico, pertanto, che la domenica popolarmente detta "delle palme" partecipa alla liturgia eucaristica detta "In Passone Domini" (a causa dell'antica tradizione della Chiesa Romana di proclamare in tal giorno l'intero racconto evangelico della Passione di Cristo) ripeterà fervorosamente quale antifona al "salmo responsoriale" il famigerato grido di Gesù in Croce "Dio mio,Dio mio, perchè mi hai abbandonato?" mentre opportunamente il lettore intercalerà alcuni versetti tratti dal Salmo 21.

E venne il giorno in cui la Conferenza Episcopale Italiana diede alle stampe un nuovo lezionario festivo, entrato in vigore dall prima domenica di Avvento dell'anno liturgico 2007-2008 e che suscitò un certo clamore giornalistico per l'aver sostituito il "Ti saluto" dell'Arcangelo Gabriele alla Santa Vegine con il più corretto "Rallegrati"; aver sostituito l'infausta e plurisecolare traduzione "non ci indurre in tentazione" del Pater noster con il più opportuno " non abbandonarci alla tentazione"; o con decisioni assai più discutibili come l'aver sostituito un termine "desueto" quale Mammona con il più prosaico termine "ricchezze".

Pertanto i cattolici fedeli e praticanti nella domenica "delle palme" del 16 marzo 2008 hanno ascoltato il tproclamare al salmo responsoriale la seguente strofa rivisitata dai sommi liturgisti e parolieri della Chiesa di Dio pellegrina in Italia:
"Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa."

"Hanno scavato"?
Perchè sostituire il verbo forare col verbo scavare?
Non sia considerato irrispettoso della sacra Gerarchia ed irriguardoso degli illuminati esegeti interrogarsi sulle motivazioni che hanno poratato ad una simile decisione.
Non si può certo dubitare che il testo ebraico dell'antico salmo riporti un termine che in espressione italiana possa essere tradotto proprio ed esattamente con "scavare" ma è pur vero, ed i buoni sacerdoti dai loro pulpiti son soliti rammentarlo quando son costretti a declamare espressioni assai dure del buon Gesù, che le lingue semitiche son assai povere di termini e perciò poco amanti delle sfumature semantiche.

Ragion per cui il verbo "scavare" riferito a "mano" risulterebbe una bella metafora per un poeta simbolista di fine Ottocento, ma appare sconcertante se messo in bocca alla severa prosa di un biblico agiografo! La proposizione "Scavare in una mano", infatti, può significare solo "provocare una ferita in una mano" a meno che non si intenda quale espressione metaforica ma il tal caso è impossibile, non solo per chi legge il salmo applicandolo al contesto alla crocifissione di Cristo ma anche solo nel contesto veterotestamenario tout court: è evidente che il salmista stà descrivendo la situazione esistenziale di un essere umano angosciato spicologicamente ed angustiato fisicamente.

Se -obbedendo agli imperscrutabili decreti della volontà divina- i sommi italici esegeti e liturgisti non gradivano il verbo "forare", avevano tutta una gamma di sfumature prima di approdare a qiell'imbarazzante "Hanno scavato le mie mani e i miei piedi"! "Hanno ferito", "hanno bucato", "hanno perforato", "Hanno traforato", "hanno trapanato", "hanno bucherellato", "hanno scavicchiato", "hanno violato la privacy delle mie mani e dei miei piedi"!
Niente poteva essere meno opportuno, niente poteva essere più lontano dalla descrizione delle sacre stimmate di Gesù Cristo di quel vagamente metaforico "scavare"!

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