mercoledì, aprile 08, 2009

Mercoledì Santo [5]


"E che cosa dovette sopportare, fratelli, quando lasciò irrompere nell'anima il torrente di questo preordinato dolore?

Ahimè, dovette sopportare ciò che a noi è ben noto, anzi familiare, ma che per lui fu sofferenza inaudita. Egli dovette sopportare una cosa facile per noi, tanto naturale, tanto gradita, che non sappiamo neppure concepirla come una gran pena; ma per lui fu come odore e veleno di morte.
Egli dovette sopportare, fratelli, il peso del peccato; dovette portare i nostri peccati, i peccati di tutto il mondo.

Il peccato è cosa semplice per noi, lo consideriamo di poco conto e non comprendiamo il perché il Creatore vi annetta tanta importanza. Non riusciamo a credere che esso meriti la punizione e quando vediamo che anche in questo mondo ha come conseguenza il castigo cerchiamo di trovarvi una qualche spiegazione, e procuriamo di non pensarci.

Consideriamo invece quello che il peccato è in se stesso: è rivolta contro Dio; è l'atto di un traditore che tende ad abbattere e uccidere il proprio sovrano; per usare una espressione forte, ammesso che il Creatore del mondo possa cessare di esistere è quanto sarebbe sufficiente perché questo avvenga.
Il peccato è il nemico mortale del Tutto Santo, cosicché l'uno e l'altro non possono stare insieme; e come il Santo dei Santi lo scaccia dalla sua presenza nelle tenebre esteriori, così, se Dio potesse essere meno che Dio il peccato avrebbe il potere di diminuirlo.

Osserviamo qui, fratelli, che non appena l'Amore Onnipotente incarnandosi entrò in questo mondo creato, e si sottomise alle sue leggi, allora immediatamente questo nemico del bene e della verità, traendo vantaggio da questa situazione favorevole, si precipitò su questa carne che egli aveva assunto e si fissò in essa, e fu la sua morte.
L'invidia dei farisei, il tradimento di Giuda e la follia del popolo non furono che lo strumento o l'espressione dell'inimicizia che il peccato ebbe nei confronti dell'eterna Purezza non appena Dio, nella sua infinita misericordia, si fece raggiungibile da esso.
Il peccato non poteva toccare la sua divina maestà ma lo poté aggredire in quel modo nel quale egli permise di essere assalito, cioè attraverso la propria umanità.

Per concludere, la morte del Dio incarnato, fratelli, ci insegna questo: che cosa sia il peccato in se stesso e che cos'era quello che, nella sua ora e in tutta la sua forza, si abbatté sulla natura umana di Gesù quando egli permise che la sua natura ne restasse così colma di sgomento e di terrore al solo prevederlo."


(John Henry NEWMAN; Discourses Addressed to Mixed Congregations)

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