lunedì, dicembre 08, 2008

LA DIVINA PASTORA [10]


Ovvero: "HA GUARDATO ALL'UMILTA' DELLA SUA SERVA"

Nel suo secondo concistoro per la creazione di ventitrè nuovi cardinali, Benedetto XVI cooptò tra i membri del Sacro Collegio anche l’arcivescovo di Parigi, monsignor Andrè Armand Vingt-Trois. E poiché il cognome del suddetto prelato suona come il numero ventitrè in lingua francese ciò diede adito negli ambienti ecclesiastici ad allusioni umoristiche e divertiti calambour.

La creazione del cardinal Vingt-Trois in un concistoro in cui i cardinali erano esattamente “ vingt-trois” è stata davvero l’unica nota di vivacità nella biografia di un’Eminenza per molti versi assai grigia: parigino, ha frequentato il Seminario di San Sulpicio, laureatosi in teologia morale all'Institut Catholique per poi tornare a San Sulpicio quale professore di Morale e particolarmente edotto nelle problematiche della morale sessuale e della bioetica (quasi un Tettamanzi alla francese).

La sua fortuna fu di essere mandato a fare il viceparroco di monsignor Jean-Marie Lustiger e quando nel 1981, contro ogni previsione, Lustiger fu prescelto da Giovanni Paolo II quale nuovo arcivescovo della capitale francese lo volle suo "Vicario Generale" e poi Vescovo ausiliare.
Per i buoni uffici del suo patrono divenne membro di un dicastero della Curia Romana (il Pontificio Consiglio della famiglia) e nel 1999 fu elevato ad arcivescovo nella piccola ma prestigiosa cittadina di Tours; l’11 di febbraio del 2005, festa di Notre Dame de Lourdes, la Santa Sede annunciava che il vescovo Vingt-Trois da successore di San Martino diventava successore di Jean-Marie Loustiger del quale, dopo avergli dato personalmente l’estrema unzione, con il concistoro del 24 novembre 2007 ne ereditava anche il Titolo cardinalizio di San Luigi dei Francesi.
Presidente della Conferenza Episcopale francese, nonchè Ordinario militare di Francia, ha cercato di declinare al meglio la nuova dottrina Sarkozy sulla laicità “positiva”, ovvero sul benemerito contributo delle religioni alla costruzione dell’etica pubblica.


Il 6 novembre 2008 durante i lavori dell’Assemblea plenaria dei vescovi francesi, riunita a Lourdes in occasione del giubileo delle apparizioni, il ventitrè volte Presidente dei vescovi gallici è stato la causa di una polemica intra ecclesiale:“cherchè la fame”.
Se, infatti, il presidente Sarkozy ha rischiato di perdere il favore dei cittadini francesi a causa della passione per la bella “Carlà”, il presedente dei vescovi francesi è stato oggetto del giusto sdegno dei cattolici francesi a causa della propria misogenia; ai microfoni di una radio cattolica ha risposto negativamente intorno all’ipotesi del conferimento del sacerdozio alle donne con frasi del tipo: “non basta portare la gonna, bisogna avere qualcosa nella testa” ed “è difficile avere delle donne ben preparate”.

Probabilmente, primi e principali vittime di una cultura “presidenzialista” sono stati i corrispondenti dell’emittente cattolica i quali avranno ritenuto loro dovere -e fonte di salvezza- rendere edotti i fedeli ascoltatori sul “programma di governo” del "presidente dei cattolici francesi". Quasi che, intorno a decisioni su cui si è già, -più volte e diffusamente- solennemente espresso il magistero pontificio, il vescovo della ville lumiere abbia il potere di prendere decisioni più “illuminate”!
Il test sul tasso di progressismo o di integralismo presente nel sangue dei porporati è giochino idiota (e quanto mai inutile) che i giornalisti cattolici dovrebbero lasciar fare a quei commentatori cui l’orgoglio del proprio laicismo è pari solo alla propria ignoranza religiosa. Inoltre non si capisce che bisogno ci fosse nel tirare in ballo il sacerdozio femminile dato che l'argomento dibattuto in quei giorni dall'episcopato francese era la bioetica, o per meglio dire una maggior e migliore preparazione del clero e degli operatori pastorali in genere, nel pernicioso dibattito tra etica e progresso della tecnologia medica! A meno che l'intervistatore non partisse dal presupposto che una donna sia a priori più preparata su argomenti medici e ginecologici in paricolare, e di conseguenza, che per una donna avere un "padre spirituale" femmina sarebbe un gran vantaggio.

La risposta del porporato, per cui il diniego al sacerdozio femminile veniva giustificato da presunta congenita deficienza intellettiva muliebre (oltre che dar prova del pessimo senso dell’umorismo dell’eminentissimo Vingt-Trois), più che sintomo di misogenia è sintomatica dell’autocomprenzione e dell’autorappresentazione del clero francese: il clero gallico non si considera tanto una casta sacerdotale quanto piuttosto un club intellettuale (proprio questo ha impedito al cattolicesimo francese di essere una Chiesa di popolo).

Lo sdegno, lo scandalo ed il raccapriccio per le misogine dichiarazioni del cardinal Andrè Vingt-Trois si sono eloquentemente manifestati nelle migliaia di e-mail e telefonate di protesta che hanno subissato la redazione della radio così come l’arcivescovado parigino, costringendo a pubbliche prese di posizione di esponenti del mondo ecclesiale transalpino.
L’associazione cattolica "Le Reseaux des parvis" ha indirizzato all’Eminentissimo una lettera aperta per esecrare «il disprezzo nei confronti delle donne [che] mette in pericolo l’equilibrio di tutta la società, anche dietro la copertura dell’umorismo». Lo stesso portavoce dell’arcidiocesi di Parigi ha dovuto riconoscere che: «si tratta di una frase maldestra, è vero, ma non si può per questo accusarlo di misoginia». Al colmo dell'ignominia, mercè comunicato stampa, il medesimo Vingt-Trois pubblicamente si batteva il petto invocando il perdono per aver peccato contro l’altra metà del cielo.

La mite sottomissione del porporato alla gogna mediatica non è bastato ad estinguere il fuoco dello zelo per la casa di Dio di un gruppo di devote intellettuali cattoliche che unitesi in un comitato battezzato acconciamente "Comitato in gonnella" ha chiesto che sia un tribunale a condannare il cardinale alle pubbliche scuse.
Ma poichè come ci ammonisce la Sacra Scrittura, la donna sà essere "Terribile come un esercito schierato per la battaglia", il tribunale a cui il "Comitato in gonnella" ha sporto denuncia non è un tribunale dello Stato francese ma il tribunale ecclesiastico dell'Arcidiocesi di Parigi! Il comitato delle pie filosofe e teologhe attende con fiducia che il tribunale ecclesiastico condanni il cardinal Vingt-Trois per aver esposto una dottrina contraria a quello che invece viene solennemente proclamato nei sacri canoni del Codice di Diritto Canonico, ovvero l'uguale dignità di tutti i fedeli cattolici:"che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo" (canone 204).

Ed in effetti, fossimo Noi i giudici del ventitrè volte grigio arcivescovo parigino, non potremmo far altro che condannare le sue dichiarazioni radiofoniche poichè la teologia cattolica ha sempre insegnato che: alle donne il sacerdozio è negato in quanto donne e non in quanto le donne siano meno intelligenti dei maschi o meno capaci di cogliere, assimilare e trasmettere le verità dogmatiche della fede cattolica. Anzi da un punto di vista che potremmo definire della "intelligenza della fede" lo stesso vertice del Magistero ecclesiastico ha definito solennemente che la dottina secondo cui l'autorità di pascere i fedeli è riservato per diritto divino agli Apostoli ed ai loro successori "non significa in nessun modo una minore stima della sublime missione che la donna ha in mezzo al Popolo di Dio.
Al contrario, la donna, entrando a far parte della Chiesa con il Battesimo, partecipa del sacerdozio comune dei fedeli, che la abilita e le fa obbligo di professare dinanzi agli uomini la fede ricevuta da Dio per mezzo della Chiesa. E in tale professione di fede tante donne sono arrivate alle cime più elevate, fino al punto che la loro parola e i loro scritti sono stati luce e guida dei loro fratelli. Luce alimentata ogni giorno nel contatto intimo con Dio, anche nelle forme più nobili dell’orazione mistica, per la quale San Francesco di Sales non esita a dire che posseggono una speciale capacità": così dichiarava solennemente il Papa Paolo VI nel 1970 proclamando Santa Teresa d'Avila, prima fra tutte le donne, Dottore della Chiesa Universale.

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