domenica, febbraio 08, 2009

San Giovanni "Degollado" [y cuatro]


Ovvero: "Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura.
Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. (Marco V,15-16)



Padre Álvaro Corcuera fu eletto “direttore generale” della Legio Christi nell’anno 2005 quando l’ottantacinquenne “fundador” Padre Marcial Maciel Degollado rifiutò la rielezione plebiscitaria offertagli dai suoi legionari, ritenendo opportuno che si procedesse all’elezione del proprio successore. E ciò fu tanto più opportuno poiché nel maggio 2006, a fronte delle reiterate denuncie di abusi sessuali provenienti da ormai canuti ex legionari, la Congregazione per la dottrina della fede, pur escludendo un processo canonico per rispetto alla veneranda età dell’inquisito, “condannerà” il P.Maciel Degollado a scomparire dalla scena di questo mondo.
Per i figli spirituali che lo chiamavano devotamente “il padre nostro” quella decisione della Curia Romana era da considerarsi l’ultima goccia dell’amaro calice che “el fundador”, e con lui i centinaia di sacerdoti legionari, e tutte le migliaia di aderenti al movimento laicale Regnum Christi hanno dovuto sorbirsi per decenni a causa di ciò che essi ritenevano essere una diabolica persecuzione.

Quasi in coincidenza col primo anniversario della dipartita del fondatore dei legionari (30 gennaio 2008), il 3 febbraio 2009 due agenzie stampa cattoliche statunitensi il “National Catholic Reporter” e “Catholic News Agency” hanno battuto la notizia che il padre Macial Degollado ha condotto una doppia vita, avendo avuto una lunga relazione con una donna dalla quale ha avuto “almeno” una figlia. Immediatamente Jim Fair, portavoce dei Legionari degli Stati Uniti, confermava ufficialmente che non si trattava affatto di infamanti calunnie ma che effettivamente da una inchiesta interna dei Legionari di Cristo sono emersi “fatti sorprendenti, difficili da comprendere" e "comportamenti inappropriati per un sacerdote cattolico". La notizia rilanciata dal New York Times veniva diffusa in Italia il giorno appresso da un comunicato stampa dell’ASCA che riportava le dichiarazioni del portavoce "romano" dei legionari, il padre Paolo Scarafoni, il quale “ha affermato di non poter negare questi fatti ma di non voler scendere in dettagli per rispetto della privacy delle persone coinvolte.”

I mass media italiani si sono limitati a riportare spassioanatamente la nota d’agenzia; intere giornate sono poi passate senza che i siti internet degli italici specialisti di cose vaticane dedicassero un qualche approfondimento alle clamorose ammissioni dei Legionari. Anzi: nemmeno hanno fatto il benché minimo accenno ad una vicenda che in altri tempi avrebbe occupato per giorni le prime pagine dei giornali. Evidentemente nel 2009 i preti pedofili non sono più di moda: ultimamente fanno scandalo i preti che dicono la messa in latino.
Il clamore mondiale suscitato a fine gennaio dalla revoca della scomunica ai lefevriani, nei cui ambienti notoriamente non c’è alcuna simpatia per il dialogo interreligioso, ha ancor di più inasprito le accuse di antisemitismo alla Chiesa cattolica provenienti dal mondo ebraico su cui hanno martellato i mass media dai primi di gennaio in concomitanza con gi scontri militari nella Striscia di Gaza. Inoltre a tutto ciò s’è sovrapposta la polemica tutta italiana sulla aggressione clericale alla laicità dello Stato per il “caso Eluana Englaro” e con la conseguente escalation di dichiarazioni contrarie all’eutanasia di singoli cattolici, di vescovi, cardinali ed infine del pontefice.
I legionari non avrebbero potuto scegliere momento più propizio per attutire la portata mediatica della loro totale sconfessione del “Fundadòr” che avevano pertinacemente difeso "hasta la muerte".
Fino a quel punto la Legio Christi aveva sempre negato che quella della Congregazione della dottrina della fede nei confonti del padre Marcial fosse una effettiva “condanna”. I Legionari sostenevano che le accuse di abusi sessuali fossero calunnie orchestrate ad arte da un complotto satanico-massonico (ma sottovoce ritenevano anche che fosse un complotto opusdeista) per screditare l’ordine religioso non solo più prolifico di vocazioni sacerdotali ma anche intellettualmente più preparato per difendere l’ortodossia cattolica, e per attrarre le elite anche meglio dell’Opus Dei (cui ha indubbiamente sottratto vocazioni nel mondo latino americano).

Più che le immediate (anche se assai pudiche) conferme ufficiali della Legio Christi ai lanci d’agenzia, colpisce la tempistica: proprio a ridosso del primo anniversario della morte del p.Maciel.
Evidentemente il direttore generale Àlvaro Concuera ed i suoi stretti collaboratori sono stati presi dallo scrupolo di fronte alle esternazioni dei fedeli che, abituati al culto della personalità del fondatore vivente, hanno avanzato richiesta d’un culto della santità del fondatore defunto.

Come scrivevo in morte di Marcial Maciel Degollado: "per le migliaia di suoi figli spirituali la figura del fondatore dei Legionari di Cristo si trova adesso in quella dimensione ultraterrena nella quale il suo spirito può guardare faccia a faccia il suo "santo zio" vescovo già canonizzato che fu vittima di calunnie e oggetto di persecuzioni dalla stessa gerarchia cattolica. Ed un estimatore delle opere del Padre Degollado non rinuncerebbe a individuare un parallelismo tra le biografie dello zio vescovo e del nipote "fundadòr" e leggervi una (beneaugurante) analogia."
Inoltre, oltre che parente stretto di vescovo canonizzato il fondatore dei legionari era riuscito anche ad introdurre la causa di canonizzazione di sua mamma “Maurita” Degollado Guizar.

Che la notizia della “non santità” sia stata battuta da agenzie di stampa dichiaratamente cattoliche è inequivocabile sintomo della volontà dei vertici direttivi della Legio Christi (soprattutto in quel contesto anglosassone particolarmente duro nei confronti degli scandali sessuali del clero cattolico) di prevenire l’azione di qualche eventuale “gola profonda” che screditasse irreparabilmente l’immagine della Legione, particolarmente fiorente negli Stati Uniti (Paese in cui la rivelazione ha suscitato grande interesse mediatico).
Appare evidente che, se da fonte diversa dalla Legione stessa, fosse trapelato che i figli spirituali del padre Maciel Degollado occultavano notizie “di alcuni aspetti della vita di padre Maciel che sono molto difficili da capire, aspetti che non sono appropriati alla vita di un prete” la catastrofe si sarebbe abbattuta sull’intera congregazione dei legionari. E non solo una catastrofe mediatica, la pubblica gogna, lo scandalo dei fedeli, la crisi di vocazioni! Se si fosse appurato che i legionari spergiurando avessero tentato di far passare per santo colui che un santo proprio non era, è ipotizzabile che da parte della Santa Sede si sarebbe reagito con una drastica posa della scure alla radice della congregazione stessa!

Prendendo l’iniziativa della sconfessione plateale del proprio fondatore, i legionari sono riusciti nell’intento di occultare il più possibile gli “aspetti sconcertanti” del padre Marcial, trincerandosi dietro la scusa politically correct della difesa della privacy delle persone coinvolte nello scandalo.
I membri del governo della congregazione hanno così potuto uscirne immacolati: hanno affermato di essere venuti a conoscenza dei suddetti fatti incresciosi soltanto in seguito a recentissime indagini interne. Avrebbero mai potuto asserire il contrario dato che il padre Maciel nel 2002 aveva pubblicamente rigettato con sdegno le accuse di immoralità che gli venivano rivolte?

Mettendo una gigantesca pietra tombale sopra ogni velleità di santificazione del fondatore, la Legione si è assicurata né più né meno che la propria salvezza.

Nella consueta lettera di buon anno che da Città del Messico in data 13 gennaio 2009il superiore generale p.Álvaro Corcuera ha inviato a tutto il movimento laicale del “Regnum Christi”, si lascia andare ad una confidenza che a prima vista parrebbe solo effusione di sentimentalismo devozionale: “Il giorno di Natale ho avuto la grazia di trovarmi a Betlemme e lì chiedevo al bambino Gesù che cosa voleva per noi.”
Qualcuno che volesse fare dello “spirito” (maligno) potrebbe sostenere che ad imitazione del defunto predecessore anche il padre Concuera persiste nel molestare i fanciulli. Ma -col senno del poi- sapendo esattamente a cosa voleva riferirsi il Padre Concuera quando chiedeva al Divino Infante "cosa vuoi?”, ecco che l’immagine del generale dei legionari proteso verso il bambino di Betlemme perde tutta l’oleografica posa presepiale per colorirsi di profonda drammaticità spirituale.
Parmi di sentire riecheggiare l’invocazione straziante di quell’uomo chiamato “Legione” poiché molti demoni erano in lui: “Alla vista di Gesù gli si gettò ai piedi urlando e disse a gran voce: Che vuoi da me Gesù Figlio del Dio Altissimo? Ti prego non tormentarmi!” (Lc. VIII, 28)
L’accostamento non sembri provocatorio: a cosa paragonare se non ad un’esorcismo quello strazio spirituale con cui la Divina Volontà ha prostrato migliaia di buoni cristiani che avevano "idolatrato" il fondatore dei legionari considerandolo un angelo del Signore?

“Il primo anniversario della scomparsa di "Nostro Padre” aveva scritto Padre Corcuera, doveva pertanto essere vissuto “in un clima di preghiera, chiedendo la grazia di realizzare il progetto che Dio ci ha affidato e condurre in pienezza il carisma che ora spetta a noi di trasmettere con fedeltà.”
Scrivendo a tutti i fedeli che fanno riferimento alla guida spirituale dei legionari, insisteva sulla necessità della preghiera come unico mezzo per superare le umane –troppo umane- difficoltà ed additando a modello la Vergine Maria e san Giuseppe i quali, chiudendosi nel silenzio orante, si erano piegati all’imperscrutabile volontà divina: “Con la preghiera torna la pace e scopriamo che «in tutte le cose Dio interviene per il bene di quelli che lo amano» (Rom 8, 28).”
La lettera è tutto un invito ad aver ferma fiducia nella bontà del proprio “carisma” che, indipendentemente dai giudizi sul fondatore, è valido perché approvato e fatto proprio dalla Madre Chiesa e benedetto dal Vicario di Cristo. Bisognerà, perciò, abbracciare le croci che il Signore vorrà mandar ai membri del Regnum Cristi con il massimo della serenità spirituale possibile poiché: “La peggiore croce è quella che Dio non chiede di portare.”

Il 4 febbraio dalla casa madre di Città del Messico, inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento, il Direttore Generale riprendeva la penna in mano per commetare le penose novità: "...sulla persona del Nostro Padre fondatore, non posso non riconoscere tutto il bene che ho ricevuto per mezzo di lui. Siamo in molti ad aver ricevuto da Dio, attraverso il carisma che ci ha trasmesso, ciò che dà un senso alle nostre vite: l’amore per Gesù Cristo, per la Vergine Santissima, per il Papa, per le anime. Questi sono i nostri amori. Personalmente gli sono grato di essere stato lo strumento di Dio affinché tutta la mia vita abbia trovato un senso, camminando verso la salvezza eterna, il cammino verso Dio. Per me tutto questo è verità e sarebbe impossibile trovare le parole sufficienti per ringraziare.

È anche vero che è stato un uomo e questi temi che ci hanno ferito, sorpreso – e che credo che non possiamo spiegare con il nostro intelletto – stanno già davanti al giudizio di Dio. È vero che c’è molto dolore e molta pena. Come in una famiglia, queste pene ci uniscono e ci portano a soffrire e gioire come un solo corpo. Questa circostanza che viviamo ci invita a vedere tutto con molta fede, umiltà e carità. Così la mettiamo nelle mani di Dio Nostro Signore, che ci insegna il cammino della misericordia infinita.
Da parte mia non esito a chiedere perdono per tutta questa sofferenza e supplico Dio con tutto il mio essere di concedere a tutti noi di vedere tutto questo dalla prospettiva del Cuore di Gesù."


La peggiore croce è quella che Dio non chiede di portare: forse è questa la risposta del fanciullo di Betlemme al p. Àlvaro Corcuera di fronte alla dolorosa quanto necessaria presa d'atto delle mistiche mistificazioni del “Padre” dei Legionari.

San Josè Maria Escrivà de Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei, avrebbe gradito che sulla propria tomba venissero incise le parole latine “Peccator" e "Genuit filios et filias”. Ma il suo successore a capo dell'Opus Dei, don Álvaro Del Portillo, ritenne che fosse ingiusto avallare la definizione di “peccatore” per colui che invece considerava essere stato un autentico santo. Essendo, poi, dotato di abbondante dose di cinismo clericale, monsignor Del Portillo si rese conto che la metafora spirituale “generò figli e figlie” sarebbe stata fatta oggetto di maliziosi calambours; optò, pertanto, per un veramente lapidario quanto spagnolesco: “El Padre”.

Ignoriamo se il padre Marcial avesse pensato a qualche citazione particolare da incidere sul proprio sepolcro e se abbia mai soppesato l’ipotesi di appropriarsi di quelle parole considerate inopportune per il fondatore dell’Opus Dei ma che sarebbero state invece un epitaffio oltremodo calzante per il fondatore dei legionari.
Marcial Maciel Degollado: un peccatore che generò figli e figlie.

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