martedì, gennaio 05, 2010

DEVOTIO MODERNA [16]

Ovvero: leggiamo sul Foglio di martedì 5 gennaio 2009 come avvenne che in Melesia i cristiani possano pregare "Allah"

I cristiani possono chiamare il loro Dio col nome di Allah: cosi ha deciso il 31 dicembre [2009, ndr]l'Alta Corte della Malesia, accogliendo il ricorso del Catholic Herald. Un settimanale in inglese, cinese, tamil e malese, questo, la cui sezione malese era stata messa al bando dal governo il 10 dicembre del 2007, per aver violato questo copyright teologico. L'allora premier Abdullah Badawi da ministro dell'Interno, nel 2002, aveva invece bloccato un sequestro, per ragioni analoghe, di copie della Bibbia cristiana in malese e dayak "Colpa di burocrati troppo zelanti", aveva spiegato. Ma poi l'agitazione islamista a montata, il governo si a lasciato condizionare, e ora lo stesso Najib Tun Razak, successore di Badawi alla testa del governo, annuncia ricorso contro la decisione dell'Alta Corte. La sentenza a stata invece elogiata dal capo dell'opposizione Anwar Ibrahim, ex vicepremier che, dopo aver rotto con l'allora uomo forte Mahathir, fini in carcere con l'accusa di "sodomia": e tomato l'anno scorso in Parlamento, nelle elezioni che hanno visto una spettacolare avanzata della sua coalizione, ma ora a di nuovo sotto processo.
A decidere il caso del Catholic Herald e stata Lau Bee Lan, giudice cristiana, a suo tempo nominata da Badawi.
In arabo, in effetti, Allah e nome generico di Dio, per tutte le fedi. Al massimo i cristiani specificano a volte Allah al Ab, "Dio il Padre"; accanto ad Allah al Ibn, "Dio il Figlio", e ad Allah al Ruh al Quds, "Dio lo Spirito Santo". I malesi, che con una proporzione del 98 per cento sono il popolo più cattolico della Terra, parlano una lingua che deriva dall'arabo e pregano pero anche loro Allah. La cosa diventa diversa in altri paesi islamici di lingua non araba. Ma anche in indonesiano, lingua strettamente imparentata al malese, e normale che i cristiani chiamino Dio Allah col vocabolo arabo: lì, semmai, a la prassi imposta nel 1945 dal Padre della patria Ahmed Sukarno a "consigliare" il termine Maha Esa, "Essere Supremo", a tutte e cinque le religioni riconosciute: islamismo, cattolicesimo, protestantesimo, buddismo e induismo. "In malese i cristiani possono dire Tuhan, `Signore', o Isa, `Gesu"', argomentano in Malesia i sostenitori del copyright teologico. Il direttore del Catholic Herald, padre Larence Andrew, ha avuto però buon gioco nel mostrare un dizionario malese-latino del 1631 e un libro di preghiere cattolico stampato a Hong Kong nel 1631, entrambi con traduzioni inequivocabili: Dio = Allah.
I musulmani accusano però i cristiani di voler "creare confusione" tra i "bumiputra". E' questo il nucleo del problema. In Malesia, paese multietnico, un 54 per cento di malesi convive con un 25 per cento di cinesi, un 7,5 per cento di indiani e un 11,8 per cento di altri malesi che si considerano a parte, in quanto estranei all'islamizzazione (in malese sono detti "orang asli", aborigeni). Sebbene la Costituzione li distingua dai malesi doe, le leggi poi li mettono tutti assieme nella categoria dei bumiputra "figli della terra", un'etnia pin uguale delle altre, che non soltanto ha diritto di precedenza nei posti pubblici. Gli stessi cinesi, che hanno in mano 1'economia, sono obbligati sempre ad assumere un certo numero di bumiputra, e addirittura di fame soci nelle loro society. Dopo aver nel 1965 espulso Singapore dalla Federazione per mettere i cinesi in minoranza, i malesi hanno cercato di assimilare gli "aborigeni", proprio per mantenere quel primato numerico che giustifica i loro privilegi. Ma per gli aborigeni a stato proprio il cristianesimo la bandiera contro 1'assimilazione: 9,1 per cento della popolazione malese, i cristiani sono il 7,7 per cento degli indiani, it 9,6 dei cinesi, ma oltre la meta degli "aborigeni". Per essere riconosciuti malesi puri, la Costituzione prescrive la fede islamica.

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