sabato, gennaio 16, 2010

Mirabilia Urbis Romae

Ovvero: "di quella Roma onde Cristo è romano"


"Ecco quanto viene tramandato.
Chanoch ben Esra viveva negli anni in cui si susseguirono disastrosi terremoti. In quel tempo a Roma molti Ebrei furono tricidati perché si credeva che con i loro magici scongiuri avessero evocato le forze degli inferi per condurre alla rovina la città da cui Gerusalemme era stata vinta. (E' noto infatti che, secondo una profezia di S.Benedetto, Roma non potrà cadere che per violenza di elementi ed è questo il motivo per cui i Romani s'abbandonano ad un folle e selvaggio terrore alla minima scossa tellurica ben più che alla vista di interi eserciti di barbari.)

In quei giorni, come già seicento anni prima per ottenere la cessazione di una terribile epidemia di peste, si tolse dalla cappella del palazzo del Santo Padre un'icona di Cristo (quella che S.Luca dipinse con le sue proprie mani) e la si portò in solenne tridua processione per tutte le vie della città.
Nel momento in cui la testa del corteo con la croce dorata usciva dai vicoli stretti e bui dirigendosi verso il bianco ponte sul Tevere detto "Pons Senatorum", la terra sussultò di nuovo così violentemente che il ponte precipitò sotto gli occhi di quelli che stavano per porvi il piede. Allora nacque tra i fedeli un tumulto spaventoso: alcuni caddero come morti per il terrore mentre alcuni invocavano i Santi e altri ancora ripensavano agli Ebrei e gridavano che bisognava punirli lapidandoli con le macerie da loro stessi prodotte.
Quelli che portavano le croci e gli stendardi ne piantarono le aste nel terreno, afferrarono come gli altri le pietre dei distrutti pilastri del ponte crollato, così armati, tutti si precipitarono nelle vicine contrade degli Ebrei. (Il Pons Senatorum, come si sa, segue da vicino il Pons Judeorum presso il quale abitano, sulle due rive del fiume, molti Ebrei.)
Uno di quelli che caddero subito nelle mani di quei forsennati fu appunto Chanoch ben Esra, un degno vegliardo che, spaventato dal terremoto, era uscito dalla sua casa. Egli poté però divincolarsi e, con le vesti a brandelli, sanguinante orribile a vedersi, fuggì lungo la schiera dei fedeli che i moniti dei sacerdoti erano riusciti a frenare. I più vicini all'immagine sacra circondata d'oro e di candidi drappi pregavano ancora quando l'Ebreo, sempre aizzato dalle pietre lanciategli dai suoi inseguitori, penetrò tra di essi. Si levò allora improvviso, quasi più per dolore che per ira, un grido: "Sacrilegio! Sacrilegio!". Chanoch ben Esra portato ben più dal terrore della morte che dai suoi vecchi piedi oltrepassò i sacerdoti le cui dalmatiche bianche e dorate formavano come un baluardo e andò a cadere tutto intriso di sangue ai piedi del Papa.

Il Santo Padre che teneva l'immagine di Cristo tra le sue mani ed era assorto in preghiera e oppresso dall'oro delle sue corone e dei suoi manti così da parere egli stesso figura irreale al servizio della sacra Icona, indietreggiò senza volerlo d'un passo; ma il vecchio, disperato, sulle ginocchia tremanti, si trascinò vicino e nascose la testa sotto i lembi purpurei del suo manto.
Ci fu più tardi chi affermò che il Papa per un'improvvisa illuminazione riconoscesse allora, attraverso il proprio mantello, nel volto nascosto di quel vecchio Ebreo il modello originario sul quale il Creatore aveva forgiato le sembianze di S.Pietro e che questo fosse il motivo per cui aveva protetto il disgraziato. In realtà però era avvenuto il contrario: era stato cioè l'Ebreo e il popolo romano a ritrovare per la prima volta nei lineamenti del loro Papa l'apostolica maestà di S.Pietro. [...]
Non una visione egli ebbe ma pensò al comando della misericordia cristiana e alle disposizioni dei suoi santi predecessori che avevano prescritto alla Chiesa primitiva di considerare intangibili corpo e vita degli Ebrei affinché potessero convertirsi o, se ciò non avveniva, continuassero ad essere a modo loro testimonianza della crocifissione di Cristo.
I Romani non osarono toccare le sacre vesti pontificali, ma chiesero a gran voce al papa che aprisse il suo manto e consegnasse loro il malfattore affinché cessasse il terremoto. Intanto i più lontani e più minacciosi già accusavano i più vicini di troppi riguardi e chiedevano se fossero paralizzate le mani che un tempo si erano levate contro Benedetto IX.

Il Santo Padre sentiva il proprio cuore tremare poiché anche lui era un uomo e il popolo era sfrenato: nei tempi passati si era visto più d'un Papa percosso rudemente dai laici, più d'uno vittima delle violenze subite. Molti poi gli erano avversi, lo sapeva, perché non tollerava che si vendessero le cariche ecclesiastiche. Ma portava tra le mani l'immagine di Colui che morì anche per gli Ebrei e doveva essere disposto a morire a sua volta, se era necessario, per questo Ebreo. Non pronunciò una parola, tenne lo sguardo fisso all'Immagine che egli stesso reggeva e solo la sollevò un poco più in alto in modo che sovrastasse la folla e gli nascondesse il volto. Così rimasero insieme, quasi legati ad un'unica radice, di fronte al popolo fremente il Papa con la sua corona e il vecchio Ebreo ai suoi piedi.

La folla esitava: avrebbe attaccato il Papa ma l'Immagine sacra gli incuteva timore. Però non indietreggiò. Rimase dov'era, minacciosa, simile a una muraglia di silenzio e di corpi che ad ogni istante può crollare addosso uccidendo.
A un tratto si levò da sotto il manto del Santo Padre la voce dell'Ebreo, quasi implorazione di pietà: "Credo in Deum Patrem omnipotentem, Creatorem caeli et terrae!".
E il Papa proseguì tranquillo, annunciando Colui di cui serrava tra le mani l'Immagine (e parve che la sua voce si confondesse con quella che proveniva dall'uomo ai suoi piedi): "Et in Iesum Christum, Filium eius unicum, Dominum nostrum, qui conceptus est de Spiritu Sancto...". Per un momento il silenzio all'intorno fu così assoluto come se nessuno potesse respirare. Si sarebbe detto che si udiva il silenzio. Poi da esso un grido si sciolse: "L'Ebreo recita il Credo! L'Ebreo si è convertito! Un miracolo ai piedi del Santo Padre!".
La muraglia cedette, il popolo si inginocchiò.
Intanto alcuni chierici trasportarono via l'Ebreo svenuto.

La sera stessa già s'era diffusa per tutta Roma la persuasione che il terremoto non si sarebbe più ripetuto perché uno degli Ebrei che ne erano stati causa per miracolosa illuminazione s'era improvvisamente convertito a Cristo [...] e quei Romani stessi che al mattino volevano lapidarlo si affollavano ora alle porte dei monasteri, dove supponevano fosse ospitato il miracolato, per baciargli le mani"
GERTRUD VON LE FORT
("Il Papa del Ghetto. La leggenda dei Pierleoni")

Nessun commento: