giovedì, ottobre 30, 2008

CASTRUM DOLORIS, XVII


"La cripta dei Cappuccini, via Veneto

Agli spagnoli, i siciliani, i leccesi, i messicani, gli a manti di Halloween di Dario Argento che magnificano le meraviglie del proprio barocco raccapricciante, i romani sono autorizzati a controbattere con lo spettacolo della cripta dei Cappuccini in via Veneto, compreso il sacello dove riposa Padre Mariano (1906-1972), il frate che parlava in televisione al tempo monocolore e monocanale, chiudendo i propri discorsi con l’inamovibile: “Pace e bene a tutti”. *
La cripta è infatti cosa davvero unica, forse nascosta rispetto all’occhio del visitatore ignaro o accecato soltanto dal binomio via Veneto-Dolce Vita, e dunque mignotte, cocaina e attori famosi, ma comunque degna di ogni possibile attenzione.

Se le catacombe palermitane, dove i morti sono attaccati alle nicchie con gli abiti del proprio mestiere, già viste nel film di Francesco Rosi Cadaveri eccellenti, vanno associati alla teatralità espressionistica per la loro ridondanza scenografica, nel caso della sede romana bisogna pensare piuttosto all’astrazione pura, Mondrian piuttosto che Munch, lì infatti le ossa umane sono utilizzate come nel lego, per realizzare una decorazione perietale. Ai cappuccini di via Veneto le vertebre, le costole , i bacini, i femori e quant’altro, cartilagini comprese, servono a comporre l’ornato delle cripte. Qualcuno infatti a suo tempo pensò a incollare, uno dopo l’altro, tanti pezzetti d’ossa alle pareti. Il discorso profondo che se ne deduce riguarda il libro dell’Eccesiaste, serve anzi a smentire i capisaldi di quel testo: non è vero che tu, da morto, non servi più a nulla, guarda bene qui e scoprirai che non si butta niente nella versione più gagliarda del barocco.

Nell’ordine troviamo la cripta della risurrezione, la cripta dei teschi, la cripta dei bacini con un grande baldacchino (di bacini, ovviamente) dal quale pende un fregio di vertebre più il rosone centrale della volta formato da sette scapole con pendagli di altrettante vertebre. La cripta delle tibie e dei femori con un tondo di mandibole ornato di nuovo di vertebre e due grandi fiori laterali formati da scapole con pendagli dempre di vertebre. La cripta dei tre scheletri, dove alcuni piccoli scheletri (amati defunti di casa Barberini) sorreggono con una mano un cranio alato.
Nel sito ufficiale www.cappucciniviaveneto.it, è possibile leggere: “Verso la metà del 1700, con interventi successivi fino al 1870, questo luogo di sepoltura, di preghiera e di riflessione per cappuccini –che vi scendevano ogni sera prima di andare a riposare- è stato trasformato in un’opera d’arte, per trasmettere il messaggio che la morte ferma ferma le porte del tempo e apre quelle dell’eternità”. Giovedì chiuso."

(FULVIO ABBATE; ROMA, guida non conformista alla città; Cooper 2007)



* [Il sarcastico Abbate, che a stento riesce a trattenere il raccapriccio per le manifestazioni del sacro di quella Roma pontificia assoggettata alla da lui definita "vermiglia pantofola chiodata", pone erroneamente il sacello del padre cappuccino Mariano da Torino nella cripta mentre quel gran Servo di Dio è sepolto nella Chiesa della Concezione, sotto lo sguardo del celeberrimo San Michele Arcangelo di Guido Reni, entrando, la prima cappella a destra.]

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