lunedì, gennaio 25, 2010

Historia Ecclesiastica Anglorum, XIII


Ovvero: Tratta dal (sempre clerical-chic) "Foglio" di sabato 23 gennaio 2010, di seguito, devotamente trascritta, la seconda parte dell'articolo "Il Convertito eterodosso" nel quale Luca F. Tuninetti enarra della "brillante difesa" che della propria conversione dall'anglicanesimo al cattolicesimo ideò il glorioso John Henry Newman:

«Nel 1864 si offrì a Newman un'altra occasione per dare pubblicamente ragione della sua conversione.
In una recensione, Charles Kingsley, professore di Storia a Cambridge e autore di romanzi di successo oltre che membro del clero anglicano, affermando che per il clero romano la verità non e una virtù, attribuì a Newman l'opinione che ai cattolici e lecito mentire per difendersi dai loro nemici. Quando venne a conoscenza dell'articolo Newman fu estremamente contrariato. Ne segui uno scambio epistolare che Newman, insoddisfatto della replica del suo interlocutore, pubblicò con alcune riflessioni conclusive. Kingsley rispose con un pamphlet in cui sollevava dubbi sull'onesta di Newman.
Al di la degli aspetti personali, in questo scritto emerge la grande distanza tra la mentalità vittoriana e il cattolicesimo. Newman rimase colpito dal fatto che Kingsley insinuava o tacitamente supponeva che egli fosse in realtà più o meno segretamente "romano" quando, ufficialmente, faceva ancora parte della chiesa di Inghilterra. Newman senti che Kingsley dava voce a una accusa, che lo aveva accompagnato fin dal momento della sua conversione, di non aver sempre conformato i suoi comportamenti alle sue convinzioni. Per dimostrare l'infondatezza di tale accusa egli decise di ricostruire quale era stato il suo pensiero in materia religiosa nei diversi momenti della sua vita mostrando come questo spiegasse le decisioni da lui prese di volta in volta.

Per difendere la propria onesta non poteva fare a meno di esporre al pubblico la propria storia.
Questo Newman lo fece in uno scrit¬to che prese la forma di sette fascicoli pubblicati a scadenze settimanali a partire dal 21 aprile. A distanza di due settimane segui una appendice in cui rispose dettagliatamente alle accuse di Kingsley. Nello stesso anno i fascicoli vennero raccolti in un volume con il titolo "Apologia pro Vita Sua".
Newman dovette lavorare freneticamente per dare una risposta alle accuse di Kingsley mentre era ancora vivo nel pubblico inglese l'interesse suscitato dalla controversia e per rispettare le scadenze settimanali nella pubblicazione dei singoli fascicoli. Quello che ne risulta e un libro assai particolare. Non e propriamente ne un'opera di controversia dottrinale ne una autobiografia spirituale. Può dare una immagine unilaterale del processo che ha portato 1'autore alla conversione in quanto si concentra soltanto sugli aspetti intellettuali. Ma e un libro affascinante - e non solo per lo stile o forse in quanto lo stile esprime perfettamente le caratteristiche di un'opera che e insieme serena e appassionata, molto personale ed estremamente discreta. Di fatto la fatica di Newman fu premiata da un grande successo presso il pubblico inglese, sia quello cattolico sia quello non cattolico. Ancora oggi probabilmente 1"`Apologia" e lo scritto di Newman più letto. Newman fu considerato da allora di nuovo e più di prima come una figura di importanza nazionale.
Per rispondere all'accusa di Kingsley, Newman ripercorre i passi che lo hanno portato ad allontanarsi a poco a poco dalla chiesa d'Inghilterra fino ad arrivare alla decisione di entrare nella chiesa di Roma. Al tempo stesso, egli rivendica però la continuità e la coerenza del proprio itinerario. In particolare, rievocando la sua attività nella chiesa anglicana Newman osserva con soddisfazione che il principio fondamentale che la guidava gli e al¬trettanto caro nel momento in cui scrive di quanto to fosse allora. Si tratta di quello che egli chiama "il principio del dogma", 1’idea che la religione non può esaurirsi in un sentimento ma richiede 1'adesione a verità definite. "Sono cambiato in tante cose", dice, "ma non in questo".

L’idea che la conversione non richieda l’abbandono delle convinzioni precedenti viene sviluppata da Newman in un passo della sua "Grammatica dell'assenso" (1870).
Questo libro è il punto di arrivo di riflessioni sulla ragionevolezza della fede che hanno accompagnato 1'autore lungo tutto il corso della sua vita. Newman ha ben presente 1'obiezione del razionalismo moderno secondo cui possiamo credere soltanto a ciò che e dimostrabile. Egli vede che accettare questo significherebbe ridurre la fede alla misura della ragione umana, ma ritiene che occorre allora chiederci come possiamo essere ragionevolmente certi delle verità della fede se non e possibile dimostrarle.
In una pagina della "Grammatica" Newman si sofferma sul fenomeno della conversione da una religione a un'altra. Egli osserva che una religione e un sistema complesso di riti, credenze e norme di comportamento e che un concreto individuo non aderisce a tutte le credenze della religione da lui professata con eguale convinzione. Quando consideriamo il passaggio di un individuo da una religione a un'altra dobbiamo allora chiederci se tali religioni hanno qualcosa in comune e se le credenze di cui quell'individuo era davvero certo quando abbracciava la prima religione erano quelle che essa ha in comune con 1'altra. Chi si converte abbandona talune credenze della sua precedente religione, ma bisogna vedere se tali credenze fossero effettivamente certezze di questo particolare individuo.
In effetti Newman sostiene che normalmente chi passa da una religione a un'altra tiene ferme quelle che erano le sue autentiche certezze e sono anzi proprio queste che lo spingono a superare i confini della propria religione. Per esempio tre protestanti possono diventare 1'uno cattolico, l'altro unitariano e 1'altro ancora ateo, continuando ciascuno a credere ciò che credeva quando si professava protestante: ciascuno di loro "ha fatto delle aggiunte, parecchie e significative, al principio che lo guidava all'inizio, ma non ha perso nessuna delle convinzioni che aveva originariamente" (tad. it. di B. Gallo, Jaca Book, Milano 2005, pag. 194).

Se e vero in generale che tutte le religioni hanno punti in comune, e vero più particolarmente per Newman che la Chiesa cattolica abbraccia ogni verità che gli uomini possono aver cono¬sciuto al di fuori di essa: "Questo è il segreto dell'influenza che la Chiesa esercita, del fatto che essa attiri cosi tanti convertiti dalle religioni più diverse e più conflittuali. Costoro vengono, non tanto per perdere ciò che hanno, quanto per guadagnare ciò che non possiedono; e perche, per tramite di ciò che hanno, venga dato loro di più” (ibid., pagg195-196). Chi si rivolge al cattolicesimo porta con se il suo essere certo e si converte "non per perderlo ma per tenerlo stretto con sicurezza anche maggiore" (ibid.).
Newman arriva a immaginare il caso, certamente bizzarro, di un uomo che partire dal paganesimo arriva al cattolicesimo passando per 1'islam, il giudaismo, l'unitarianesimo, il protestantesimo e l'anglicanesimo, acquisendo sempre nuove certezze senza perdere quelle già possedute.
Per capire perché Newman insista in questo modo nella "Grammatica”, sulla persistenza delle certezze occorre considerare qual è 1'intenzione fondamentale di quest'opera. Sinteticamente, si può dire che Newman vuole mostrare che la certezza non è l’esito più o meno automatico di un procedimento dimostrativo, ma una conquista personale per cui ciascuno deve e può fare affidamento sulle capacità che gli sono date dal Creatore.
La persone ha le risorse che le occorrono per arriva¬re alla certezza e le deve usare.
Se abbandonare le proprie certezze fosse facile come sembra a uno sguardo superficiale, questo, secondo Newman, potrebbe farci dubitare del fatto che sia ragionevole fare affidamento sulla nostra capacità di arrivare alla certezza. In particolare, non sarebbe ragionevole farlo nel caso che si tratti di materie religiose, nelle quali la varietà e variabilità delle opinioni sembra prevalente. Ma secondo Newman in realtà non e cosi: anche in questo ambito le vere certezze sono poche ma resistono ai facili mutamenti.
La conversione può essere ragionevole perche e possibile per l'uomo arrivare a una nuova certezza. Non vedere come attraverso la conversione si mantengano le vere certezze significherebbe pero gettare il sospetto sulla capacità che la persona ha di arrivare a una certezza ragionevole e quindi anche sulla ragionevolezza della stessa conversione.
Ma le riflessioni di Newman nella "Grammatica" gettano anche una Luce interessante sulla condizione paradossale del convertito che lui stesso aveva sperimentato. Mentre gli uni lo accusavano di non essere stato sincero continuando a professarsi anglicano senza esserlo realmente, gli altri sospettavano che la sua adesione al cattolicesimo non fosse stabile e convinta.
Gli uni e gli altri non capivano che la conversione può essere un nuovo inizio senza essere una rottura totale con il passato, che la continuità non e un segno dell'insincerità della conversione ma al contrario fa vedere come essa coinvolga le convinzioni più profonde della persona, che talvolta bisogna cambiare per restare fedeli alla verità gin riconosciuta».

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